“Il progresso delle biotecnologie non significa sempre progresso etico”, così l’Associazione Scienza & Vita commenta l’assegnazione del premio Nobel per la medicina al britannico Robert Edwards per i suoi studi sulla fecondazione in vitro.
“Vicini alla sofferenza delle coppie sterili e favorevoli agli interventi che coniugano coerentemente scienza ed etica, – commenta il copresidente Lucio Romano – non possiamo non ricordare la visione riduzionistica della vita insita nelle procedure di fecondazione artificiale, nelle quali l’essere umano si traduce da soggetto a oggetto, vale a dire a mero ‘prodotto del concepimento’. Evidenziamo, inoltre, le derive antropologiche, etiche e sociali che scaturiscono dal ricorso, ad esempio, alla fecondazione artificiale eterologa o alla maternità surrogata. Queste tecniche sovvertono il concetto naturale di genitorialità e alterano il diritto fondamentale da parte di un figlio di riconoscere non solo la propria identità genetica, ma che questa sia anche in sintonia con quella biologica e sociale”.
“Oltre a ciò, in particolare, – prosegue Romano – pensiamo al congelamento degli embrioni e alla diagnosi genetica preimpianto, che comportano la soppressione di vite umane, selezionando gli embrioni ritenuti più idonei al trasferimento ed escludendo quelli non ‘di qualità’. Introdurre il principio di qualità della vita rileva indubbie derive discriminatorie, suggestionate e condizionate da una molteplicità di fattori culturali, economici, utilitaristici nei quali la medicina dei bisogni elementari si orienta sempre più palesemente verso quella dei desideri”.
“La legge 40 – conclude Lucio Romano – ha il merito di aver posto un argine alla legittimazione di una visione puramente meccanicistica della vita, assicurando i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito”.
SCIENZA & VITA: NOBEL ALLA FECONDAZIONE ARTIFICIALE MA UN FIGLIO NON PUO’ ESSERE UN PRODOTTO
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