
Lo xenotrapianto, e cioè il trapianto di organi, tessuti o cellule provenienti da altre specie animali in un paziente umano, offrirebbe la possibilità di aumentare la riserva di organi, tessuti o cellule da destinare ai trapianti, rimediando alla carenza “cronica” di donatori. Grazie ai progressi scientifici in ambito medico, in particolare nel campo dell’editing-genetico e della clonazione, utilizzare organi provenienti da animali per il trapianto appare una via sempre più percorribile.
Negli ultimi anni sono stati effettuati i primi xenotrapianti di cuore, rene e fegato: nel gennaio 2022 un uomo di 57 anni ha ricevuto presso la University of Maryland School of Medicine, per la prima volta al mondo, lo xenotrapianto di cuore; il 16 marzo 2024 è, invece, la data del primo xenotrapianto di rene presso il Massachusetts General Hospital.
Nella ricerca sono solitamente utilizzati maiali geneticamente modificati: la scelta è dovuta a motivi fisiologici (le dimensioni e l’anatomia dei loro organi assomigliano a quelle degli esseri umani), ma anche a caratteristiche proprie della specie (hanno, infatti, progenie numerosa e tempi di gestazione breve) e a motivi tecnici, collegati alle possibilità di clonazione e di eliminare specifici agenti infettanti.
Mentre continua lo studio di metodi alternativi per ottenere organi da destinare al trapianto, la ricerca sugli xenotrapianti di organi solidi tenta di raggiungere lo status clinico entro i prossimi 10 anni. L’Università dell’Alabama a Birmingham ha presentato, ad esempio, un piano per uno studio clinico di fase 1.
Lo xenotrapianto sembra divenire, così, una possibile realtà clinica, anche se permangono problematiche legate al rigetto, al corretto funzionamento del trapianto nel corpo ospite, alla possibilità di introduzione di nuovi agenti infettivi nella popolazione umana. Oltre alle questioni scientifiche, saranno da affrontare importanti problematiche di natura antropologica, psicologica, etica e giuridica tra le quali: l’impatto dell’organo animale sull’identità del ricevente, e cioè sulla singolarità e sulla irriducibilità dell’uomo, i rischi sanitari per la collettività, il consenso all’intervento, gli interessi finanziari sottesi, la brevettabilità, l’eticità dell’utilizzo degli animali.
Su questo ultimo aspetto, un recente studio pubblicato su Journal of Medical Ethics, affronta la questione della sofferenza causata agli animali. Alcuni studiosi hanno sollevato preoccupazioni per il benessere degli animali nelle ricerche sugli xenotrapianti, in particolare rispetto all’allevamento in un ambiente non naturale, con privazione della socialità, e rispetto ai numerosi test e alle procedure mediche a cui sarebbero sottoposti. Nel tentativo di ottenere animali da produzione privi di agenti patogeni noti sono previste, infatti, numerose procedure specifiche, come il trattamento con antibiotici e antiparassitari, la vaccinazione, oltre alle numerose modifiche genetiche, per garantire uno stato di salute dell’animale in qualche modo “certificato”.
Una soluzione proposta, riportata nell’articolo, potrebbe essere quella offerta da Moen e Devolder, che vorrebbero somministrare farmaci per alleviare lo stress e il dolore negli animali. Questa via difficilmente, però, potrà essere percorsa, dal momento che i farmaci potrebbero compromettere il fegato e i reni, e cioè proprio gli organi utilizzati negli xenotrapianti.
D’altra parte, diversi studiosi negli ultimi anni sostengono la necessità di modificare geneticamente gli animali anche per ridurre o eliminare la capacità di provare dolore. Il potenziamento genetico potrebbe essere la risposta all’allevamento intensivo e alla ricerca medica. I maiali sono, d’altronde, già geneticamente modificati per prevenire il rigetto vascolare e per ridurre il rischio di xenozoonosi. L’avvento dei sistemi di editing genomico CRISPR /Cas9 ha reso il processo più efficiente, preciso ed economico. Non potendo non utilizzare gli animali per la ricerca, si propone, pertanto, di tentare di eliminare, il più possibile, dolori e sofferenze: attraverso il miglioramento genetico si pensa di rendere l’animale insensibile, senza una funzione cerebrale di livello superiore, o di potenziarlo in maniera “frammentaria”, moderando, ad esempio, l’ormone di rilascio della corticotropina, che influenza la produzione di cortisolo e le manifestazioni comportamentali di stress.
Anche tali interventi di modifica genetica, però, potrebbero violare l’integrità dell’animale ed essere fonte di problematiche ulteriori, come la “creazione” di animali senza alcuna funzione cerebrale di livello superiore: ciò eliminerebbe la possibilità di qualsiasi tipo di esperienza. La questione non appare, pertanto, di così semplice soluzione.
La problematica investe certamente anche la più ampia questione circa l’eticità della sperimentazione animale. Il Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB) ha affrontato tale problema nella mozione del 2020 sulla Sperimentazione animale con riferimento ai divieti posti dal D.L. 26/2014 in merito agli xenotrapianti e alle sostanze di abuso: pur riconoscendo il rispetto dovuto all’animale e al suo benessere, il CNB ha espresso preoccupazione per i divieti che la ricerca scientifica può incontrare nell’effettuare la sperimentazione con l’impiego di animali, “base insostituibile per il progresso delle conoscenze e delle terapie in medicina”.
Per quanto riguarda gli xenotrapianti, pur riaffermando la responsabilità dell’uomo verso gli animali, nell’ottica della custodia, è da ritenere eticamente accettabile l’utilizzo degli animali come fonte di organi per il trapianto e la possibilità di operare modificazioni genetiche sull’animale a tale scopo, quando il fine è la salvezza di una vita umana.
È necessario però rispettare alcune cautele: come evitare agli animali sofferenze non necessarie, rispettare criteri di necessità e di ragionevolezza, evitare modifiche genetiche non controllabili che possano modificare la biodiversità e l’equilibrio delle specie nel mondo animale.
Alcune considerazioni ulteriori sono necessarie proprio rispetto all’utilizzo di organi da animali “ingegnerizzati”: la possibilità di operare tali modificazioni, utilizzando anche geni di origine umana, nel rispetto dell’animale e della biodiversità, è accettabile solo in vista di benefici significativi per l’uomo. Gli animali modificati nel patrimonio genetico esprimeranno particolari caratteristiche, che saranno trasmesse alla progenie: andrebbe, pertanto, valutato l’effetto dell’espressione del transgene, le eventuali modificazioni degli aspetti anatomici, fisiologici e comportamentali, limitando i livelli di stress e di dolore, di sofferenza ed angoscia; va data attenzione alle conseguenze nella progenie e nei riguardi dell’ambiente; è necessario, poi, minimizzare il più possibile il numero degli animali utilizzati nella sperimentazione.
Per approfondire:
- Rodger D, Hurst DJ, Bobier CA, et al Genetic disenhancement and xenotransplantation: diminishing pigs’ capacity to experience suffering through genetic engineering, Journal of Medical Ethics 2024;50:729-733
- Pontificia Accademia per la Vita, La prospettiva degli xenotrapianti – aspetti scientifici e considerazioni etiche, 2001
- World Health Organization. Second WHO global consultation on regulatory requirements for Xenotransplantation clinical trials. 2011
- Cozzi, E., Schneeberger, S., Bellini, M.I., Berglund, E., Böhmig, G., Fowler, K., Hoogduijn, M., Jochmans, I., Marckmann, G., Marson, L., Neuberger, J., Oberbauer, R., Pierson, R.N., III, Reichart, B., Scobie, L., White, C., Naesens, M. and (2021), Organ transplants of the future: planning for innovations including xenotransplantation. Transpl Int, 34: 2006-2018.
ultimo aggiornamento il 21 Marzo 2025