GIORNATA PER LA VITA | 2 febbraio 2025

Generiamo speranza | Sostenere le mamme, altro che ideologia

Avvenire Supplemento Speciale GpV | di Alberto Gambino

In occasione della 47esima Giornata nazionale per la Vita, che la Chiesa italiana celebra nella prima domenica di febbraio, Avvenire offre un supplemento speciale di 24 pagine ricco di riflessioni d’autore attorno al tema della Giornata, «Trasmettere la vita, speranza per il mondo». Tra queste anche la riflessione di Alberto Gambino, presidente del Centro Studi Scienza & Vita che pubblichiamo qui di seguito. Buona lettura!    

Il messaggio della Cei ci costringe a fare i  conti con una questione che scuote nel profondo:  perché credere nel domani? È una domanda  che arriva come un pugno allo stomaco,  perché viviamo in un mondo che sembra avere  smarrito la speranza.
Giovani corpi dilaniati nelle  guerre, migranti che affogano nei nostri mari,  persone la cui identità si annulla tra la miseria e  l’indifferenza. E poi ci sono le donne, tante donne,  costrette a interrompere una vita nascente perché  il sistema nel suo complesso non sa offrire altro  che paura e solitudine, nel tragico conformismo  a un pensiero economico votato al profitto dilagante  nei contenuti della comunicazione tecnologica  di massa.

In questo scenario, non è difficile  capire perché molti, soprattutto giovani, non  guardano al futuro ma bruciano tutti i loro aneliti  e le loro energie nell’effimero dell’immediatezza  del presente.  Possiamo, dobbiamo essere “rianimatori” di speranza.  Chi crede che la trasmissione della vita sia  la pietra angolare di ogni comunità è chiamato  all’impegno fattivo per dimostrare compiutamente  come davvero ogni bambino che nasce è una  sfida lanciata al caos che circola nel mondo, una  dichiarazione di contrasto alla rassegnazione. Un  atto generativo che ossigena il tessuto  delle relazioni sociali, che si apre alla  solidarietà con la comunità. 

Se le giovani coppie oggi si sentono sole,  abbandonate da un sistema che non  sa sostenere il desiderio di costruire  una famiglia, non è che la conseguenza  del tradimento da parte di genitori  incapaci di trasmettere una promessa  coniugale intrisa di speranza e opportunità  di cambiamento.
Il calo delle nascite è l’effetto  di un’induzione alla precarietà dei legami  affettivi in uno con le difficoltà economiche e le  incertezze del futuro.  Per riprendersi il coraggio di vedere la maternità  e la paternità come un dono e non come  una condanna è essenziale che laici credenti e  non credenti, espressione della classe dirigente,  mettano in atto politiche concrete a sostegno  di quanti intendono dare stabilità alla loro  relazione affettiva, all’impegno reciproco di  costituire la “loro” famiglia.

La questione della  natalità è strettamente correlata alla proiezione  degli affetti coniugali nel futuro, alla loro resistenza alle contrarietà: questa è la vera sfida  che coinvolge ciascuno, nessuno escluso.  C’è anche il tema dell’aborto, che non può più  essere trattato come una mera “questione di diritti”.  La legge 194 del 1978, nata per regolamentare  un problema drammatico, ha finito  per legittimare una visione culturale distorta:  l’aborto come scelta “giusta”. Ma la verità è che  dietro ogni aborto c’è una vita che viene interrotta. 

Difendere la vita nascente non è una battaglia  ideologica ma un atto di carità che abbraccia  la questione del senso della vita nella  sua totalità con l’impegno concreto di eliminare  le cause che spingono una donna a ritenere,  spesso in piena solitudine, che l’aborto  sia la sua unica via d’uscita.

I Centri di Aiuto  alla Vita, che da decenni supportano le donne  in difficoltà, sono un esempio tangibile di come  la solidarietà possa trasformare la paura in  speranza. L’aborto non è mai una soluzione  ma un fallimento collettivo, una prova tangibile  di quanto ancora ci sia da fare per rendere  la tutela della vita fragile una vera e propria  priorità sociale.  E c’è anche la questione della procreazione assistita,  che ha assunto una dimensione commerciale. 
Il desiderio di diventare genitori è legittimo,  ma a quale prezzo siamo disposti a pagarne  le conseguenze? Essere genitori non è  una prerogativa da esercitare senza  limiti. Si tratta di un’attitudine generosa  che ci rende teneri con l’umanità  più vulnerabile, tanto teneri da  rinunciarvi se si corre il rischio di  perdere di vista il senso misterioso di una vita. 

Alberto Gambino | Presidente Centro Studi  Scienza & Vita

ultimo aggiornamento il 4 Febbraio 2025

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