
Gli “organoidi” sono aggregati di cellule dalla conformazione tridimensionale creati in laboratorio a partire da cellule staminali, che emulano gli organi o i tessuti umani in dimensioni ridotte. In altre parole, sono colture tridimensionali di cellule staminali che replicano la struttura e le funzioni degli organi. Ma quali sono nuove le sfide etiche legate alla pluralità dei diversi modelli di organoidi ?
Lo sviluppo delle tecniche di manipolazione delle cellule staminali e di tecnologie di ultima generazione, come la stampa 3D, hanno consentito la realizzazione dei diversi modelli di organi umani (tra i quali fegato, intestino, reni, pancreas, cuore, ovaio, retina, pelle e anche cervello), che oggi rappresentano una delle nuove frontiere per lo studio della biologia dello sviluppo e nel campo della bioingegneria. La struttura tridimensionale risulta essere meno complessa dell’organo reale ma più rappresentativa rispetto alle colture tradizionali di cellule in due dimensioni.
I ricercatori, già a partire dagli anni ’80 del secolo scorso, hanno iniziato a riprodurre in laboratorio gli organi umani; solamente in tempi più recenti, però, la ricerca ha ottenuto risultati promettenti. L’organoide, viene utilizzato, ad esempio, nella ricerca oncologica e farmacologia, per la scoperta di nuove terapie. Nell’emergenza pandemica sono stati, invece, utilizzati per lo studio del coronavirus Sars-Cov-2, per svolgere test preliminari su potenziali farmaci, ma anche per studiare l’effetto del virus su specifici organi. In futuro i mini-organi potrebbero essere utilizzati come strutture di partenza per la rigenerazione di un organo danneggiato o, addirittura, come fonte alternativa di organi da destinare ai trapianti. Gli organoidi potrebbero anche essere una alternativa alle sperimentazioni sugli animali. Per la creazione dell’organoide si possono utilizzare cellule prelevate direttamente dal paziente, permettendo di personalizzare i trattamenti e le terapie in base alle esigenze specifiche dei soggetti.
Le problematiche etiche più rilevanti riguardano però l’uso di cellule staminali embrionali
Per la crescita dell’organoide è necessario, infatti, partire da cellule staminali: cellule staminali embrionali totipotenti, che possono differenziarsi in tutti i tipi di tessuto, oppure le cellule adulte mesenchimali, già differenziate ma indotte a tornare alla fase staminale.
Un articolo dal titolo Organoid Ethical Typology: varieties of three-dimensional stem cell constructs and the many issues they raise in bioethics, si interroga proprio su questo aspetto. Secondo gli autori, se la ricerca sugli organoidi è un’espansione della ricerca sulle cellule staminali, allora l’etica degli organoidi dovrebbe essere considerata come un’espansione dell’etica della ricerca sulle cellule staminali. Poiché gli organoidi sono prodotti da cellule staminali (anche se le cellule staminali potrebbero non essere più presenti negli organoidi, poiché si sarebbero differenziate), dovrebbe essere considerato un requisito minimo per lo sviluppo etico degli organoidi il rispetto dei principi etici legati all’approvvigionamento delle cellule e alla conduzione responsabile della ricerca sulle cellule staminali.
L’approvvigionamento di cellule staminali solleva questioni diverse a seconda della fonte delle cellule e del tipo di biomateriale utilizzato. La problematica riguarda, in particolare, l’uso di embrioni in eccesso di fecondazione in vitro a fini di ricerca. Oggi si discute, inoltre, della raccolta tramite donazione di ovociti, con nuovi pericoli di sfruttamento commerciale del corpo umano.
Le diverse tipologie di Organoidi
Nell’articolo si afferma che gli organoidi non sono un’entità omogenea, ma presentano differenti proprietà che richiedono un’analisi specifica, multidisciplinare e differenziata dal punto di vista etico.
Nel testo vengono distinti vari “tipi” di organoidi in base alle loro proprietà emergenti e alle implicazioni etiche specifiche.
In particolare, si distinguono: gli organoidi “classici”, e cioè strutture tridimensionali derivate da cellule staminali che replicano, in scala ridotta, l’architettura e le funzionalità di organi specifici (ad esempio, organoidi intestinali, epatici, renali o cerebrali).
I “tumoroidi”, creati a partire da campioni tumorali (ad es. da biopsie) utilizzati per comprendere la patogenesi e per testare l’efficacia di terapie personalizzate; gli organoidi cerebrali, modelli che riproducono aspetti della struttura e funzione del cervello, i quali sollevano particolari preoccupazioni etiche, con il rischio che possano sviluppare forme di attività cosciente.
Gli organi bioartificiali, e cioè organoidi destinati, in futuro, a fungere da sostituti per il trapianto, con il potenziale di fornire “mini-organi” funzionali per la medicina rigenerativa; gli organoidi delle gonadi, modelli degli organi della riproduzione, e gli embrioidi.
Le sfide etiche che riguardano i diversi modelli di organoidi
Questa tipologia “a rami” evidenzia come, andando dal generale (le proprietà comuni di tutte le colture tridimensionali) alle specificità di ciascun modello, emergano sfide etiche differenti a seconda del tipo di organoide e del contesto applicativo.
Una delle problematiche generali riguarda il consenso informato e la privacy: è fondamentale garantire che i donatori abbiano compreso come verranno utilizzate le loro cellule e che la loro identità e i dati sensibili siano protetti. Inoltre, vi è il rischio che le cellule donate diventino merce di scambio commerciale.
Le sfide etiche che coinvolgono tutte le tipologie di organoidi riguardano il rispetto della dignità dell’essere umano, i rischi di commercializzazione degli stessi, la conservazione presso biobanche. Si ricorda, inoltre, che anche se l’organoide è creato per riprodurre l’organo umano reale, manca, in ogni caso, tutto il resto dell’organismo, nel quale l’organo umano è inserito.
Per i tumoroidi, si rappresenta il rischio specifico collegato alla violazione dell’uguaglianza: la commercializzazione di terapie basate su questi modelli e personalizzate potrebbe limitare l’accesso ai trattamenti solo a pochi.
Per gli organoidi cerebrali si sottolinea, invece, il pericolo di un possibile sviluppo di coscienza o sensibilità e, pertanto, si presentano domande sul loro status morale e sui limiti sperimentali. Vi è, inoltre, il rischio dell’umanizzazione degli animali: gli organoidi umani (spesso cerebrali) potrebbero essere trapiantati in animali. La combinazione di tessuto umano e animale può complicare l’identificazione dei diritti e delle protezioni da applicare.
Per gli organi bioartificiali (destinati al trapianto), il passaggio dalla sperimentazione preclinica a quella clinica richiederebbe una rigorosa valutazione dei rischi per il paziente, inclusi possibili effetti imprevisti dopo il trapianto. Potrebbero emergere disparità nell’accesso a queste tecnologie, creando iniquità se solo determinate fasce di popolazione potessero beneficiarne.
Per quanto riguarda gli organoidi delle gonadi, lo scopo primario della ricerca di base è la comprensione dell’infertilità e dei suoi meccanismi. Essi sollevano la questione del loro uso per la riproduzione e del loro potenziale impatto sul futuro dell’umanità. L’uso di organoidi per la riproduzione equivarrebbe a un cambiamento nel loro status, da modelli a componenti reali della vita. Tale cambiamento dovrebbe essere valutato attentamente, in termini di sicurezza della procedura, ma soprattutto per le conseguenze future sull’umanità. In questo senso, si unisce alle preoccupazioni sollevate dai modelli di embrioni basati su cellule staminali se trasformati in qualcosa di simile agli embrioni sintetici.
A preoccupare è, in tale prospettiva, il possibile futuro uso di cd. “embrioidi” umani, come alternativa all’uso di embrioni umani per lo studio delle prime fasi dello sviluppo umano, dallo status morale incerto. Si tratta di una questione urgente per i ricercatori di laboratorio e i legislatori di oggi. Nell’articolo si riporta che i modelli embrionali, non essendo embrioni fecondati, non avrebbero tutela dalle leggi che regolano la ricerca sugli embrioni. Tuttavia, con il miglioramento della tecnologia, i confini tra i modelli e gli embrioni reali si confonderanno.
Se potessimo creare embrioni da cellule staminali, quali sarebbero le conseguenze per l’umanità? Basterebbe come il limite il divieto della clonazione e l’attuale divieto di editing ereditario del genoma per evitare la creazione di tali embrioni “sintetici”? Il rischio, generale in questo caso, è legato anche agli usi degli organoidi: gli organoidi potrebbero essere usati per finalità diverse da quelle prospettate, non benefiche.
Il faro della dignità umana
Questi rischi etici evidenziano la necessità di un approccio prudenziale nella ricerca, nel rispetto della dignità del corpo umano, anche dell’embrione. Rimane, in ogni caso, un principio generale, comune a tutti i modelli, il rispetto della dignità umana. Anche per tale motivo, quando sono utilizzati embrioni per la “raccolta” di cellule staminali da utilizzare per la creazione in vitro dell’organoide, è eticamente inaccettabile l’utilizzo che comporta la manipolazione e/o la distruzione dell’embrione umano.
Per approfondire:
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ultimo aggiornamento il 4 Aprile 2025