
La letteratura medica, nell’ambito dell’assistenza alla persona nella malattia inguaribile, ha individuato la dignità come un importante fattore di cura. La malattia e la dipendenza da altri possono, infatti, condizionare la percezione del paziente riguardo al proprio senso di dignità e alla capacità di sentirsi meritevoli di stima e di considerazione. La Terapia della Dignità (DT) è un intervento psico-sociale innovativo, in grado di promuove il benessere psicologico e spirituale del paziente, del caregiver.
Il dottor Harvey Max Chochinov, partendo dall’osservazione dei pazienti con malattia oncologica e dalla medicina palliativa, ha introdotto uno strumento, il Patient Dignity Inventory (PDI), ideato per misurare il distress correlato alla dignità nella fase finale della vita. Il PDI viene utilizzato come strumento per valutare i fattori che sono ritenuti in grado di influenzare il senso della dignità, come il livello di dipendenza (fisica e cognitiva) e di sofferenza (fisica e psicologica). Con la somministrazione di una serie di domande, attraverso il sostegno del terapeuta, si tenta di ricostruire la storia della persona, ponendo attenzione sulle scelte, sui valori e sui bisogni del paziente e sugli eventi importanti che hanno segnato la vita, di cui si vuole lasciare traccia. La persona è, così, guidata nella creazione di un documento generativo, una sorta di testamento spirituale per familiari e amici, che consente di trasmettere una significativa testimonianza per il futuro.
Negli ultimi anni la terapia della dignità ha dimostrato di poter rispondere ai complessi bisogni psicologici ed esistenziali della persona alla fine della vita e del caregiver, migliorando la qualità della vita ma anche aiutando il paziente a riflettere sui valori e sulle esperienze che hanno segnato la sua vita, promuovendo, così, la ricerca di senso e di significato. Gli studi più recenti hanno dimostrato che questa terapia ha un impatto significativo sui pazienti dal momento che può alleviare i sentimenti di disperazione e di perdita di senso, donando al tempo stesso speranza.
Un recente studio dal titolo “Effects of Dignity Therapy for Palliative Care Patients and Family Caregivers: A Systematic Review”, mostra tutti i benefici della DT sul paziente, ma anche sui familiari. Il caregiver sperimenta spesso tensione emotiva e angoscia, per il senso di responsabilità e la consapevolezza della imminente perdita della persona cara. La ricerca ha posto in evidenza che la DT può fornire un supporto emotivo significativo ai caregiver, favorendo una comunicazione aperta. La terapia promuove, infatti, il dialogo e aiuta a rendere più autentica e profonda la relazione umana. La comunicazione è, già essa stessa, tempo di cura: dalla stessa dipende la cura compassionevole e solidale, in una prospettiva olistica dell’assistenza alla fine della vita. La ricerca ha incluso la revisione di otto studi, svolti dal 2005 al 2024, sulla valutazione degli effetti della DT su pazienti che ricevono cure palliative e sul caregiver, includendo un totale di 1.040 partecipanti.
La DT è specificamente progettata per fornire supporto emotivo e spirituale al paziente: tra gli effetti positivi, in tale ambito, si rileva la promozione della speranza, del benessere psicologico e spirituale, della riduzione dei sintomi di ansia, depressione e disagio esistenziale, ma anche della coesione familiare. Nello studio si ricorda, però, che l’utilizzo della DT non è ancora molto diffuso, nonostante siano stati già provati i benefici. Oggi mancano, in particolare, ricerche sull’implementazione della DT, sulle variazioni di efficacia basate sui dati demografici dei pazienti e sul contesto specifico delle cure palliative.
Nell’articolo si suggerisce di integrare la DT con un approccio terapeutico personalizzato, in grado di considerare gli specifici bisogni di cura e gli stati psicologici ed emotivi del paziente, ma anche con la terapia cognitivo-comportamentale, per offrire un sostegno per la gestione di sintomi psicologici complessi. Si consiglia, inoltre, di considerare attentamente il fattore temporale: l’efficacia della DT è influenzata, infatti, in modo significativo dalla sua tempistica e dal contesto (ad es. è da considerare lo stadio della malattia e l’impegno richiesto al paziente nella terapia). Per migliorare la coerenza e la qualità della DT è importante, inoltre, migliorare la formazione degli operatori sanitari, per promuovere l’efficacia complessiva della terapia. La ricerca futura dovrebbe, infine, indagare gli effetti a lungo termine della DT sia sui pazienti sia sul caregiver e promuovere il coinvolgimento del paziente e del caregiver, incoraggiando la partecipazione attiva nel “plasmare” la terapia in base ai bisogni.
La comunicazione in medicina dovrebbe rappresentare il mezzo per stabilire un rapporto interumano che esalta la dignità dell’essere umano, aprendo la strada a percorsi di cura, anche quando non è possibile la guarigione: la via del dialogo si basa sul riconoscimento e sull’accoglienza del paziente nella sua dignità, nella sua storia unica, da valorizzare. Tale riconoscimento della dignità si sostanzia nella custodita dei sentimenti, dei desideri e dei bisogni della persona, anche di quelli non espressi. La prima cura nella malattia è, allora, la vicinanza: il prendersi cura dell’altro a partire dalle relazioni. Tale manifestazione di vicinanza dovrebbe permeare ogni gesto di cura: ogni azione di cura della fragilità umana è sempre una comunicazione del riconoscimento del valore, inestimabile, dell’altro.
Ogni ambito della medicina dovrebbe riscoprire la dignità umana come fondamento e fine della cura, in una dimensione olistica, in grado di offrire vicinanza, senso e speranza al paziente e al caregiver.
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ultimo aggiornamento il 11 Febbraio 2025