«Si tratta di una risoluzione scritta con molta superficialità con un intento ideologico». È così per Alberto Gambino, pro-rettore dell’Università Europea di Roma e presidente di Scienza & Vita.
Professore, l’atto licenziato ieri dal Parlamento europeo prende in considerazione, tra gli altri, il tema della «salute sessuale e riproduttiva». In che cosa consiste?
La salute sessuale e riproduttiva attiene ad una concezione di benessere legato alla possibilità di condurre una vita sessuale cosiddetta «responsabile». In questa particolare accezione di responsabilità si annida la libertà di decidere se e quando riprodursi e, dunque, quando questa «libertà» è violata da una gravidanza indesiderata, ecco che interviene anche la possibilità di abortire. Siamo davanti ad un capovolgimento culturale: l’essere umano più debole diventa funzionale al benessere dell’essere umano più forte.
Eppure, le legislazioni degli Stati europei non considerano l’aborto come un diritto assoluto…
In effetti, richiedono per lo più motivazioni legate alla salute della donna. La salute, però, in una società del benessere, con tinte di edonismo, ha oggi ampliato il suo significato con la conseguenza della percezione generale di un vero e proprio diritto all’aborto.
Al di là di tutto, non trova curioso che il Parlamento Europeo contesti una sentenza che riafferma il ruolo di un’istituzione alla pari, cioè l’organo legislativo degli Stati Uniti?
No, questo non lo trovo curioso. Nella loro sovranità i Parlamenti possono discutere e prendere posizioni su qualsiasi tema. Del resto, questa risoluzione ha un valore politico ma non vincolante, attenendo a materia lasciata alla sovranità dei singoli Stati aderenti all’Unione. Quello che è davvero curioso è lo scollamento tra i bisogni delle comunità – penso alla disoccupazione, alle povertà anche esistenziali, all’indigenza – e i temi dell’agenda parlamentare europea. Appare sempre più chiaro che la classe politica fatica a incarnare le reali istanze della cittadinanza perché non la rappresenta.
Un’affermazione forte. Può fare qualche esempio concreto?
Passeggiando la sera per Bruxelles si incontrano deputati gaudenti dopo cena e, sdraiate per terra, donne con bimbi tremolanti che le abbracciano. A colpire non è solo la povertà ma la totale indifferenza, che rasenta il cinismo, delle istituzioni europee.
Torniamo alla risoluzione: il suo testo, addirittura, sembra comprimere il diritto costituzionale all’obiezione di coscienza…
Appunto: sul diverso piano dei diritti fondamentali non si potrà mai imporre ad un sanitario l’obbligo di partecipare alla soppressione di un essere umano contro la sua volontà. Si tratta di un pronunciamento superficiale e ideologico.
In Italia, e non solo, le norme sull’aborto prevederebbero una serie di cautele preliminari, preordinate a evitare l’uccisione del feto. Perché non se ne sente quasi mai parlare?
Sì, è vero, la parte cosiddetta preventiva è trascurata, colpevolmente trascurata. Continuo poi a pensare che introdurre la possibilità di una rapida procedura di adozione alla nascita per quei bambini indesiderati, al posto della loro soppressione, sia un’alternativa in più da offrire alla donna che in quel momento non sa quanta sofferenza si trascina nell’atto abortivo, prima, durante e dopo.