S&V FOCUS | LA MORTE NATURALE: UN CONCETTO DA ELIMINARE ? GLI APPROFONDIMENTI DI SCIENZA & VITA | DI FRANCESCA PIERGENTILI

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L’uomo da sempre si interroga sull’inizio della vita umana come anche della sua fine. La filosofia, la teologica, la medicina, ma non solo, tentano da secoli di definire, in particolare, il concetto di “morte naturale” per meglio comprendere il “limite” umano.

Oggi, tuttavia, si assiste a un diverso atteggiamento nei confronti della morte e della sofferenza umana: da un lato si tenta di eliminare la morte (e la ricerca del senso) dalla cultura e dal dibattito generale, escludendola dai criteri valutativi della vita quotidiana, dall’altro si vorrebbe “controllare” il momento finale della vita umana, anticipando anche la morte nel tentativo di limitare o eliminare la sofferenza. Tali atteggiamenti, tra loro collegati in radice dalla difficoltà di dare senso al limite, rappresentano le due facce di una stessa medaglia: la rivendicazione dell’indipendenza e della facoltà di disporre totalmente della propria vita e della morte.

La morte, come anche la malattia e ogni forma di sofferenza, sono, così, da scartare e da evitare, con la conseguenza che l’uomo si trova spesso impreparato al momento del fine vita, proprio e dei cari.

L’invecchiamento della popolazione, come anche l’aumento di malattie invalidanti e croniche, dovrebbe, invero, spingere una riflessione seria sul morire, anziché tentare di rimuovere la morte dalla coscienza collettiva.

Oggi la tematica è strettamente connessa con lo sviluppo della medica e del progresso della tecnica che consentono quasi di “controllare” la morte: quest’ultima non viene piu tanto considerata un evento naturale quanto piuttosto un avvenimento pianificato e controllato. Alla medicina non è richiesto soltanto un intervento per garantire il benessere fisico, psichico e sociale della persona ma anche che sia data una morte rapida e indolore: si parla a proposito di morte “degna”.

Gli sviluppi della scienza medica e della tecnologia rendono difficile definire in alcuni casi il confine tra la vita e la morte: le tecniche di rianimazione, per esempio, permettono di tenere in vita il paziente anche in condizioni estremamente compromesse, senza poter far riprendere le funzioni vitali.

A ciò si aggiunge il fatto che il luogo della morte un tempo era la casa, luogo di cura e di affetto, con la famiglia vicina al paziente alla fine della vita. Oggi, invece, la degenza della malattia e la fase terminale si vive fuori dal contesto di cura familiare e, cioè, nell’ambiente ospedaliero ed è, così, “gestita” dal personale medico dell’ospedale.

Questa sorta di “istituzionalizzazione” e “ospedalizzazione” del fine vita ha importanti e dirette conseguenze sulla percezione della morte, che perde la dimensione sociale e familiare.

Un recente articolo pubblicato sulla rivista Cuadernos de Bioética ha di recente ricostruito e studiato il concetto di morte naturale, mettendo in rilievo che mentre nel ventesimo secolo il concetto è stato al centro del dibattito tra operatori sanitari e bioeticisti, nel ventunesimo secolo sembra quasi essere messo in discussione.

Per l’autrice la “naturalezza” della morte sarebbe dovuta essere una sorta di confine etico di fronte a qualsiasi forma di violenza, di ingiustizia o di eccessiva tecnicizzazione. Il concetto di morte naturale avrebbe svolto un ruolo importante anche in ambito legale per distinguere le morti violente o quelle provocate da quella “naturale” appunto.

Oggi, invece, si assiste a una forte confusione: la medicalizzazione della società sembra colpire anche il concetto di morte naturale. Anche nell’articolo si mette in risalto il fatto che la morte oggi si vive in un contesto innaturale come quello ospedaliero e che si fa difficoltà, anche in ambito legale, a escludere un qualsiasi tipo di intervento umano, anche involontario, nella morte della persona.

Sulla base di tali premesse viene offerta una proposta di ridefinizione di “morte naturale”.

Il principale problema che si riscontra oggi nel definire la morte sembra essere proprio il riferimento alla “naturalezza” che la qualifica: una naturalezza ormai offuscata dalla medicina tecnicizzata, dalle preminenza data all’autonomia della persona e dalla complessità della società attuale.

Nell’articolo si sottolinea, però, che indipendentemente dai profondi cambiamenti tecnico-scientifici,

sociali e culturali del nostro tempo, è da riscoprire il senso originario del concetto di morte naturale. Non è, infatti, possibile eliminare la morte dalla vita dell’uomo, in quanto insita nella natura umana: è necessario, invece, interrogarsi sul senso, per rendere anche più umano il momento finale della vita.

Anche rispetto alle conseguenze dello sviluppo della scienza medica e della tecnologia, oggi, più che mai, vi è la necessita, anche etica, di riscoprire la morte come parte ineludibile della vita. Solo da questo dato è possibile, inoltre, riscoprire anche il valore della cura nel fine vita.

L’accompagnamento del malato nella fase finale della vita è, infatti, uno dei compiti più delicati ma anche più importanti affidati alla medicina ma anche all’intera società umana, se vuole rimanere tale.

 

Per approfondire:

Massé García MC. El concepto de muerte natural hoy, entre la futilidad y la necesidad ética. Un concepto para el siglo XXI [The concept of natural death today, between futility and ethical necessity. A concept for the 21st century]. Cuad Bioet. 2022 Sep-Dec;33(109):293-302. Spanish.

 

 

 

 

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