S&V FOCUS | Salute mentale e pratiche eutanasiche: i risvolti critici nelle pratiche cliniche e professionali Gli approfondimenti di Scienza & Vita | Di Francesca Piergentili

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Il disturbo mentale è condizione per accedere alle pratiche eutanasiche in alcuni paesi, tra i quali Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo e Svizzera. In Canada, l’intervento normativo di ampliamento delle condizioni per l’accesso alle pratiche, che ricomprende il disturbo mentale, ritarderà, per la seconda volta, la sua entrata in vigore (prima posticipata al 17 marzo 2024 e poi successivamente prorogata): il sistema non sarebbe ancora pronto, mancando professionisti per  la “assistenza medica alla morte” nella malattia psichiatrica.

L’ammissibilità etica del suicidio assistito e dell’eutanasia per disturbi mentali è oggi un vero e proprio snodo problematico, anche per chi sostiene la legittimità delle pratiche eutanasiche in nome dell’autodeterminazione del paziente.

Il tema è oggetto di un ampio dibattito anche nella letteratura internazionale e tra gli organismi professionali, soprattutto in Canada vista le più attuali modifiche normative. In particolare, la Canadian Association for Suicide Prevention, già da diversi anni, tenta di arrestare tali procedure a tutela dei pazienti affetti da patologie psichiatriche. Nel documento del dicembre 2022 – Statement Issues Statement About MAiD for Mental Illnesson – ha espresso serie preoccupazioni sull’ulteriore espansione della “assistenza medica alla morte” per includere la malattia mentale: “Just as life is getting harder in Canada, it is getting easier to die”. L’Associazione canadese ricorda che il requisito richiesto dalla legge della “irremediable” della patologia per l’accesso alle procedure non sarebbe sufficiente e scientificamente provato: i dati sarebbero, infatti, insufficienti per concludere sull’irreversibilità di qualsiasi disturbo mentale. Senza prove scientifiche, non sarebbe possibile, così, una valutazione rigorosa: tutto è lasciato al processo decisionale soggettivo e, pertanto, arbitrario del medico e del paziente. La natura stessa della patologia può, inoltre, compromettere la capacità decisionale del paziente.

L’Associazione canadese ricorda che coloro che soffrono di un disturbo mentale sono solitamente incoraggiati a non prendere decisioni importanti mentre sono nella sofferenza: possono essere, invece, così “lucidi” da manifestare un consenso libero alla morte volontaria? Nel documento si afferma, infine, che appare estremamente pericoloso estendere le procedure eutanasiche alle malattie mentali, mentre l’accesso alle cure e ai trattamenti per la salute mentale sono insufficiente e, addirittura, ai minimi storici. Anche la Canadian Mental Health Association (CMHA) nel 2023 riconosceva che in Canada non è rispettato il diritto alla cura dei pazienti affetti da disturbo mentale dal momento che molte persone non ricevono i programmi, il sostegno e le risorse di cui avrebbero bisogno per stare bene.

Un recente articolo pubblicato su BMC Psychiatry analizza la tematica, cercando di focalizzare l’attenzione sulla prospettiva del paziente e della famiglia. I pochi studi recenti avrebbero evidenziato l’importanza di approcci centrati sul paziente e la necessità di offrire cure multidisciplinari. La maggior parte dei partecipanti alla ricerca avrebbe sottolineato la necessità di coinvolgere i familiari nel processo di valutazione a seguito di una richiesta di morte da parte del paziente. Hanno, inoltre, evidenziato l’importanza di esplorare le motivazioni della richiesta, la volontarietà e la coerenza della richiesta, attraverso la conoscenza della persona e della sua storia. Per quanto riguarda l’irreversibilità della patologia molti partecipanti hanno ritenuto che sia necessario fornire una ricostruzione storica dettagliata del decorso della malattia e della risposta al trattamento.

Nella sostanza, però, con le “cautele” appena richiamate, si ritengono ammissibili il suicidio assistito e l’eutanasia per il paziente con disturbi mentali. Anzi, si suggerisce, nelle conclusioni, di modificare gli attuali standard di cura, utilizzati nella pratica medica, per integrarli con i “processi di cura” dell’assistenza alla morte e contribuire, così, a implementare l’erogazione delle “cure”. I risultati della ricerca avrebbero confermato la necessità del processo decisionale condiviso e di valorizzare l’autonomia del paziente nella valutazione delle pratiche eutanasiche.

Tali conclusioni sembrano molto pericolose. Innanzitutto, perché il requisito di ammissibilità, e cioè la sofferenza mentale, ritenuta insopportabile, è una condizione comunemente sperimentata dai pazienti psichiatrici, anche dai pazienti a rischio di suicidio. È in questi casi possibile distinguere l’ideazione suicidaria, frutto di una volontà valida, per accedere alle pratiche eutanasiche e il sintomo della patologia? È, poi, possibile definire irrimediabile o irreversibile il disturbo psichiatrico? La Canadian Association for Suicide Prevention, si è detto, ha contestato tale definizione per la mancanza di prove scientifiche. Ma è anche da ribadire che anche nella cronicità è sempre possibile la cura. Anche per patologie psichiatriche croniche, come la depressione, l’unica via “umana” da implementare e potenziare è la cura e l’accompagnamento.

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) i disturbi mentali – che comprendono i disturbi psicotici (come schizofrenia, disturbo schizoaffettivo e disturbo delirante), i disturbi dell’umore (come il disturbo bipolare e la depressione maggiore), disturbi d’ansia, anoressia e bulimia nervose, disturbi da abuso di sostanze e di alcol – continuano a crescere: si presentano in tutte le classi d’età, anche le più giovani, e determinano profonda solitudine e problematiche relazionali. Secondo i dati una persona su otto convive nel mondo con un disturbo mentale che va da ansia e depressione fino alle forme più gravi di disturbi della personalità.

Rispetto al bisogno di salute mentale e di cure, il rischio sotteso all’ammissibilità di procedure eutanasiche è proprio quello prospettato (e, addirittura, auspicato) nell’articolo citato: lo stravolgimento delle pratiche cliniche e professionali nel campo della salute mentale.

Sembra, invece, fondamentale incentivare la ricerca scientifica, potenziare (e non stravolgere) la tutela offerta dal sistema sanitario per chi soffre disagi di salute mentale – a partire dal contesto vitale nel quale si trova inserito il paziente – riaffermare, a livello anche culturale, il valore della cura e dell’accompagnamento nella fragilità mentale, antidoto ad ogni forma di abbandono e solitudine.

 

Per approfondire:

  1. Stergiopoulos, V., Bastidas-Bilbao, H., Gupta, M. et al. Care considerations in medical assistance in dying for persons with mental illness as the sole underlying medical condition: a qualitative study of patient and family perspectives. BMC Psychiatry 2024
  1. Canadian Association for Suicide Prevention. Statement Issues Statement About MAiD for Mental Illnesson, 2022
  1. Canadian Mental Health Association. Statement on upcoming changes to Canada’s Medical Assistance in Dying (MAiD) law, 2023

 

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