S&V FOCUS | Utero artificiale: è possibile fare sperimentazione sull’uomo? di Francesca Piergentili

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Negli ultimi anni la ricerca si è interessata sempre più allo sviluppo dell’utero artificiale: una tecnologia in grado di garantire la sopravvivenza ai bambini al di fuori del grembo materno. Si parla a tal proposito di ectogenesi (da “ecto”, fuori, e “genesis”, sviluppo). Lo scopo delle sperimentazioni, a detta dei ricercatori, sarebbe il dare aiuto alle donne e ai bambini nei casi di gravidanze a rischio: il bambino verrebbe trasferito all’interno dell’utero artificiale, capace di riprodurre le condizioni dell’utero materno.

La nascita pretermine, e cioè prima delle 37 settimane di gestazione, come riporta l’OMS, è la principale causa di morte e di disabilità per i bambini sotto i cinque anni: nel 2020 sono state all’incirca 13,4 milioni le nascite pretermine, 900.000 i bambini morti per complicazioni conseguenti alla nascita. La tecnologia dell’utero artificiale vorrebbe fornire sostegno e cura ai bambini nati nel periodo tra le 22 e le 28 settimane, offrendo un ambiente simile all’utero materno che possa consentire lo sviluppo continuo del nato.

In tale fase di sviluppo fetale, anche se aumenta il tasso di sopravvivenza dei nati prematuri grazie allo sviluppo dei reparti di rianimazione, i bambini nati riportano spesso conseguenze negative nello sviluppo neurologico e nello sviluppo strutturale e funzionale degli organi.  La tecnologia dell’utero artificiale potrebbe invece garantire uno sviluppo polmonare continuo e una miglior sopravvivenza del nato.

Nel 2017 i ricercatori del Children’s Hospital di Philadelphia (CHOP) in Pennsylvania avevano annunciato su Nature la creazione di un sistema in grado di riprodurre tutte le funzionalità gestazionali di un utero e di mantenere lo sviluppo fisiologico di un agnello nel dispositivo extrauterino fino a 4 settimane, permettendone la crescita nonostante il parto prematuro. L’utero artificiale permetterebbe di tenere i bambini in quella che viene chiamata una Biobag, una sacca riempita con un fluido carico di elettroliti che dovrebbe simulare il liquido amniotico.

La procedura è complessa e deve essere eseguita in pochi minuti: essa prevede il collegamento dei vasi sanguigni del cordone ombelicale a un sistema esterno in modo che il sangue del feto possa essere ossigenato all’esterno del corpo. Il cuore in tal modo pomperebbe sangue come nell’utero materno. La tecnologia è stata in parte sperimentata sugli animali, in particolare su agnelli e maiali, ma non è stata ancora testata sull’uomo. I ricercatori vorrebbero oggi ottenere l’approvazione per i primi studi clinici umani del dispositivo chiamato “Extra-uterine Environment for Newborn Development” (o EXTEND).

La Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti ha convocato nei giorni scorsi una riunione di consulenti, membri del Pediatric Advisory Committee (PAC), per discutere sull’inizio delle sperimentazioni sull’uomo. Dopo aver analizzato anche i dati offerti dagli studi sugli animali, alcuni membri del PAC hanno espresso preoccupazioni per l’inizio della sperimentazione umana.

In particolare i membri del Comitato hanno affermato che sarebbe necessario chiarire alcuni aspetti fondamentali e in particolare: approfondire se la tecnologia dell’utero artificiale metterebbe a rischio le madri più degli attuali standard di cura; conoscere i potenziali eventi avversi che potrebbero colpire i bambini nell’utero artificiale; i genitori dovrebbero essere pienamente consapevoli e conoscere nel dettaglio la tecnologia. I membri del Comitato si sono inoltre chiesti se l’utero artificiale possa portare ad estendere la linea di vitalità fetale. Come dovrebbe essere,  poi, chiamato “l’individuo” nell’utero artificiale: feto o neonato? Si parla in letteratura di “fetal neonate” o “fetonate”: “neonato” perché il soggetto non è nell’utero materno, ma allo stesso tempo “feto” in continuo sviluppo nell’utero artificiale.

Il team di ricercatori hanno sempre affermato che la tecnologia non era destinata a supportare lo sviluppo dal concepimento alla nascita: ma sarà veramente così?

La donna perderebbe la sua unicità di essere custode della vita a discapito della macchina: sarebbe così sancita la definitiva rottura del legame tra il feto e la madre e la completa “artificializzazione” e disumanizzazione del nascere. A perdere protezione sarebbe il feto stesso, oggetto di produzione e di interessi commerciali.

Tali ricerche provano tutte le contraddizioni di un sistema che negli intenti vorrebbe proteggere i bambini nati precocemente ma che allo stesso tempo consente, fino a poco tempo prima, la soppressione degli stessi.

L’attenzione al processo continuo di sviluppo sin dal concepimento dovrebbe  riportare l’attenzione della scienza, al di là del problema solamente nominalistico e formale, sull’individuo all’interno dell’utero. È, infatti, proprio la scienza che dimostra che il concepito non sia una semplice res  ma che un individuo appartenente alla specie umana sin dal concepimento, caratterizzato da unicità.

È proprio dal scientifico che è urgente ripartire di fronte alle possibilità offerte dal progresso tecnologico. Gli sviluppi in campo biotecnologico oltre a  consentire nuove possibilità di cura hanno anche aperto la strada a nuove forme di discriminazione. La lotta a ogni forma di discriminazione e violenza passa oggi dal riconoscimento, ancorato al dato scientifico, della dignità di ogni essere umano e dalla difesa di ogni vita umana, anche di quella più fragile e indifesa.

 

Per approfondire:

  1. Human trials of artificial wombs could start soon. Here’s what you need to know, Nature, 14.9.23
  1. FDA, Presentations for the September 19, 2023 Meeting of the Pediatric Advisory Committee

 

 

 

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