Ammonire i peccatori Alberto Gambino

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“Sono forse io il custode di mio fratello?” Queste sono le parole che pronuncia Caino allorquando, dopo aver ucciso Abele, risponde al Signore che gli chiede dove si trovi il fratello. Sono parole che segnalano un’indifferenza, una distanza, la scelta di non volersi fare carico della sorte del proprio fratello. Eppure la responsabilità verso la vita degli altri, il loro cambiamento (“ammonire i peccatori”, appunto) può divenire strumento della Provvidenza per cambiare la storia e gli scenari di vita dell’uomo perduto e fargli assaporare l’amore di un Dio che è veramente Padre ed è pronto, come nella parabola del Figliol Prodigo, ad accoglierlo con amore incondizionato e a donargli una nuova opportunità. Ma l’opera di redenzione di Dio ha bisogno anche dell’amore dei fratelli del figliol prodigo che siano disposti a creare un comunità educativa che lo accompagni nel difficile processo di espiazione e riabilitazione. Quando ciò non accade la giustizia non è realizzata in senso integrale ed il rischio che un ammonimento fallito nella funzione rieducativa divenga una pena “diseducativa”, che paradossalmente accentua, invece di contrastare, il peccato, l’errore della persona a discapito della società. Come sempre nel messaggio evangelico, l’unico fattore capace di trasformare – stabilmente e nel profondo – l’esistenza è l’amore. Solo un richiamo permeato da questa carità è capace di un salto di qualità che lo faccia divenire vera “ammonizione” utile a tutti: al peccatore ed alla società. L’ammonimento come parola di amore da cui sgorga una comunità educativa.
In tanti penseranno: belle parole di un’agenda dei sogni disancorata da una quotidianità molto diversa e ben più dura.
La Chiesa è demandata ad offrire al mondo, con linguaggio profetico, la bellezza dell’uomo nuovo che non si rassegna al male ma vince il male col bene. “Vince in bono malum”, il motto Paolino è stato lungo i secoli l’esempio rivoluzionario dei Santi: trasformare i luoghi più bui della storia dell’uomo in orizzonti illuminati dalla Speranza e dall’Amore. E proprio questo manca alla nostra società sempre più ripiegata su se stessa: non solo non riuscire a distinguere il bene dal male ma, ancor peggio, non riuscire più neppure a sognarlo e desiderarlo.
Papa Francesco ha accelerato la portata misericordiosa dell’ammonimento nella consapevolezza dell’urgenza per la Chiesa non solo di essere, ma anche di apparire annunciatrice credibile del messaggio evangelico. Papa Francesco avverte e segnala la necessità impellente che la Chiesa, madre e maestra, sia «luce e sale» di un mondo «affaticato e oppresso», testimone autentica della bellezza e della gioia dell’incontro con Cristo Risorto e compagna fedele dei poveri, degli emarginati e degli ultimi della terra. Ma per fare ciò, per avere la credibilità d’illuminare la coscienza troppe volte sopita dell’uomo moderno, la Chiesa e i credenti non devono poter essere accusati di fare sconti a se stessi. Indicare «la via, la verità e la vita» all’uomo che cade e stenta a rialzarsi, deve seguire il comportamento di chi vuole, anzi deve “ammonire” i peccatori rafforzando la propria e accendendo l’altrui conversione, con prassi, costumi e stili di vita in grado di dimostrare che è possibile non rassegnarsi alla banalità e mediocrità esistenziale. Rosario Livatino ha scritto che al termine della vita non ci sarà chiesto quanto siamo stati credenti bensì quanto siamo stati credibili. Il Papa ci invita tutti a essere credibili sapendo che ciò sarà possibile solo se saremo stati prima autenticamente credenti.

Alberto Gambino
Professore ordinario di Diritto privato, docente di Filosofia del diritto nella Facoltà di Giurisprudenza, Direttore del Dipartimento di Scienze Umane, Università Europea di Roma
Consigliere nazionale S&V

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