Il presente contributo continua la trattazione del tema affrontato nell’approfondimento della precedente newsletter dell’Associazione Scienza & Vita.
3. Le principali problematiche bioetiche relative alla donazione “controllata”.
Uno degli aspetti più problematici e delicati dal punto di vista bioetico della donazione “controllata” è legato alla necessità di tenere distinto il processo del morire rispetto alla successiva donazione degli organi. Come visto nella precedente NL, infatti, la dichiarazione di morte non deve essere condizionata né dipendente dall’eventuale successivo prelievo di organi da destinare al trapianto. I protocolli clinici applicati per la donazione controllata prevedono, però, il compimento di alcune azioni mediche subito dopo la sospensione dei supporti vitali, nei minuti che precedono l’accertamento della morte, che non hanno finalità terapeutiche né palliative, ma vengono attuate per preservare gli organi in vista della successiva donazione. Tra le attività previste si segnalano, ad esempio, i prelievi ematici per valutare l’idoneità clinica alla donazione e la somministrazione di eparina. Quest’ultima è prevista, in particolare, nella fase finale del periodo agonico per prevenire le complicanze trombotiche. La somministrazione di eparina è, così, finalizzata alla conservazione degli organi in buono stato: senza di essa gli organi subirebbero un danno dalla insufficiente ossigenazione. È evidente che la conservazione della funzionalità degli organi è fondamentale per poter procedere al trapianto. Rispetto a tali interventi sul paziente, compiuti pochi minuti prima della morte e finalizzati, come visto, alla preservazione degli organi per la donazione, è importante porsi alcuni interrogativi sulla loro legittimità dal punto di vista etico. In particolare, è da verificare che essi non siano motivo di ulteriore sofferenza per il paziente, come è da chiedersi se essi possano in qualche modo anticipare la morte dello stesso. È necessario, infatti, che le azioni mediche prima della morte compiute per preservare gli organi non arrechino danno al paziente e che non siano lesive, ad ogni modo, della sua dignità. Il CNB, nel parere di dicembre 2021, a questo riguardo ha affermato che “questi interventi sul corpo del morente per essere legittimi devono tradursi sempre in una azione prudente e proporzionata”, rispettosa della dignità della persona. Nello specifico il Comitato ha anche chiarito che è sempre necessario che gli interventi non siano causa di sofferenza né di morte anticipata. Un altro aspetto estremamente problematico riguarda i tempi di osservazione per l’accertamento della morte con il criterio cardiocircolatorio. Come già anticipato, mentre sembra esserci nei protocolli internazionali un accordo sulla possibilità di prelevare organi “a cuore fermo”, è molto discussa la determinazione dei tempi di osservazione della cessazione della circolazione e della respirazione necessari per la dichiarazione dell’irreversibilità della morte. Tale incertezza sui tempi di osservazione rende evidente il pericolo di ledere il principio “del donatore morto”: la donazione è, infatti, eticamente accettabile solo dopo la morte del donatore. La persona non può essere considerata, infatti, donatore di organi se non dopo che sia stata determinata la sua morte: non è possibile, così, accelerare o “manipolare” la morte del paziente in funzione della donazione di organi. In Italia la comunità scientifica ha previsto un accertamento temporale di 20 minuti. Tale soglia, più ampia rispetto a quella prestabilita in altri Paesi, dovrebbe garantire la certezza della dichiarazione di morte. Anche nel nostro Paese, tuttavia, c’è chi richiede di modificare, con una riduzione temporale, la soglia. Nell’articolo “Does Controlled Donation after Circulatory Death Violate the Dead Donor Rule?”, pubblicato su The American Journal of Bioethics, gli autori affrontano il tema del principio del donatore morto e si chiedono se tale regola sia violata nei protocolli standard di donazione controllata applicati nella maggior parte degli Stati europei. Secondo gli autori dell’articolo la regola vieta ai medici di causare la morte del paziente per o mediante il prelievo di organi ma non prevede anche che il prelievo avvenga solamente dopo la morte: l’unico requisito richiesto sarebbe il non causare la morte. Il prelievo di organi o di tessuti non essenziali, come il rene, attraverso la donazione controllata non violerebbe, pertanto, la regola del donatore morto perché il prelievo di questi organi non causerebbe in ogni caso la morte. Tali considerazioni sarebbero comunque applicabili solamente agli organi addominali e non al cuore o ai polmoni. È evidente che il dibattito, in ambito medico e bioetico, sulla tematica è ancora molto aperto. Alcuni profili problematici ulteriori riguardano il consenso del paziente (o del fiduciario indicato dalle DAT o dei parenti) alla donazione controllata, che deve riguardare anche le attività mediche precedenti alla morte e finalizzate alla preservazione degli organi. Il rischio maggiore è, in fondo, che anche attraverso tale forma di donazione venga favorita sempre più una cultura eutanasica, disposta anche ad anticipare o a causare la morte di pazienti prossimi alla morte, attraverso la giustificazione della bontà del fine, e cioè la preservazione degli organi per il trapianto terapeutico. È necessario, pertanto, un atteggiamento prudenziale e precauzionale rispetto alla donazione dopo la morte conseguente alla sospensione dei supporti vitali come scelta “programmata” e “controllata” di fine vita, soprattutto se tale donazione verrà collegata anche a eventuali percorsi di suicidio medicalmente assistito.
- Nuove possibilità aperte dalla ricerca sulla conservazione degli organi
La donazione controllata ha come scopo principale, come visto, la preservazione degli organi per il trapianto. È, infatti, fondamentale per la riuscita delle operazioni “salva-vita” di trapianto che gli organi siano di buona qualità e ben funzionanti. Tuttavia, nel processo di prelievo e trapianto tutti gli organi rischiano di subire conseguenze dannose; per gli organi prelevati da donatori in asistolia il rischio maggiore è quello della ischemia. I progressi scientifici in tale ambito hanno permesso di sviluppare tecnologie che consentono di perfondere gli organi prelevati, che possono essere adeguatamente conservati per assicurarne un beneficio per il ricevente. Quali sono le ultime novità in tale ambito? Seguirà tale approfondimento nella prossima newsletter dell’Associazione Scienza & Vita.
Per approfondire:
ultimo aggiornamento il 20 Marzo 2024