La Legge 38 celebra i 15 anni dall’entrata in vigore tra luci ed ombre: un convegno in occasione del Giubileo degli ammalati e del Mondo della Sanità
Eliminare il dolore o cercare di controllarlo con appropriate terapie farmacologiche, chirurgiche, strumentali, psicologiche e riabilitative, tra loro variamente integrate. Erano queste le parole che, esattamente 15 anni fa, davano fiducia a chi sopportava il peso di malattie penose e inguaribili. Erano, e sono ancora, parole nero su bianco nei 12 articoli della Legge 38 del 2010, “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore”, una norma giudicata, anche a livello internazionale, avanzata e lungimirante, ma che ha ancora dei passi da compiere perché l’esigibilità piena di quei diritti diventi realtà nella pratica quotidiana. Il bisogno di cure palliative è stato valutato, dal Comitato tecnico scientifico del ministero della Salute, in 335 persone su 100mila abitanti per l’adulto, e in 18 bambini su 100mila per le cure palliative pediatriche. Il documento Ocse, “Time for Better Care at the End of Life”, del 2023 segnalava come, in Italia, meno del 35% dei pazienti bisognosi di cure palliative e terapia del dolore nella fase terminale della vita avesse effettivamente accesso a tali cure.
Il tema risorse e formazione
«C’è un tema di risorse e di formazione dei medici, degli infermieri e degli altri professionisti sanitari coinvolti, c’è un ritardo sul tema pediatrico, ci sono troppi riconoscimenti tardivi del bisogno di cure palliative e restano delle falle nell’accreditamento delle reti locali e nel collegamento tra i diversi setting per una corretta presa in carico. Ma il gap più grande che si avverte è quello culturale, si confonde ancora troppo spesso il tema della cura del dolore con quello delle cure per il fine vita, come se si trattasse solo di malati terminali. Non è così, anzi, proprio la Legge 38 dice che queste cure dovrebbero essere precoci per alleviare la condizione dei pazienti e delle loro famiglie». A commentare il tema è la professoressa Francesca Piergentili, costituzionalista dell’Università Europea di Roma, che fa da moderatrice al convegno “La speranza cura. Quale diritto nella malattia inguaribile?” organizzato il 4 aprile al Complesso Monumentale di Santo Spirito in Sassia a Roma in occasione del Giubileo degli ammalati e del Mondo della Sanità che viene celebrato in questo fine settimana a Roma con numerose iniziative.
I dati dalle regioni
L’obiettivo fissato al 31 dicembre 2028 è quello di garantire l’accesso alle cure del dolore al 90% della popolazione bisognosa. Il Governo ha incaricato Agenas di monitorare l’implementazione della Legge nelle Regioni e dei piani di potenziamento sul territorio da cui emerge che solo il 60% degli enti ha sviluppato pienamente le reti di assistenza previste. Anche nel report sull’attuazione del Dm 77 sulla sanità territoriale, appena pubblicato dall’agenzia per i servizi sanitari regionali, viene dato spazio alle cure palliative nella loro declinazione domiciliare. Dalla ricerca emergono notevoli differenze in quanto a copertura territoriale di questo servizio: Basilicata, Emilia-Romagna, Provincia Autonoma di Bolzano, Umbria, Valle d’Aosta e Veneto arrivano al 100%, mentre Sicilia con il 27%, Molise e Pa Trento con il 33% sono quelle più in ritardo. Ancora poche le equipe di pronta disponibilità: solo nel Lazio e in Valle d’Osta sono presenti in tutti i distretti. Infine, Agenas registra molta variabilità sui servizi di consulenza ospedale-territorio per una corretta presa in carico iniziale.
La tutela dei più piccoli
«Sono dati che fanno riflettere e segnalano l’esigenza di agire – continua Piergentili –. In particolare, c’è quello dei bambini che dice che in Italia sono 33mila i piccoli che necessitano di cure del dolore e solo il 25% riesce ad avere assistenza. Non riuscire a dare sollievo ai bambini compromette anche la vita delle famiglie che li assistono. Il tema non riguarda solo l’etica della cura, ma anche una gestione efficiente delle risorse sanitarie. Le analisi economiche dimostrano che investire in cure palliative permette di ridurre i costi sanitari evitando ospedalizzazioni inappropriate, limitando trattamenti invasivi non necessari e migliorando la qualità della vita dei pazienti». Fa eccezione il Lazio, dove è presente uno degli unici otto hospice pediatrici in Italia: il Centro di Cure Palliative Pediatriche dell’Ospedale Bambino Gesù di Passoscuro, attivo da marzo 2022, il più grande nel nostro Paese per l’ambito pediatrico tanto da accoglie anche pazienti anche da altre Regioni.
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ultimo aggiornamento il 8 Aprile 2025