FINE VITA | IMPORTANTI CONSIDERAZIONI SUL VALORE DELLA VITA EMERGONO DALL’ESPERIENZA DEGLI STATI CHE CONSENTONO PRATICHE EUTANASICHE GLI APPROFONDIMENTI DI SCIENZA & VITA | FRANCESCA PIERGENTILI

facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail

In attesa del deposito da parte della Corte costituzionale della pronuncia sull’inammissibilità del referendum abrogativo dell’art. 579 c.p. che punisce l’omicidio del consenziente e con la ripresa dei lavori alla Camera sul Testo unificato delle proposte di legge in materia di c.d. “morte volontaria medicalmente assistita”, il tema del fine vita è al centro del dibattito attuale.

Alcuni recenti studi pubblicati su riviste scientifiche forniscono interessanti riflessioni utili al confronto su un tema così delicato.

Un articolo pubblicato sulla rivista Journal of Ethics in Mental Health, dal titolo «Euthanasia, Assisted Suicide, and Suicide Rates in Europe», riporta i risultati di una ricerca, condotta dal Prof. David Albert Jones (St. Mary’s University), direttore dell’Anscombe Bioethics Center, che contesterebbero la teoria secondo la quale la legalizzazione del suicidio assistito e/o dell’eutanasia porterebbe come diretta conseguenza alla riduzione del fenomeno suicidiario.  

Analizzando, infatti, i dati e le normative europee sul fine vita, esaminando gli Stati che hanno legalizzato suicido assistito o eutanasia (come Svizzera e Belgio) a confronto con Paesi che non hanno legittimato tali pratiche, è risultato che la scelta legislativa da parte dello Stato a favore della legalizzazione ha comportato non la diminuzione, ma “un aumento considerevole dei suicidi (compreso il suicidio assistito)”.

Tali conclusioni dimostrano che la scelta legislativa non è di per sé “neutrale”: lo Stato che consente al singolo di porre fine alla vita attraverso normative eutanasiche, sia pure per l’interruzione di una sofferenza, accetta il giudizio implicito che la vita, a determinate condizioni, può non essere protetta e non è portatrice di una dignità intrinseca. La legittimazione delle pratiche eutanasiche avrebbe, anche a livello culturale, un effetto più ampio di quello direttamente voluto, investendo di interrogativi la vita di tante persone malate, nella sofferenza e fragilità.

Lo studio “Report of the Lancet Commission on the Value of Death: bringing death back into life” si interroga, invece, sul valore della morte nella società contemporanea. Nell’articolo si afferma che nel mondo non è più riconosciuto il valore della morte, ma che riscoprire tale valore consentirebbe di migliorare la vita e il prendersi cura del fine vita. Si evidenzia, infatti, che la morte ricorda ad ogni uomo la propria fragilità e identità.

Per quanto riguarda il tema della c.d. “morte assistita”, nell’articolo si riporta il caso dell’Oregon, che dal 1997 ha legalizzato il suicidio assistito per coloro che ne fanno richiesta, con malattia terminale con prospettiva di vita inferiore ai 6 mesi. A gennaio 2021, il numero di persone che hanno ricevuto l’autorizzazione per l’uso del “farmaco” letale dal 1997 era di 2895 persone, mentre il numero di persone già decedute attraverso tale pratica era di 1905 persone. Si riporta, inoltre, che il numero dei decessi attraverso il suicidio assistito aumenta costantemente ogni anno: sono stati 245 nel 2020, mentre 191 nel 2019.

Nell’articolo, sul punto, si afferma che i paesi che pensano di introdurre una normativa in materia di suicidio assistito dovrebbero porsi preliminarmente alcune domande “sociali”, tra le quali: “quali sono i costi sociali della legalizzazione e non della legalizzazione?”; “la legalizzazione aumenta o diminuisce i tassi di suicidio?”; “quali sono i costi e benefici economici?”. Tali interrogativi sembrano, in realtà, molto lontani dalla sofferenza vissuta dalle persone nella malattia e nella vulnerabilità ed evidenziano come dietro a tante rivendicazioni di diritti si celino, in realtà, interessi di altra natura.

Nel Rapporto si evidenzia, ad ogni modo, l’importanza delle relazioni umane per la cura nel fine vita come anche della ricerca e dell’offerta di cure palliative e di terapie del dolore.

Ai Legislatori che si interrogano sull’introduzione del suicido assistito o dell’eutanasia si raccomanda nel Rapporto di studiare l’esperienza degli Stati in cui questa pratica è già stata introdotta (per l’eventuale decisione in merito a chi sarà consentito l’accesso, a chi autorizzerà la pratica, a chi fornirà il servizio, a come sarà regolamentato).

In realtà dall’esperienza degli Stati in cui tali pratiche sono consentite, emerge innanzitutto con chiarezza che a svilupparsi in essi è solamente una cultura della morte, contraria alla vita. Solamente lo sviluppo e il potenziamento della cultura della vita, nell’ottica della cura delle fragilità, può dare reale sollievo nella sofferenza e nella malattia.

Per approfondire

 

 

 

image_pdf
facebooktwitterredditpinterestlinkedinmail
Pubblicato in Attività & News, News & Press, Uncategorized