S&V FOCUS | 15 ottobre 2024

La ricerca di significato come cura per la sofferenza esistenziale dell’anziano

Gli approfondimenti di S&V | di Francesca Piergentili

In tutto il mondo si assiste a un generale invecchiamento della popolazione e una sostanziale riduzione della mortalità in età avanzata. In Itali i dati Istat 2024 riportano che nell’arco di venti anni – tra il 2004 e il 2024 – l’età media della popolazione è aumentata da 42,3 a 46,6 anni: gli adulti e i giovani sono diminuiti di poco meno di 2 milioni di individui, mentre i residenti di 65 anni e più sono aumentati di oltre 3 milioni e, oggi, sono circa 14 milioni 358 mila. Di essi, oltre la metà ha almeno 75 anni. Dai dati emerge, inoltre, che sono aumentate le persone anziane che vivono da sole, non solo come conseguenza della vedovanza ma anche per la diffusione di nuovi modelli familiari.

L’invecchiamento della popolazione pone prospettive e problematiche nuove di natura etica, sociale, culturale, sanitaria ed economica. Ad aumentare, infatti, non è solamente il numero degli anziani ma anche il bisogno di cura.

L’età avanzata è accompagnata, infatti, da un fisiologico declino delle condizioni di salute e delle funzioni cognitive, da una diminuzione della mobilità e della progressiva perdita dell’autonomia e dell’indipendenza. L’anziano vive, poi, cambiamenti “sociali” – come l’interruzione del lavoro, la perdita di ruoli in famiglia – che possono provocare senso di solitudine e di isolamento. Secondo uno studio condotto su oltre 80 mila persone in 57 Paesi, pubblicato sull’International Journal of Environmental Research and Public Health, una persona su due ha pregiudizi basati sull’età che influenzano anche l’ambito sanitario, riducendo l’accessibilità alle cure e l’appropriatezza dei trattamenti. La scarsa attenzione alla diagnosi e al trattamento dei sintomi è anch’essa per l’anziano causa di sofferenza, di senso di solitudine e di abbandono.

Un recente articolo, dal titolo “Aging Meaningfully: The Ethics of Existential Suffering for Older Adults in Healthcare”, pubblicato su Canadian Journal of Bioethics, affronta il tema della sofferenza esistenziale dell’anziano in una prospettiva etica, proponendo azioni mirate in grado di alleviare la sofferenza e di aiutare la persona nella fragilità a ritrovare un significato.

Nell’articolo si mette in luce la multidimensionalità delle “perdite” che sperimenta l’anziano, che è causa di sofferenza esistenziale, legata a mancanza di significato, di identità personale, di autonomia e di speranza. La sofferenza esistenziale dell’anziano comporta anche un rischio elevato di suicidio. Tutti gli operatori sanitari dovrebbero saper riconoscere tale sofferenza, supportare l’anziano e la sua famiglia, attraverso l’empatia, e fornire un aiuto concreto nella ricerca di significato e di un senso.

Nell’articolo si riportano alcune barriere che non permettono la cura totale e adeguata della sofferenza esistenziale dell’anziano: difficoltà a identificare la sofferenza, mancanza di formazione specifica degli operatori sanitari, mancanza di risorse dedicate, ritenere la problematica non medica ma personale. È, invece, dimostrato che “unresolved existential questions could be debilitating and result in psychological distress that causes even more suffering than physical pain”: domande esistenziali irrisolte possono provocare disagio psicologico ed essere causa di sofferenza più del dolore fisico.

È necessario, pertanto, partire dal riconoscimento della multidimensionalità della sofferenza e del bisogno di cura, non trascurando i bisogni psicologico-esistanziali e sociali, necessari per garantire la salute dell’anziano.

Si propongono nell’articolo tre valori fondamentali per l’assistenza sanitaria dell’anziano nella sofferenza esistenziale: la fiducia, come parte integrante della relazione medico-paziente, la compassione, che spinge a riconoscere e comprendere la sofferenza dell’altro facendosene carico, e la beneficenza, come uno degli impegni primari per chi opera in ambito sanitario, che richiede di prendersi cura del paziente, agendo a suo beneficio e promuovendo i suoi interessi. L’assistenza centrata sul paziente anziano dovrebbe, così, promuovere un’azione compassionevole, rispettosa dei valori e dei bisogni dell’altro, guardando non solo alla malattia ma all’intera persona.

Si suggeriscono, infine, alcuni interventi concreti che possono essere rivolti agli anziani: la “Palliative Care Psychotherapy”, la “Meaning-Centred Group Psychotherapy” e la Dignity Therapy. La prima è un framework di psicoterapia che procede per passaggi, per aiutare gli operatori sanitari a entrare in contatto l’anziano, a identificare la sofferenza e le sue cause, per promuovere un’altra narrazione e sviluppare resilienza e un nuovo significato. La seconda, la psicoterapia di gruppo centrata sul significato, è un approccio terapeutico, sviluppato inizialmente per i pazienti oncologici, che mira a creare obiettivi, valorizzare le relazioni, promuovere la gratitudine: ritrovare le fonti di significato esistenti per riformulare il valore della propria vita.

La terza strategia basata sulle prove è la Dignity Therapy, sviluppata dal Dott. Harvey Max Chochinov per aiutare i pazienti a mantenere un senso nel fine vita. Chochinov e i suoi colleghi hanno condotto una ricerca che ha identificato otto fattori importanti che contribuiscono al senso di dignità dei pazienti e i modi per conservare questi fattori: hanno, così, creato un Patient Dignity Inventory (PDI) per ottenere un’istantanea del senso di dignità e del significato del paziente. Si riporta, a tal proposito, che uno studio sull’impatto della DT nei pazienti che si avvicinano alla fine della vita, ha riportato che quasi tutti i partecipanti (91%) hanno riferito di sentirsi soddisfatti della DT: il 76% ha riferito un accresciuto senso di dignità, il 68% ha riferito un accresciuto senso di significato, il 47 %  ha riferito una maggiore volontà di vivere.

Nell’articolo si afferma che ci sono sempre più prove che dimostrano che la Dignity Therapy può aiutare anche i pazienti più anziani che non sono coinvolti in un percorso di cure palliative. Identificare le fonti di disagio è allora fondamentale per comprendere la sofferenza esistenziale dell’anziano e aiutare gli operatori sanitari a fornire un’assistenza multidimensionale e adeguata. Dopo aver condotto un PDI, la DT potrebbe essere implementata anche per gli anziani esistenzialmente sofferenti.

La ricerca del significato, in grado di sostenere il valore della vita, dovrebbe essere così promossa in ogni fase della vita: è sempre più importante oggi poter identificare la sofferenza esistenziale  per prevenire, gestire e ridurre la sofferenza di ogni persona, al di là dell’età e delle condizioni di vita. Il diritto alla cura e all’assistenza si fonda, infatti, sul riconoscimento della pari dignità di ogni persona: è la stessa dignità a richiedere un’attenzione specifica ai bisogni anche psicologici ed esistenziali della persona.

Tale ricerca di significato e speranza dovrebbe coinvolgere ogni ambito della medicina e la società tutta intera: la cura di ogni vita nella fragilità, anche quella legata all’età, contrastando le logiche di abbandono e di isolamento, per riscoprire il valore delle relazioni umane e la prospettiva di senso, in un orizzonte che, custodendo la memoria e la storia, si apre con rinnovata speranza al futuro.

Per approfondire:

ultimo aggiornamento il 11 Febbraio 2025

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