Obiezione di Coscienza in Sanità


L’obiezione di coscienza si dà quando un comportamento reso obbligatorio dalla legge civile è ritenuto gravemente immorale dalla persona che lo dovrebbe realizzare. L’obiettore intende omettere tale comportamento, e chiede che tale omissione gli sia consentita. L’obiezione di coscienza è ritenuta sempre più un diritto soggettivo della persona. Per alcuni autori sarebbe un diritto fondamentale e un’esigenza del bene comune. Se la persona ha il diritto di non essere costretta ad agire contro la propria coscienza, è proprio di una società giusta che non ci siano costrizioni di tale genere. L’obiezione di coscienza, intesa in senso rigoroso, non contesta la legge come tale, anche se implicitamente ne denuncia l’immoralità. Fino a qualche decennio fa l’attenzione degli studiosi era rivolta prevalentemente all’obiezione di coscienza riguardante il servizio militare e l’aborto chirurgico. La messa a punto di farmaci abortivi, lo sviluppo di ricerche biomediche e di tecniche di procreazione assistita che comportano la distruzione di embrioni umani, e la diffusione di pratiche di sterilizzazione e di eutanasia, talvolta legalizzate, hanno reso necessaria e urgente una considerazione più ampia dell’obiezione di coscienza sanitaria. La responsabilità morale degli operatori sanitari non si esaurisce nel porre l’obiezione di coscienza quando ciò diventa necessario. Essi hanno anche e soprattutto la responsabilità di dare il loro contributo affinché le proprie attività professionali siano regolate da leggi e regolamenti giusti. Questa esigenza si vede notevolmente rafforzata dal fatto che la vita democratica, per la sua stessa natura, richiede l’attiva partecipazione di tutti i cittadini alla formazione degli orientamenti politici, sociali e professionali e alle scelte legislative in cui essi si concretizzano.

ultimo aggiornamento il 9 Marzo 2022

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