FINE VITA | A.GAMBINO: SI FORZA IL NOSTRO ORDINAMENTO. ATTENZIONE A CHI ATTACCA IL SOLIDARISMO. su AVVENIRE di FRANCESCO OGNIBENE

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Una storia già vista: il caso drammatico, la sua esibizione mediatica, la richiesta di una legge costruita in un certo modo proprio mentre il Parlamento ne discute, la pressione su un’ opinione pubblica esposta per giorni a un bombardamento in una sola direzione. Passano le generazioni, ma i radicali – pur divisi e orfani del fondatore – non cambiano. Compresa l’ autodenuncia del loro esponente Marco Cappato che ha preparato la morte di Fabiano Antoniani. Una strategia alla quale il giurista Alberto Gambino, presidente di Scienza & Vita, invita a non prestare il fianco. «L’ obiettivo dei radicali – spiega – è certamente di creare un caso cercando di dimostrare quanto ‘l’ Italia è indietro’ perché aiutando un suicidio si rischia l’ incriminazione».

Non basta la morte di un uomo? Cosa si vuole ottenere?
Il massimo dell’ attenzione intorno all’ eventualità che l’ aver accompagnato Fabo a morire all’ estero integri gli estremi della compartecipazione a un reato. In Italia il suicidio assistito è sanzionato dal Codice penale, così come l’ omicidio del consenziente. E se l’ attività preparatoria dell’ azione criminosa si compie in Italia va perseguita dalla legge italiana. Non sappiamo cos’ è successo nei giorni precedenti alla conclusione di questa vicenda, ma se si dimostrasse che c’ è stata un’ induzione al suicidio organizzando il viaggio e i rapporti con la struttura in Svizzera, tutto ciò integra un reato. Come incide il fatto che la morte sia avvenuta all’ estero?
Se la preparazione dell’ atto si svolge in Italia il diritto penale persegue in base alla nostra legge anche il compimento dell’ intero fatto criminoso compiuto in Svizzera perché si è data assistenza a un atto suicidario. Per i penalisti non sarebbe strano che si aprisse un fascicolo su questa notizia di reato. Facciamo però attenzione, perché è proprio quello che i radicali vogliono.
È già partito il coro di chi chiede a gran voce una legge per casi come questo…
C’ è un’ evidentissima strumentalizzazione di questa vicenda, e purtroppo non solo da parte dei radicali. Il disegno di legge sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento, così com’ è ora in Parlamento, non prevede forme né di eutanasia attiva né di suicidio assistito, ma – con tutti i suoi aspetti critici – contempla l’ eutanasia passiva, ovvero la possibilità di interrompere la nutrizione assistita su richiesta del paziente senza neppure specificare che ci si dovrebbe trovare davanti a condizioni di terminalità. Nel caso di Fabo non si trattava di malato terminale, e neppure ci si è limitati a interrompere trattamenti sanitari o supporti vitali ma al paziente è stato sottoposto il preparato necessario per darsi la morte.Cosa prevede il nostro ordinamento?
Dobbiamo rallegrarci che in Italia viga un sistema a impianto solidaristico: davanti a patologie e disabilità la Carta costituzionale ci indica la strada dell’ accoglimento, del sostegno, dell’ accompagnamento, del servizio, della cura. Non ci offre altri percorsi perché il principio cui è ispirata esprime una conquista di civiltà: significa che non Fabo ma le decine di migliaia di disabili in Italia non possono sentirsi un peso per la società, indotti a pensare che la loro non sia una vita piena di dignità. Elevare un caso specifico a regola in fatto di disabilità è insidioso e scorretto. Le leggi infatti dispongono in casi generali e astratti, se invece si vuole costruire una legge a partire da un caso-limite si va a intaccare un intero sistema dell’ assistenza che invece fa leva sul principio solidaristico. Ci si confronti con le numerosissime situazioni di disabilità, si abbia il coraggio di chiedergli se possono accettare che per loro un giorno ci sia l’ eventualità dell’ eutanasia. È un discorso molto delicato, sul quale non sono ammessi infingimenti.

È immaginabile la legalizzazione della morte ‘a richiesta’?
Se la richiesta dopo questo caso è di inserire nella legge oltre all’ eutanasia passiva già prevista – ma non accettabile – anche una forma di eutanasia attiva si finisce per ribaltare tutto lo spirito sul quale si regge il nostro ordinamento, e anche l’ impalcatura della sanità italiana, che con tutti i suoi limiti è uno dei migliori sistemi al mondo. Al suo posto, si vorrebbe importare un sistema sul modello impostato sull’ individualismo e a un’ autodeterminazione assoluta non bilanciata da altri princìpi. È un sistema che lascia soli i suoi cittadini quando avrebbero più bisogno di non sentirsi tali.

Tra le libertà della persona andrebbe prevista anche quella di scegliere la propria morte?
Le libertà non le fanno né le eliminano le leggi ma sono un dato di natura, e non è detto debbano essere attuate dall’ ordinamento. Non tutto ciò che è libero deve essere disciplinato da una legge. Se entrasse in vigore una norma che autorizza il suicidio assistito questo diventerebbe un diritto del paziente che potrebbe esigere dal medico un atto agli antipodi del solidarismo cui è ispirato il nostro sistema giuridico e sanitario. E inevitabilmente diventerebbe una prassi con la quale si risolvono situazioni ritenute un peso per la società.  Avvenire.it 

 Intervista ad Alberto Gambino, Presidente Associazione Scienza & Vita.
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