Salto verso l’alto. Ritratto di Daniela Zanetta

In questi giorni qualcuno si è affrettato a definire Beppino Englaro un “eroe civile”. La battaglia che ha portato avanti in questi anni per consentire la morte della figlia Eluana, lo rendono un’icona ideale per le prime pagine dei giornali. Con il massimo rispetto possibile per il dolore di quest’uomo, troppo solo nel portare un fardello così gravoso, credo si possa affermare che i veri eroi siano altri. Gli “eroi civili” sono coloro che con dignità e silenzio, portano la loro sofferenza non come una bandiera, ma come una forma di servizio verso gli altri. Sono molti, per lo più nascosti, sorretti dall’amore delle famiglie e dal sostegno dell’amicizia.
“Salto verso l’alto. Ritratto di Daniela Zanetta” parla di una ragazza che, a suo modo, è un eroe.
Appena nata, Daniela mostra i segni di una malattia grave, devastante, che le segnerà il corpo negli anni a venire: l’epidermolisi bollosa. Una malattia rara e con prognosi infausta, estremamente invalidante e dolorosa, che coinvolge tutte le mucose e causa ulcere e lacerazioni della pelle. I medici, convinti che abbia appena qualche giorno di vita davanti a sé, la mettono in quarantena insieme alla madre. Ma, contro ogni evidenza medica, la bambina sopravvive e la notte di Natale, dieci giorni dopo la sua nascita, si attacca al seno materno e succhia il latte per la prima volta. E’ il primo segno di una tenace volontà che, unita alla fede e all’amore della sua famiglia, l’accompagnerà per tutta la vita. Gli autori, Piero Damosso e Francesca Giordano, raccontano con delicatezza e partecipazione la biografia di questa ragazza straordinaria, nella sua semplicità, senza mai indulgere né al pietismo, né all’agiografia.
Daniela cresce consapevole che la sua vita non sarà mai uguale a quella dei suoi coetanei (quante cose può insegnare la lettura dei capitoli sull’accettazione del “diverso” da parte dei suoi compagni di classe) e non per questo lei fa del suo handicap un motivo di compassione. Strenuamente difende il suo essere se stessa e il suo crescere ragazza tra i ragazzi, non volendo essere considerata semplicemente una “malata tra i sani”.
Un puntello importante, abbiamo detto, oltre che dalla sua bella e unita famiglia, Daniela lo riceve dalla fede. Una fede che si sviluppa negli anni, che si disvela nel “dire sì” alla sofferenza e nel mettersi quotidianamente al servizio degli altri, che affronta anche gli inevitabili momenti di dubbio che non mancano neppure ai grandi mistici.
Questo non è un romanzo a lieto fine, nel senso stretto del termine, ma non si può nemmeno negare che un lieto fine vi sia. Daniela muore alle 20,10 del 14 aprile 1986, a 24 anni, ma la narrazione, invece di interrompersi, continua nel racconto dei frutti del passaggio nel mondo di questa ragazza così intensa: l’associazione che la ricorda, i progressi della ricerca, le testimonianze di coloro che sono stati trasformati dall’incontro con lei.

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