“Nel pieno del dibattito sulle unioni civili e il nodo della stepchild adoption che, di fatto, avalla l’utero in affitto, stridono oltremisura le affermazioni di Umberto Veronesi sul settimanale Oggi. Sostenere che nella maternità surrogata non vi sia ‘nulla di deprecabile’ e che, anzi, sia ‘un’occasione per le donne non abbienti di migliorare il proprio tenore di vita’ risulta davvero inconcepibile in bocca a un medico che ha dedicato la sua professione a salvare la vita delle donne e, grazie a tecniche innovative, a rispettare il più possibile la loro femminilità”, commenta Paola Ricci Sindoni, presidente nazionale dell’Associazione Scienza & Vita.
“Rileviamo con amarezza non solo l’ennesima prova della sua antiumanistica impostazione morale, che già avevamo avuto modo di conoscere, ma anche la sua vecchia concezione epistemologica. Le sue osservazioni infatti – con il paragonare l’utero ai muscoli di un minatore – sono l’espressione di una medicina organicistica di fine ‘800 e primi del ‘900 secondo cui il corpo umano è solo unasommadi organi che vanno fatti funzionare singolarmente, indipendentemente da una visione d’insieme. È noto come invece sia ormai assodata una visione olistica del corpo umano che ‘vive’ grazie ad un’interazione di tutti gli organi, coordinati dall’organo-guida, il cervello, e il cui equilibrio d’insieme rappresenta il ‘vivente’ e la sua personalità”.
“In una manciata di righe Veronesi riesce nell’impresa di giustificare persino la schiavitù attraverso il modello utilitarista che prospera sotto l’egida del ‘se si può pagare per farlo, allora si può fare’, e, allo stesso tempo, a smentire la sua opera di medico attento alla salute e alla dignità delle donne. Con queste dichiarazioni, più che un ‘umanista’ rappresenta una concezione della scienza ormai desueta e del tutto superata”.