D’AGOSTINO ALLE ASSOCIAZIONI DI SCIENZA & VITA: SE L’ABORTO NON SI FA MITO E LEGGENDA VUOL DIRE CHE E’ UNA CONTRADDIZIONE INSANABILE

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“Trent’anni dopo: dall’aborto all’eugenetica”. Questo il titolo del quarto incontro nazionale delle Associazioni locali di Scienza & Vita. Nella relazione introduttiva il prof. Francesco D’Agostino, filosofo del diritto, ha analizzato l’aborto come problema antropologico. “Pur essendo l’aborto una pratica universalmente conosciuta, ampiamente tollerata ma allo stesso tempo oggetto di deplorazione e riprovazione sociale, non è mai esistita un’adeguata elaborazione simbolica”. Cioè l’aborto non ha trovato in antropologia una trasposizione nei miti, nelle leggende, nei canti popolari e nelle rappresentazioni iconografiche, a dimostrazione che “nell’inconscio collettivo è insanabile la contraddizione tra la funzione generativa del sesso femminile e l’interruzione volontaria della gravidanza”. E dunque, se non c’è rappresentazione simbolica, si può ragionevolmente affermare che l’aborto resta un elemento di contraddizione e di ferita, sempre e comunque, nell’esperienza delle donne e degli uomini.
Le altre due relatrici, Assuntina Morresi e Nicoletta Tiliacos, hanno analizzato rispettivamente la tipicità del “caso italiano” e la presenza di un pesante “gap informativo”. Morresi ha evidenziato come “ l’Italia rispetto al fenomeno dell’aborto sia un’anomalia. Infatti, l’introduzione della legge non ha modificato la natalità, già in diminuzione dagli anni ’60. In trenta anni gli aborti sono diminuiti, così come le nascite, ma la contraccezione è al minimo, rispetto agli altri Paesi occidentali. Quindi non è la contraccezione a contrastare sostanzialmente l’aborto. La 194, pur legittimandolo, non ha avuto gli stessi effetti registrati in Francia e Gran Bretagna. L’anomalia italiana è la tenuta della famiglia e il permanere di una cultura cristiana diffusa, che hanno fatto da parziale argine al diffondersi di una mentalità abortiva”.
Tiliacos ha invece rimarcato come “affrontare il tema dell’aborto significa partire da un immenso non detto, non raccontato, di una storia non storia antica come il mondo. Parlando di aborto e disinformazione, dobbiamo, tutti riconoscere, umilmente, che la storia dell’aborto prima della sua legittimazione – vale per l’Italia ma non solo – va ancora del tutto scritta. C’è poi il tema della disinformazione che aiuta l’aborto. E’ il caso dell’uso della diagnosi prenatale che non va certo proibita, ma piuttosto accompagnata da informazione vera. E non da sensazionalismo”.

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Pubblicato in Comunicati Stampa