S&V FOCUS | 6 novembre 2024

Dichiarazione di Helsinki: l’etica nella ricerca medica che coinvolge “partecipanti” e non più “soggetti” umani.

Gli approfondimenti di S&V | di Francesca Piergentili

Group of dedicated scientist conduct chemical experiments and research in medical lab as groundbreaking developing for vaccine drug or antibiotic. Pharmaceutical and biochemistry laboratory. Neoteric

Uno dei documenti più importanti in ambito bioetico è senza dubbio la Dichiarazione di Helsinki, adottata nel 1964 dall’Assemblea generale dell’Associazione Medica Mondiale (WMA), in tema di etica della ricerca medica che coinvolge soggetti umani.

Due anni fa la WMA, i cui membri costituenti rappresentano più di 10 milioni di medici in tutto il mondo, ha nominato un gruppo di lavoro per avviare un processo di revisione.

Poche settimane fa, a ottobre, nell’anno del 60° anniversario dalla sua adozione e nel corso della 75ma Assemblea generale, è stato approvato l’ultimo aggiornamento della Dichiarazione, che intende promuovere una maggiore trasparenza nelle sperimentazioni cliniche, un maggiore impegno per la correttezza e l’equità nella ricerca, riconoscendo i pazienti come partecipanti attivi al processo di ricerca.

Sebbene la Dichiarazione sia adottata da medici, i principi indicati sono rivolti a tutti i soggetti coinvolti nella ricerca medica (cfr. par. 2 del documento). La versione precedente affermava che la Dichiarazione si indirizzava principalmente ai medici; l’aggiornamento afferma ora che i principi dovrebbero essere sostenuti da tutti gli individui, dai team e dalle organizzazioni coinvolte nella ricerca medica, per il rispetto e per la protezione di tutti i soggetti coinvolti nella ricerca, sia i pazienti che i volontari sani.

Tra le novità più rilevanti si segnala la sostituzione nel testo del termine “soggetti” con “partecipanti”, con l’intento di porre l’accento sull’importanza della persona nelle attività di ricerca. Si prevede, inoltre, il coinvolgimento attivo della comunità: i partecipanti, insieme alle loro comunità, devono essere consultati prima dell’inizio della ricerca, ma anche durante e dopo la conclusione degli studi.

Per quanto riguarda il consenso informato, la nuova versione richiede il consenso libero e informato per la raccolta, l’elaborazione, la conservazione e l’uso secondario prevedibile di materiale e dati biologici. Si prevede che laddove il consenso sia impossibile da ottenere, la ricerca secondaria sui dati memorizzati o sul materiale biologico può essere effettuata solo dopo l’esame e l’approvazione di un comitato etico per la ricerca.

Si richiede, poi, sempre in tema di consenso informato, l’uso di un linguaggio centrato sui partecipanti: il potenziale partecipante deve essere adeguatamente informato in un linguaggio semplice su obiettivi, metodi e benefici previsti, su potenziali rischi e oneri, su qualifiche del ricercatore, su fonti di finanziamento ed eventuali conflitti di interesse, sulle disposizioni per proteggere la vita privata e la riservatezza, sugli incentivi per i partecipanti, su disposizioni per il trattamento e/o il risarcimento dei partecipanti danneggiati e su qualsiasi altro aspetto rilevante della ricerca (cfr. par. 26). A tutti i partecipanti alla ricerca dovrebbe essere data informazione sull’esito generale e sui risultati.

Il paragrafo 6 della Dichiarazione affronta il tema della giustizia distributiva e globale, invitando i ricercatori a considerare attentamente come vengono distribuiti i benefici, i rischi e gli oneri della ricerca.

L’aggiornamento dà particolare attenzione alla sostenibilità ambientale e alla progettazione rigorosa degli studi per evitare o minimizzare danni all’ambiente.  Si afferma, inoltre, che il rigore e l’integrità scientifica sono essenziali nella conduzione della ricerca medica che coinvolge partecipanti umani.

La WMA intende promuovere la protezione dei dati personali e biologici, in particolare dei dati sanitari: si afferma che devono essere prese tutte le precauzioni per proteggere la privacy dei partecipanti alla ricerca e la riservatezza delle loro informazioni personali.

Il paragrafo 9 ribadisce il dovere dei medici coinvolti nella ricerca medica di proteggere la vita, la salute, la dignità, l’integrità, l’autonomia, la privacy e la riservatezza delle informazioni personali dei partecipanti alla ricerca. Sono ritenuti responsabili i medici e gli altri ricercatori ma non i partecipanti alla ricerca, anche se hanno fornito il loro consenso.

Si afferma, al paragrafo 10, che i ricercatori devono considerare le norme e gli standard etici, legali e normativi per la ricerca nel luogo in cui la ricerca ha avuto origine o viene svolta.

La nuova versione promuove, infine, la garanzia di un’inclusione equa e responsabile dei soggetti più vulnerabili. Alcuni individui, gruppi e comunità si trovano in una situazione di maggiore vulnerabilità, che può essere fisica ma anche “dinamica” (cfr. par. 19), e possono essere a rischio di subire un torto o un danno. Per essere inclusi in modo equo nella ricerca, dovrebbero ricevere supporto e tutele specifiche. Si chiarisce, infine, che la ricerca medica con soggetti vulnerabili è giustificata solo se risponde alle esigenze di salute del soggetto e se esso può trarre beneficio dalle conoscenze, dalle pratiche o dagli interventi che ne derivano.

Dalla sua prima versione del 1964, la Dichiarazione continua a essere ancora oggi un punto di riferimento importante per la ricerca biomedica, attenta ai progressi ma anche ai nuovi possibili rischi che possono danneggiare l’essere umano e creare nuove disuguaglianze.

Di fronte ai continui progressi scientifici e alle nuove risorse tecnologiche e farmaceutiche, si afferma con nuovo vigore la necessità di evitare la creazione di nuove disuguaglianze anche nel campo dell’assistenza sanitaria e della ricerca clinica, scongiurando l’applicazione di criteri utilitaristici e di logiche meramente commerciali, non rispettose della dignità dell’essere umano.  

 

Per approfondire:

ultimo aggiornamento il 13 Febbraio 2025

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