E’ in discussione presso la Commissione III del Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia la proposta di legge n. 7 (di iniziativa popolare), col titolo “Procedure e tempi per l’assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi e per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 242/2019”.
Tra gli esperti convocati in audizione anche il nostro Presidente, Prof. Alberto Gambino. Ecco alcuni estratti dal suo intervento:
1.”È preliminare a qualsiasi eventuale analisi e discussione del merito della proposta “sciogliere” il “nodo” problematico della competenza legislativa: una legge sul suicidio medicalmente assistito potrebbe essere adottata dal legislatore regionale? La Regione ha competenza in materia di fine vita?
Quando parliamo di fine vita, stiamo trattando il tema della disponibilità della vita umana e la materia degli atti di disposizione del corpo […]; essendo in gioco valori così importanti e i diritti fondamentali della persona, di rilevanza costituzionale, non può non imporsi l’esigenza di una disciplina di carattere nazionale. Tale riflessione porta inevitabilmente a escludere una normativa regionale sul fine vita.
2. Entrando nel merito della Proposta, si rilevano alcune lacune gravissime. Nell’art. 1, comma 2 della proposta si legge: “Il diritto all’erogazione dei trattamenti disciplinati dalla presente legge è individuale e inviolabile e non può essere limitato, condizionato o assoggettato ad altre forme di controllo al di fuori di quanto ivi previsto”. […] In realtà la Corte costituzionale, nella sent. 242 del 2019, ribadisce l’inviolabilità del diritto alla vita, primo dei diritti. Anche nella sent. n 50 del 2022 ricorda che non esiste nel nostro ordinamento un diritto alla morte e che ad essere inviolabile non è il diritto al suicidio assistito ma il diritto alla vita, matrice di ogni diritto.
Nel testo, poi, si rileva la totale mancanza del pre-requisito dell’aver intrapreso un percorso di cure palliative, condizione per ogni scelta nel fine vita per la Corte costituzionale.
Va anche evidenziato che, qualora il suicidio assistito fosse definito un diritto inviolabile, allora bisognerebbe prevedere l’obiezione di coscienza. La Corte invece affermava “Quanto, infine, al tema dell’obiezione di coscienza del personale sanitario, vale osservare che la presente declaratoria di illegittimità costituzionale si limita a escludere la punibilità dell’aiuto al suicidio nei casi considerati, senza creare alcun obbligo di procedere a tale aiuto in capo ai medici. Resta affidato, pertanto, alla coscienza del singolo medico scegliere se prestarsi, o no, a esaudire la richiesta del malato.”
Al tempo stesso, nello spirito della sentenza della Consulta, andrebbe anche chiarito e delimitato il requisito “persona tenuta in vita a mezzo di trattamenti di sostegno vitale”, visti i recenti casi di interpretazione “ampia” del requisito stesso.
Infine, si evidenzia la mancanza di una esclusione per i minorenni, così come ogni riferimento alla terminalità.
In definitiva, nella sua attuale formulazione, questa proposta di legge regionale appare “allineata” ai tentativi sempre più frequenti – su vari fronti e a vari livelli – di rendere disponibile la vita umana, soprattutto se fragile e compromessa dalla malattia.