a partire da questo numero, la newsletter di Scienza & Vita si rinnova. Se si faranno più frequenti i nostri appuntamenti, non mancherà anche un taglio nuovo nelle nostre segnalazioni. A partire da testimonianze e analisi dei nostri soci, ma anche dei tanti amici, intellettuali, scienziati e operatori della comunicazione sociale che coinvolgeremo in questa nostra riflessione ad alta voce. Ad esempio, in questo numero compaiono: il diario argentino di Maria Luisa Di Pietro, una riflessione di Lucetta Scaraffia sulla necessità che i temi della biopolitica trovino spazio nell’agenda sociale dei cattolici, un caso mediatico di censura analizzato da Francesco Ognibene e una recensione di Federico Pontiggia sul film "Manuale d’amore 2" e le sue pretese di dare lezioni bioetiche. La newsletter può così divenire non solo un meccanismo di informazione, ma anche uno strumento più ampio di riflessione, al fine di partecipare al discorso pubblico sui temi della biopolitica che tanto stanno a cuore alla nostra associazione. Seguirà in tempi brevi anche un piccolo ma significativo restyling per rendere più comoda e attraente la visione.
A presto e buona lettura a tutti. (Domenico Delle Foglie)
a partire da questo numero, la newsletter di Scienza & Vita si rinnova. Se si faranno più frequenti i nostri appuntamenti, non mancherà anche un taglio nuovo nelle nostre segnalazioni. A partire da testimonianze e analisi dei nostri soci, ma anche dei tanti amici, intellettuali, scienziati e operatori della comunicazione sociale che coinvolgeremo in questa nostra riflessione ad alta voce. Ad esempio, in questo numero compaiono: il diario argentino di Maria Luisa Di Pietro, una riflessione di Lucetta Scaraffia sulla necessità che i temi della biopolitica trovino spazio nell’agenda sociale dei cattolici, un caso mediatico di censura analizzato da Francesco Ognibene e una recensione di Federico Pontiggia sul film "Manuale d’amore 2" e le sue pretese di dare lezioni bioetiche. La newsletter può così divenire non solo un meccanismo di informazione, ma anche uno strumento più ampio di riflessione, al fine di partecipare al discorso pubblico sui temi della biopolitica che tanto stanno a cuore alla nostra associazione. Seguirà in tempi brevi anche un piccolo ma significativo restyling per rendere più comoda e attraente la visione.
A presto e buona lettura a tutti. (Domenico Delle Foglie)
27 / 30 giugno: Buenos Aires – Cordoba
Dopo un viaggio di 14 ore, siamo finalmente arrivate – io e mia figlia – in Argentina. Alle 6 del mattino Buenos Aires ci ha accolto con una temperatura di 3°c e un sole splendente, che accomuna questa terra così particolare alla nostra.
E’ le quinta volta che vengo a Buenos Aires nell’ambito di una stretta collaborazione tra la mia università – l’Università Cattolica del S. Cuore – e l’Università Cattolica Argentina. Qui ho tanti amici e amiche e, ogni volta, si rinnova la gioia di rivedersi, condividere fatiche, perseguire gli stessi ideali.
Questa volta però il viaggio d’andata non è ancora concluso. Un altro aereo ci porta a Cordoba, dove sta per iniziare il VI° Congresso Latino-americano e dei Caraibi di Bioetica. Il congresso, organizzato dalla Felaibe (Federacìon Latino-Americana y del Caribe de Istituciones de Bioetica) è durato tre giorni – dal 28 al 30 giugno ed è stato dedicato al tema della bioetica e dello sviluppo sostenibile. Un programma denso e molto partecipato, con la presenza di persone provenienti dai vari Paesi dell’America latina, dei Caraibi, della Spagna e, con me, dall’Italia.
Sono stati affrontati i diversi temi della bioetica (dall’assistenza sanitaria alla sperimentazione; dalla comunicazione all’etica istituzionale; dal rapporto bioetica – giustizia sociale alla bioetica interculturale).
27 / 30 giugno: Buenos Aires – Cordoba
Dopo un viaggio di 14 ore, siamo finalmente arrivate – io e mia figlia – in Argentina. Alle 6 del mattino Buenos Aires ci ha accolto con una temperatura di 3°c e un sole splendente, che accomuna questa terra così particolare alla nostra.
E’ le quinta volta che vengo a Buenos Aires nell’ambito di una stretta collaborazione tra la mia università – l’Università Cattolica del S. Cuore – e l’Università Cattolica Argentina. Qui ho tanti amici e amiche e, ogni volta, si rinnova la gioia di rivedersi, condividere fatiche, perseguire gli stessi ideali.
Questa volta però il viaggio d’andata non è ancora concluso. Un altro aereo ci porta a Cordoba, dove sta per iniziare il VI° Congresso Latino-americano e dei Caraibi di Bioetica. Il congresso, organizzato dalla Felaibe (Federacìon Latino-Americana y del Caribe de Istituciones de Bioetica) è durato tre giorni – dal 28 al 30 giugno ed è stato dedicato al tema della bioetica e dello sviluppo sostenibile. Un programma denso e molto partecipato, con la presenza di persone provenienti dai vari Paesi dell’America latina, dei Caraibi, della Spagna e, con me, dall’Italia.
Sono stati affrontati i diversi temi della bioetica (dall’assistenza sanitaria alla sperimentazione; dalla comunicazione all’etica istituzionale; dal rapporto bioetica – giustizia sociale alla bioetica interculturale). Ma il tema centrale è stato quello dell’insegnamento della bioetica o, per meglio dire, della formazione bioetica. Ed è questo il motivo per cui sono venuta qui: per raccontare come si è sviluppato il dibattito su questo tema in Italia, a partire dal documento del Comitato Nazionale per la Bioetica, “Bioetica e formazione nel sistema sanitario” del 1991, fino all’attuale ampliarsi degli ambiti di indagine di questa disciplina. Con alcuni problemi da sempre irrisolti: su quale etica, in un contesto pluralista, impostare la formazione bioetica? Qual è la metodologia più adeguata? Quali devono essere le caratteristiche dei formatori?
Non sono questioni superflue, ma fondamentali, in un momento in cui si richiede che le tematiche della bioetica vengano affrontate con continuità e competenza e di far parte di un percorso di formazione delle nuove generazioni al fine di renderle consapevoli delle trasformazioni in atto e dare gli strumenti valutativi per realizzare le proprie scelte. Temi come la persona, il significato della vita e della morte, la procreazione, la famiglia, la solidarietà, il rispetto per l’ambiente per citarne alcuni, sono da sempre parte integrante del bagaglio formativo e informativo dell’individuo. La novità, con la quale è necessario confrontarsi oggi, è l’interpretazione di queste realtà, che tendono a modificarsi con lo sviluppo tecno-scientifico e con l’uso che se ne fa.
L’aspetto più interessante, che è emerso dal Congresso, è stato che – in una terra “invasa” dal principialismo nordamericano – si sia tornati a parlare di valori. Messi da parte i tre noti principi – autonomia, beneficialità, giustizia – che hanno come caratteristica principale quella di essere tre “note” stonate a cui manca un accordo armonico (una teoria fondante), si è ricominciato a parlare di valori e di valori “non negoziabili”. Da notare che la Felaibe non è una federazione “cattolica”, ma – come si dice oggi con un termine inappropriato – “laica”. E’, allora, un conforto che, almeno oltreoceano, si sia cercando di aggregarsi attorno a un nucleo di valori non negoziabili: può darsi che questa consapevolezza giunga – di nuovo – prima o poi anche in Italia, ove tutto (valori compresi) appare, invece, incredibilmente “negoziabile”.
Ci siamo fermati a Cordoba quattro giorni: giusto il tempo di partecipare al congresso, visitare la città, frequentare una scuola di equitazione e passare una giornata in una “estancia” tra i cavalli. Con la gioia immensa di mia figlia di poter andare a cavallo sopra non una sella normale, ma una copertura “criolla” fatta di coperte, di pelli e di corda.
1 luglio: Cordoba – Buenos Aires
Domenica ci siamo trasferiti in macchina da Cordoba a Buenos Aires: sette ore di viaggio attraversa la sterminata pampa argentina con mucche e cavalli lasciati liberi di muoversi ovunque.
2 luglio: Buenos Aires
A Buenos Aires è ricominciato il lavoro. La sera del lunedì ho tenuto un “colloquio” su “La familia construye el futuro de todos” presso la parrocchia San Martin de Tours, nella zona delle ambasciate (tra cui quella italiana). Il dépliant del colloquio, di cui ha dato notizia La Nación , riportava l’immagine e gli slogan del Family Day. Ed è del “dia de la famiglia” che ho parlato, spiegando le ragioni e gli esiti dell’esperienza italiana: l’occasione per tenere viva – almeno all’estero – la memoria di un evento importante per il nostro Paese, ma di cui molti sembrano essersi già dimenticati. E sono passati solo due mesi!
3 luglio: Buenos Aires
Il giorno dopo, di pomeriggio, ho tenuto una lezione all’Università Cattolica Argentina a 120 insegnanti medi. Il tema è stato l’educazione alla sessualità, ma le domande hanno riguardato la “prospettiva del genere”, che è oramai entrata anche nei programmi scolastici di questo Paese. Fortemente condizionati dalle ideologie di alcuni organismi internazionali, gli argentini stanno cercando di riappropriarsi della loro cultura latina, contrastando i suddetti programmi e cercando di incidere nei progetti scolastici con proposte di educazione “della sessualità” e non “di genere”.
4 luglio: Buenos Aires
Mercoledì, infine, la conferenza al Convegno interuniversitario sull’obiezione di coscienza. Il mio compito è stato quello di illustrare l’esperienza dell’Associazione Scienza & Vita in Italia. Un uditorio attento e qualificato – si trattava dei presidi e dei docenti di Università argentine – ha ascoltato la storia che ha portato alla nascita del Comitato prima e dell’Associazione poi. Ho spiegato le finalità, le strategie, l’attività già fatta e i progetti futuri. L’uditorio è stato entusiasta dei Manifesti tematici e delle immagini dei dépliant. Ho parlato dei Quaderni di Scienza & Vita e del sito. Il risultato, come ho appreso tornando in Italia, è stato una serie di accessi al sito da oltreoceano allo scopo di scaricare materiale.
Il grande interesse nei confronti dell’Associazione era dettato anche dal loro desiderio di fondare “Scienza & Vita” in Argentina: ovvero un movimento laico a sostegno della vita umana. D’altra parte, le battaglie politiche sono le stesse dell’Italia. Ho avanzato la possibilità di utilizzare il nostro logo: provate ad immaginare le due mani, che si stringono in un patto di solidarietà, e sotto scritto “Cìencia y Vida – Argentina”?
Forse un sogno! E, allora, proviamo a sognare ancora: la rete tra coloro che condividono le nostre idee è molto forte in America Latina, grazie soprattutto alla Fibip (Federazione Internazionale Centri di Bioetica Personalista). Ad ottobre c’è il congresso annuale a Concepciòn in Cile. Se avrò la forza di affrontare un viaggio di circa 20 ore, perché non proporre ancora il modello Scienza e Vita: un’Associazione “Cìencia y Vida – Chile” o “Colombia” o “Perù” non sarebbe interessante? E perché non provare in Europa?
D’altra parte si tratta di un servizio alla vita di ciascun essere umano – dal concepimento alla morte – ma anche a ciascuno di noi, per sentirci meno soli e per poter dare “voce” alla verità.
5 luglio: in volo verso Roma
Mercoledì notte, è iniziato il ritorno a Roma. Un viaggio pessimo quello di ritorno, ma la fatica – nel suo insieme – è stata ricompensata dall’accoglienza, dall’entusiasmo e dal confronto di chi ci segue con grande attenzione. E, perché no? Anche da un bellissimo spettacolo di tango, che non è solo un “ballo” ma il simbolo di un Paese e di un popolo che ha tanto sofferto e che con grandissima dignità ha cercato e cerca di superare mille difficoltà. (Maria Luisa Di Pietro)
La bioetica, con i suoi tremendi quesiti, che riguardano la definizione stessa di essere umano, aleggiava sul convegno, ma l’impressione era che la si volesse dimenticare, mettere da parte perché scomoda. Una inspiegabile politica dello struzzo quella di Retinopera, una rimozione che appare quanto mai incomprensibile dinanzi alla sfida che quotidianamente viene portata sia nella società civile, sia sui mass media, sia in Parlamento, da quanti considerano la vita una merce e l’uomo un mero consumatore. Con il rischio, per nulla esorcizzato, di condannare il laicato cattolico all’irrilevanza nel confronto con la politica. Noi di Scienza & Vita, invece, abbiamo pienamente maturato la convinzione che oggi la bio-politica occupi un posto decisivo nella politica. E saremmo felici che questa consapevolezza fosse condivisa da tutto il mondo cattolico, così come da tanti non credenti che come noi difendono la vita. (Lucetta Scaraffia)
I medici di Milano (27mila) attraverso il loro Ordine provinciale (secondo per adesioni solo a quello di Roma) il 19 giugno hanno giocato d’anticipo rendendo nota una posizione esplicitamente negativa rispetto alla progettata legge. Notizia clamorosa, anche per la perentorietà degli argomenti: “Se lo scopo del cosiddetto testamento biologico – si legge nella nota inviata a tutti i mezzi di comunicazione – fosse, come inizialmente dichiarato, evitare l’accanimento terapeutico, lo si giudica uno strumento del tutto superfluo perché già vietato dal Codice deontologico; se lo scopo fosse l’introduzione di un mezzo per l’applicazione – più o meno surrettizia – di pratiche eutanasiche, allora sarebbe qualcosa di molto peggio che superfluo”. Il giorno dopo neppure il Corriere della Sera, che pure da quotidiano milanese dovrebbe essere interessato a quel che pensano i medici della metropoli, si degnava di dedicare una sola riga a una presa di posizione ufficiale e ponderata. Niente su tutti gli altri giornali, eccezion fatta per Avvenire. Eppure di lì a pochi giorni i medici italiani avrebbero dovuto pronunciarsi sul testamento biologico nel convegno nazionale organizzato a Udine dalla Federazione degli ordini provinciali, e preparato dalla singolare decisione dell’ordine ospitante di pubblicizzare una propria formula di testamento già disponibile in sede per la firma dei cittadini, in barba al Parlamento.
Ma la seconda puntata di questa storia non è meno sbalorditiva. Il convegno di Udine, il 6 luglio, delude infatti le aspettative di quanti contavano di farne la cassa di risonanza per premere sul Senato dove – secondo i fautori della legge – si starebbe cedendo alla presunta tattica dilatoria di chi una legge pensa non sia tra le priorità sanitarie del Paese. Il sondaggio nazionale sui comportamenti di fine vita tra i medici italiani, allestito con grande cura dalla Federazione perché ne esca confortata la teoria del “vuoto normativo” da riempire con un dispositivo che metta un argine all’ipotizzato fenomeno dell’eutanasia “si fa ma non si dice”, è una delusione: dei 15 mila medici raggiunti dal sondaggio rispondono solo in 2.674, poco più del 18%. Di questo già striminzito campione (che autorizzerebbe qualsiasi sondaggista a lasciar perdere) lo 0,7% dice di aver praticato eutanasia attiva o suicidio assistito. Crolla così il teorema dell’eutanasia clandestina cui solo una legge sul testamento biologico approvata con urgenza avrebbe potuto porre un freno. E anche sulle direttive anticipate di volontà la domanda ambigua del sondaggio, cui risponde positivamente il 55% del campione, non sgombra il campo dall’idea che i medici abbiano inteso dire che a un certo punto è normale gettare la spugna in caso di paziente “incapace”. L’Ordine di Udine fa sapere che questi medici in realtà chiederebbero una legge, ipotesi fantasiosa ma ovviamente subito sposata dalla stampa, con le consuete eccezioni, mentre passa pressoché inosservato il decisivo dato del 68% dei medici (quei pochi che hanno ritenuto il test meritevole di risposta, s’intende) secondo i quali “una sufficiente disponibilità di cure palliative di alta qualità previene quasi tutte le richieste di eutanasia e di suicidio assistito”. E’ il dato più alto della ricerca, ma non ci si sforza di leggere il messaggio che se ne può ricavare. Conta solo spingere la legge, e poco importa se i medici non la chiedono, confermando di voler stare dalla parte dei loro pazienti e di non sentirsi esecutori testamentari di nessuno.
Perché guardare in faccia una realtà che mette in discussione il proprio convincimento ostinato e aprioristico? Meglio tirar dritto. Anche a costo di scivolare su una censura da totalitarismo informativo. Accade il 9 luglio, quando il Consiglio nazionale della Federazione – non senza dibattito interno – diffonde un documento nel quale conferma che è il Codice deontologico a far legge, e non chiede alcun intervento normativo sulle direttive anticipate, elencando anzi una serie di condizioni stringenti “qualora il legislatore decidesse di intervenire”. La notizia è di tutto rispetto, cambiando radicalmente lo scenario, ma nessuna agenzia e nessun giornale la riprendono (Avvenire e Foglio a parte). Solo la politicizzazione del dibattito, il giorno dopo, obbliga un paio di quotidiani a dedicare al polverone di dichiarazioni uno smilzo colonnino.
Intanto l’Ordine di Milano, tenacemente, diffonde un nuovo testo nel quale ribadisce la centralità dell’alleanza terapeutica. Ma nessuno lo leggerà mai sui quotidiani bio-ideologici: come dubitarne? (Francesco Ognibene)
E’ Claudio Bisio, deejay radiofonico, a cucire insieme i Capitoli successivi del Manuale d’amore 2 diretto da Giovanni Veronesi. La sua voce on the air ci accompagna attraverso l’Eros del paraplegico Riccardo Scamarcio e della fisioterapista Monica Bellucci; La maternità assistita, in Spagna, di Barbora Bobulova e Fabio Volo; Il matrimonio, sempre in Spagna, della coppia gay Sergio Rubini e Antonio Albanese e, infine, l’Amore estremo del cinquantenne padre di famiglia Carlo Verdone per la giovane Elsa Pataky.
Reduci dal successo del primo Manuale, il produttore Aurelio De Laurentiis e il regista Veronesi ritentano la scommessa, forti di un cast sulla carta superiore al precedente. Ma il risultato è di gran lunga inferiore: i 120’ di durata sono ahimè nettamente avvertiti dallo spettatore; le pause e le secche della sceneggiatura – meno solida e calibrata del precedente – lapalissiane; l’episodio La maternità fuori fuoco; il divertimento poco assicurato. Se la via del sequel è generalmente irta di ostacoli, qui si ha l’impressione che non sia stato fatto molto per evitarli.
"A differenza del precedente, questo Manuale d’amore 2 si poteva fare soltanto oggi: gli episodi sulla fecondazione assistita e sul matrimonio gay sono calati nello nostra attualità sociale". Così Veronesi presentava il film, “spiegando”: "Per la prima volta mi sono cimentato con qualcosa di cui non sapevo quasi nulla, la fecondazione assistita e il matrimonio gay, mi sono documentato e ho voluto raccontarlo alla gente, con delicatezza e sensibilità. Siamo in un Paese in cui si vive bene se si sa aspettare, ma anche qui arriveremo al matrimonio gay". E ancora, Verdone: “Non è una novità la passione tra un cinquantenne e una giovane: ho visto tanti coetanei che hanno fatto il botto con le ventenni e sono finiti all’ospedale". Per Fabio Volo, protagonista de La maternità, "il mio personaggio cerca solo di governare gli sbalzi d’umore della moglie, ma personalmente divento malinconico quando sento parlare di moglie e marito…", mentre di “grande divertimento, interpretazione leggera di un non problema, una storia d’amore qualunque" parlava Antonio Albanese, (promesso) sposo di Rubini ne Il matrimonio.
Che dire? Dichiarazioni pseudo-sociologiche a tradurre il sociologismo d’accatto di cui questi Capitoli successivi sono intrisi. Anzi, “capitoli succedanei”: si vorrebbe – lo si dichiara testualmente – illustrare l’amore, ma questo rimane nel fuoricampo, e solo raramente quello interno. E non servono gli sguardi in camera di Volo e Bobulova a “riprenderlo”: espediente drammaturgico che vorrebbe palesare l’urgenza del dialogo con il pubblico, ma che in realtà riflette, specchietto delle allodole, l’asfissia del disegno di Veronesi & c. Che può vantare – e legittimamente compiacersene – lo straordinario successo al botteghino di questo sequel, ma non fa distogliere lo sguardo – almeno uno minimamente critico – dall’esilità poetica e dall’inconsistenza “teorica” del suo Manuale. Rieditato in chiave moderna – il nuovo che avanza nella società italiana – rispetto al primo capitolo, ma costretto (?) a dibattersi tra volgarità di esiti e nobiltà (?) d’intenti.
Fecondazione assistita e matrimonio gay rimangono nel migliore dei casi (il secondo) semplice proposizione, mancando in pieno la riflessione: tesi buttata “in caciara” e non sintesi meditata e dialettica. Si forza ad hoc il già bolso canovaccio della neocommedia all’italiana per sfornare una commedia che strizza l’occhio all’enciclopedia sociale dello spettatore, a cui vorrebbe vendere nuovi Capitoli. Andati a ruba, ma sottocosto sotto tutti i profili che non siano quello commerciale. (Federico Pontiggia)
PS: Veronesi ha in cantiere altri tre Manuali con la Filmauro: "Il terzo capitolo inquadrerà il rapporto genitori e figli, ma la somma dei cinque film sarà il vero Manuale d’amore". E’ lecito, se non consigliabile, prepararsi al peggio…
13 – 15 luglio 2007: III° Laboratorio Sublacense
La laicità del matrimonio
Subiaco
17 luglio 2007: CONFERENZA STAMPA DELL’ASSOCIAZIONE SCIENZA & VITA
"Revisione della Legge 40. Tentazione da respingere"
Martedì 17 luglio a Roma, alle 11.30 presso la sede dell’Associazione
(Lungotevere dei Vallati n. 10 – Roma)
23 Luglio 2007 – dalle 21:00 alle 22:00
La famiglia naturale sotto attacco
Pontremoli (MS) – Teatro La Rosa
13 – 15 luglio 2007: III° Laboratorio Sublacense
La laicità del matrimonio
Subiaco
17 luglio 2007: CONFERENZA STAMPA DELL’ASSOCIAZIONE SCIENZA & VITA
"Revisione della Legge 40. Tentazione da respingere"
Martedì 17 luglio a Roma, alle 11.30 presso la sede dell’Associazione
(Lungotevere dei Vallati n. 10 – Roma)
23 Luglio 2007 – dalle 21:00 alle 22:00
La famiglia naturale sotto attacco
Pontremoli (MS) – Teatro La Rosa