S&V FOCUS | Procreazione Medicalmente Assistita. Ripartire dalla scienza per la tutela giuridica di ogni vita umana. I dati dell’ultima Relazione al Parlamento sulla legge n. 40 del 2004 GLI APPROFONDIMENTI DI SCIENZA & VITA | Di Francesca Piergentili

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Il Ministero della salute ha pubblicato l’ultima Relazione sullo stato di attuazione della legge n. 40 del 2004, in tema di procreazione medicalmente assistita (PMA) – anno 2023, trasmessa al Parlamento il 10 novembre. La relazione, redatta ai sensi dell’articolo 15, comma 2 della n. 40, riporta i dati relativi all’attività delle strutture autorizzate all’applicazione delle tecniche di PMA nell’anno 2021.

Alcuni dati sembrano particolarmente significativi. Innanzitutto, nel 2021, dopo una contrazione causata dalla pandemia, si è osservata una ripresa delle tecniche di PMA. Le coppie che hanno avuto accesso alle tecniche sono state 86.090, le gravidanze 23.404, in aumento rispetto al 2020 (erano, infatti, 15.862 gravidanze). Il numero dei bambini nati vivi è di 16.625, pari al 4,2% del totale dei bambini nati nel 2021. Nell’anno di riferimento la maggior parte dei centri italiani attivi sono concentrati in cinque Regioni: Lombardia (16,2% del totale), Campania, Veneto, Lazio e Sicilia.

Per quanto riguarda l’applicazione delle tecniche con gameti donati si osserva un aumento delle coppie trattate (12.053) e dei nati (da 2.147 a 3.719). I cicli con gameti donati sono stati 14.122: il 14,6% ha riguardato donazione di seme, il 78,6 % donazione di ovociti, mentre il 6,8 % donazione di entrambe. La quasi totalità (99,8%) degli ovociti donati utilizzati proviene da banche estere; nella maggior parte dei casi le pazienti vi hanno fatto ricorso perché in avanzata età riproduttiva (43,3%). I cicli con gameti donati sono stati effettuati per lo più in centri privati (72,6 %); solamente il 27,4% in centri pubblici o privati convenzionati.

Per quanto riguarda l’età della donna che si sottopone alle tecniche, essa risulta più elevata rispetto alla media europea: per quanto riguarda l’età media delle donne che si sottopongono alle tecniche a fresco con gameti della coppia è pari a 36,8 anni; le donne che, invece, si sottopongono alla fecondazione in vitro con ovociti donati hanno in media un’età pari a 41,9 anni. Nella relazione si legge che “la principale indicazione per i cicli effettuati con ovociti donati si conferma essere l’età materna avanzata, indicando come questa tecnica sia utilizzata soprattutto per infertilità fisiologica e non per patologie specifiche”.

Rispetto al 2020 l’attività è aumentata prevalentemente per quanto riguarda le tecniche con donazione di gameti (+53,2%) che, come anticipato, vengono “importati” da banche estere. Nel 2021, i Centri italiani hanno importato liquido seminale, per un totale di 3.524 criocontenitori: nella Relazione si legge che “il materiale proveniva da 38 Centri esteri (+5 rispetto al 2020) siti in 6 diverse nazioni”. Per quanto riguarda gli ovociti, i Centri hanno importato un totale di 17.873 criocontenitori (+70% rispetto al 2020): gli ovociti provenivano da 41 Centri esteri, siti in 8 diverse nazioni. La maggior parte dei gameti maschili proviene da Spagna (82,55%), seguita da Danimarca e Grecia, mentre la quasi totalità dei gameti femminili si conferma provenire dalla sola Spagna (94,42%), seguita a grande distanza dalla Polonia e dalla Grecia.

La Relazione contiene anche alcuni dati significativi sulla sicurezza delle tecniche di PMA. Come si legge nel documento, infatti, “in alcuni casi potrebbero sorgere delle complicazioni durante il trattamento. Queste complicazioni, che possono influire sulla salute della paziente, la cui gravità è tale da richiedere l’interruzione del ciclo stesso, potrebbero verificarsi sia al momento della stimolazione ovarica oppure durante la procedura del prelievo ovocitario”. Un altro tipo di complicanza per le madri e per i bambini nati “è strettamente correlato alla scelta di modalità di trasferimento degli embrioni”: il trasferimento di più embrioni può determinare l’ottenimento di gravidanze multiple, e quindi di parti multipli, a grande rischio sia materno che neonatale. Nel 2021 si sono verificate 333 complicanze, in particolare casi di sindrome da iperstimolazione ovarica (OHSS).

Dai dati emerge, così, un uso sempre più diffuso delle tecniche di fecondazione artificiale. Nel documento si legge, in particolare, che “il fenomeno di importazione di gameti (in particolare femminili) verso il nostro paese risulta in continuo e costante aumento, così come quello di embrioni”. Per quanto riguarda le importazioni di embrioni, nel 2021 risultano un totale di 6.287 criocontenitori (+57,61% rispetto al 2020): gli invii provenivano da 55 Centri esteri siti in 8 diverse Nazioni. Si afferma nella Relazione che “si può notare come la quasi totalità dei Centri esteri interessati da Export di liquido seminale ed Import di Embrioni è collocata in Spagna, Grecia e Repubblica Ceca”.

Tale circolazione di materiale biologico e di embrioni umani, “in continuo e costante aumento”, è il dato che sembra essere più preoccupante, ormai ritenuto quasi un dato scontato e necessario: gli embrioni sono, così, “prodotti”, “importati”, “trasferiti”, “crioconservati”.

Rispetto alla crioconservazione il documento riporta che con l’applicazione delle tecniche a fresco e di scongelamento ovocitario, nel 2021, sono stati formati 101.035 embrioni trasferibili: di questi ne sono stati trasferiti 39.823 e crioconservati 61.212 (43,9% in più rispetto al 2020). Un dato, evidentemente, da non trascurare: ogni anno decine e decine di migliaia di embrioni vengono crioconservati, vite umane sospese e dimenticate. La Relazione anche quest’anno indica solamente che il Registro presso l’ISS “si occupa del censimento degli embrioni crioconservati, dichiarati in stato di abbandono (D.M. 4 agosto 2004, “Norme in materia di procreazione medicalmente assistita”)”, non fornendo dati relativi a tale censimento.

Gli embrioni “congelati”, destinati a una vita “sospesa” e alla distruzione, sono, così, le prime vittime di una gravissima discriminazione: il progresso tecnologico in ambito procreativo dovrebbe oggi confrontarsi con i dati forniti dalla scienza, riconoscendo come il concepito non sia mero materiale biologico, ma che invece sia un individuo appartenente alla specie umana sin dal concepimento, caratterizzato da unicità.

Di fronte ai nuovi rischi e alle nuove discriminazioni, è necessario (ri)proporre con urgenza la domanda sulla tutela giuridica da offrire all’embrione umano. Nella più recente sentenza n. 161 del 2023 della Corte costituzionale, in tema di PMA, si è, a tal proposito, affermato: “Questa Corte, in linea con la giurisprudenza sovranazionale e convenzionale, ha precisato che l’embrione «ha in sé il principio della vita» (sentenza n. 84 del 2016). Vita da intendersi quale vita umana, in quanto «la fecondazione è tale da dare avvio al processo di sviluppo di un essere umano» (Corte di giustizia dell’Unione europea, grande sezione, in causa C-34/10, sent. 18 ottobre 2011, Brustle contro Greenpeace eV)” La «dignità» dell’embrione, quindi, è «riconducibile al precetto generale dell’art. 2 Cost.», dovendo essere pertanto tutelata anche ove si sia al cospetto di embrioni soprannumerari o malati (sent. n. 229 del 2015)”.

Il contrasto a ogni forma di discriminazione e di violenza passa anche dal riconoscimento, ancorato al dato scientifico e biologico, della difesa di ogni vita umana, soprattutto di quella più fragile e indifesa, a partire proprio dal concepimento.

 

Per approfondire

Relazione del Ministro della Salute al Parlamento sullo stato di attuazione della legge contenente norme in materia di procreazione medicalmente assistita – anno 2023

 

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