S&V FOCUS | La relazione al Parlamento sulla legge n.194. Prime riflessioni sui dati dell’aborto in Italia GLI APPROFONDIMENTI DI SCIENZA & VITA | di Francesca Piergentili

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È stata presentata il 12 settembre al Parlamento la “Relazione del Ministro della Salute sulla attuazione della legge 194/78, contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria di gravidanza – dati 2021”, pubblicata recentemente sul sito del Ministero.

La Relazione ha seguito solo di pochi giorni la pubblicazione, sullo stesso sito, di un altro documento: il Rapporto sull’evento nascita in Italia, realizzato dall’Ufficio di Statistica del Ministero, contenente le analisi dei dati rilevati dal flusso informativo del Certificato di Assistenza al Parto (CeDAP) dell’anno 2022.

I due documenti offrono insieme, nella diversa prospettiva della gravidanza interrotta e della gravidanza portata a termine con la nascita del bambino, uno sguardo a 360 gradi e attuale su temi delicati e centrali come la maternità, la gravidanza, la nascita di un figlio.

Innanzitutto, si riportano alcuni dati significativi presenti nella Relazione sull’attuazione della legge n. 194. Dal documento risultano effettuati nel 2021 in Italia 63.653 aborti. Il numero delle nascite nello stesso anno segnava nel nostro paese un record negativo, con soli 400.249 bambini nati. Rispetto al numero delle nascite, gli aborti sono stati un numero pari al 15%. Nel 2021 il 59,5% degli aborti è stato effettuato da donne nubili. Il 47,2% degli aborti è stato praticato su donne che risultano lavorativamente occupate. I tassi di abortività più elevati restano nelle donne di età compresa tra i 25 e i 34 anni; le ragazze di età inferiore ai 18 anni che hanno effettuato un aborto sono state 1.707, dato in leggero aumento. Nel 2021 gli aborti chirurgici sono stati il 50,7% del totale degli interventi effettuati in Italia, mentre si rileva un netto aumento dell’aborto farmacologico che arriva al 48,3% del totale delle interruzioni di gravidanza.

Dai dati emerge che il 61,7% degli aborti è stato effettuato entro le 8 settimane di gestazione, il 6,7% dopo la dodicesima settimana. Come si legge nel documento “a differenza delle IVG entro i 90 giorni, quelle effettuate dopo tale termine riguardano per lo più gravidanze interrotte in seguito a risultati sfavorevoli delle analisi prenatali…dopo le 12 settimane si tratta di gravidanze desiderate che si decide di interrompere in seguito a esiti sfavorevoli della diagnosi prenatale o per patologie materne”. Esse tenderanno ad aumentare non solo per il maggior ricorso alla diagnosi prenatale ma soprattutto per l’aumento dell’età materna al concepimento. Inoltre, le complicanze dell’intervento risultano essere più frequenti in caso di aborto a settimane gestazionali più avanzate: il 14,2% di aborti effettuati dopo le 12 settimane presenta complicanze.  Dalla Relazione non risultano però specificate nel dettaglio quali siano le complicanze per gli aborti effettuati dopo i 90 giorni: la Tabella 3.15 fornisce indicazioni solo per gli aborti effettuati prima dei 90 giorni.

Già questi dati ci indicano informazioni importanti, non solo sull’aborto, ma anche sulla maternità e sulla condizione attuale della donna nella società italiana. È, prima di tutto, confermato il drammatico problema demografico, legato alle poche nascite, in un contesto sociale e culturale che non sostiene e promuove la vita. Risulta, in particolare, seria e grave la problematica legata alla conciliazione tra maternità e lavoro: quasi la maggioranza delle donne che hanno abortito nel 2021 (il 47,2%) aveva una occupazione lavorativa.

Il dato dovrebbe spingere a una riflessione profonda e realistica sulle attuali e concrete difficoltà che rendono per la donna la realizzazione in campo lavorativo e la maternità due scelte quasi alternative, una tendenzialmente escludente l’altra, almeno fino a una certa età, che risulta essere sempre più avanzata. Se si considerano, in aggiunta, i dati forniti dal Rapporto nascita in Italia e, in particolare il continuo calo, anche nel 2022, della natalità (con 393.997 nati) e l’aumento progressivo dell’età materna al concepimento (e il correlato rischio maggiore per la salute della donna e del bambino), si ricostruisce un quadro sempre più complesso.

Dai dati della Relazione al Parlamento si rileva un aumento significativo e preoccupante del ricorso all’aborto farmacologico, in particolare coinciso con la circolare del Ministero della Salute dell’agosto 2020 sull’aggiornamento delle Linee di indirizzo: nel 2021 il mifepristone (“RU486”) con successiva somministrazione di prostaglandine è stato adoperato nel 45,3% dei casi (era 24,9% nel 2019 e solo il 3,3% nel 2010). Si ricorda che la circolare ha cambiato le modalità di esecuzione dell’aborto farmacologico in Italia: quest’ultimo non viene più effettuato entro la settima settimana di gestazione, ma fino alle 9 settimane compiute di età gestazionale.

La procedura, poi, non richiede più l’ospedalizzazione: è stato, infatti, rimosso il vincolo che imponeva il ricovero dal momento dell’assunzione del farmaco fino alla verifica dell’espulsione del prodotto del concepimento.  Ora la stessa può essere eseguita presso strutture ambulatoriali pubbliche adeguatamente attrezzate e autorizzate dalle Regioni nonché presso i consultori o in day hospital. Per superare le limitazioni all’uso dell’associazione mifepristone e misoprostolo fino al 63° giorno anche in sede extra-ospedaliera, l’AIFA ha rilasciato una determina,  pubblicata il 29 settembre 2022, che inserisce nell’elenco dei medicinali erogabili a totale carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) la combinazione di mifepristone orale seguito, a distanza di 36- 48 ore, da misoprostolo: la determina AIFA ha, così, ammesso l’uso off label del farmaco che può essere somministrato anche presso le strutture non ospedaliere, nell’esplicito intento di “facilitare” l’offerta dell’aborto farmacologico nei servizi extra-ospedalieri e favorire un miglior uso delle risorse del SSN. L’aborto diviene così un fatto privato della donna, socialmente nascosto e invisibile.

Per completare le novità in ambito regolatorio, la determina AIFA dell’8 ottobre 2020 ha eliminato l’obbligo di prescrizione per l’Ulipristal acetato (“EllaOne”) anche per le minorenni, dopo che nel 2015 era già stato eliminato per le maggiorenni. L’analisi dei dati mostra un aumento della distribuzione dal 2015 al 2018, una stabilizzazione fino al 2020, e un successivo importante aumento dopo il 2020, pari al 25%. La distribuzione di EllaOne nel 2015 era di 145.101 confezioni, nel 2021 di 331.982: in soli 6 anni è quasi triplicata la distribuzione del farmaco.

Come si afferma nella Relazione, “la mancanza di tracciabilità delle vendite non consente di distinguere l’utilizzo della contraccezione di emergenza nelle diverse fasce di età, e neppure l’eventuale uso ripetuto all’interno di tali fasce”: è, pertanto, “necessario porre particolare attenzione a questo fenomeno per evitare i rischi sanitari connessi ad un uso inappropriato di tali farmaci, specie fra le minori”. Nella Relazione si dà atto, inoltre, che la lieve riduzione del numero di aborti nel 2021 potrebbe essere in parte “sostenuta anche dall’aumento delle vendite della contraccezione di emergenza a seguito delle determine AIFA”.  Si ricorda a tal proposito che il farmaco è un prodotto anche eventualmente antinidatorio, in grado di provocare precocissimi aborti. Non risultano, poi, riportati nella Relazione gli effetti collaterali dei farmaci sulla salute delle donne.

Dai dati raccolti emerge, infine, un dato importante che conferma il ruolo prezioso dei consultori: il numero di colloqui (46.194) per l’aborto è superiore al numero di certificati rilasciati (31.065 certificati rilasciati), a indicare, come si legge nel documento, “la capacità dei servizi consultoriali di aiutare la donna a rimuovere le cause che la porterebbero all’interruzione della gravidanza (art. 5, L. 194/78)”.

A preoccupare è però l’aumento rilevante e crescente dell’aborto farmacologico e dell’uso di pillole come EllaOne, senza alcun controllo medico, anche per le minori. L’aborto sembra diminuire, ma è solo reso più nascosto, socialmente non visibile, un fatto privato che lascia la donna sempre più isolata. Solamente un sostegno effettivo, concreto e “multidimensionale” alla donna, può invece invertire la rotta e riportare al centro, prima di tutto a livello culturale, il valore della vita umana e della maternità, indispensabile per la stessa società.

  1. Relazione del Ministro della Salute sulla attuazione della legge 194/78 tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria di gravidanza – dati 2021 
  1. Certificato di assistenza al parto (CeDAP). Analisi dell’evento nascita – Anno 2022 a cura di Direzione Generale della digitalizzazione, del sistema informativo sanitario e della Statistica – Ufficio di Statistica, Ministero della Salute

 

 

 

 

 

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