S&V FOCUS | 22 ottobre 2024

La chirurgia robotica: ricerca, formazione e responsabilità

Gli approfondimenti di S&V | di Francesca Piergentili

3D rendering medical artificial intelligence robot working in future hospital. Futuristic prosthetic healthcare for patient and biomedical technology concept.

Il rapido sviluppo della robotica e dell’apprendimento automatico hanno permesso lo sviluppo di sistemi robotici sempre più autonomi, in grado di prendere decisioni e interagenti: negli ultimi sessant’anni, i robot – da oggetti meccanici, statici ed esecutivi – sono diventati enti autonomi, mobili, con capacità di apprendimento e adeguamento all’ambiente e di comunicazione. Oggi assistiamo sempre di più alla interconnessione del “corpo” (robot) con l’intelligenza artificiale.

Gli interventi che possono essere condotti mediante chirurgia robotica sono oramai i più diversi: dal trapianto di rene (a Firenze, nel 2017, il primo), all’impianto di protesi di ginocchio e anca tramite il sistema robotico Mako (al Koelliker di Torino, dal 2017).

I robot sono utilizzati per diverse applicazioni, soprattutto in campo sanitario: le applicazioni sono caratterizzate da interdisciplinarità, interessando non solo la medicina ma anche le neuroscienze, l’ingegneria, le nanotecnologie. Si tenta, così, di creare robot finalizzati ad integrare gli esseri umani nella diagnosi clinica e nella chirurgia, nella riabilitazione, nell’assistenza personale, nel monitoraggio della salute. La robotica consente, poi, all’operatore di intervenire sul corpo umano anche a distanza, con software che controllano il movimento di braccia meccaniche.

La chirurgia robotica sta diventando centrale per diverse specializzazioni mediche come l’urologia, la ginecologia e la cardiochirurgia toracica. In particolare, la chirurgia minimamente invasiva è divenuta simbolo di un approccio centrato sul paziente, in contrapposizione alle pratiche più invasive del passato e di un approccio più autoritario alla cura. Il settore ha visto grandi novità – dalla laparoscopia negli anni ’80 e ’90, alla robotica – che hanno permesso interventi meno invasivi e con maggior precisione. Le tecniche chirurgiche minimamente invasive comportano la realizzazione di incisioni più piccole rispetto alla chirurgia tradizionale, riducendo i tempi di recupero e di degenza ospedaliera, ma anche le cicatrici e i rischi post-operatori.

Con la chirurgia robotica assistita i chirurghi operano a distanza utilizzando una piattaforma telecomandata, generalmente dall’interno della stessa sala operatoria. La tecnologia usa l’elaborazione di dati e gli algoritmi di controllo per tradurre i movimenti delle mani dei chirurghi in movimenti precisi di questi strumenti con cancellazione automatica del tremore. Esistono sistemi ortopedici che prendono istruzioni precise e preprogrammate dal chirurgo, utilizzando i dati generati dalle scansioni 3D, eseguendo parte della procedura in autonomia sotto la diretta supervisione.

La chirurgia si sta, così, rivoluzionando. Le nuove tecniche sono state accolte con grande entusiasmo sia dai pazienti per i minori tempi di recupero e il minor dolore, sia dai chirurghi che vedevano nelle nuove metodologie un modo per ridurre i rischi senza compromettere i risultati.

Un articolo pubblicato recentemente su Discover Artificial Intelligence, dal titolo “Ethical considerations in the era of AI, automation, and surgical robots: there are plenty of lessons from the pasts”, mette in luce che esistono nel settore, accanto a una serie di potenziali benefici per il paziente, anche nuove problematiche e nuovi rischi da affrontare per la sicurezza dello stesso. La diffusione di tali sistemi potrebbe consentire un maggior accesso a cure di alta qualità e ridurre i costi sanitari, grazie alla minore invasività e ai migliori risultati post-operatori. È, però, indispensabile provare anche l’affidabilità della tecnica con studi controllati randomizzati che dimostrino la sicurezza e l’efficacia scientifica, gli eventuali reali benefici e i rischi nel confronto con la chirurgia tradizionale.

Inoltre, i chirurghi non sono ancora formati per utilizzare questa tecnologia: serve incentivare la formazione e l’accesso a queste innovazioni. Nell’articolo si evidenzia che l’utilizzo dei robot richiede l’acquisizione di competenze specifiche. A differenza della chirurgia tradizionale, la chirurgia robotica non può avvalersi della palpazione diretta dei tessuti tattili; esiste, poi, un’inversione della correlazione percettivo-motoria e una perdita di binocularità, per le immagini 2D disponibili dal monitor.

Tali progressi sollevano, poi, importanti interrogativi sul rapporto uomo-macchina, soprattutto nel campo delle responsabilità. Fino a che punto l’uomo può essere sostituito o aiutato dal robot? Di chi sarà la responsabilità per gli eventuali danni causati alla persona dalle macchine? La distribuzione del processo decisionale al di fuori della supervisione umana pone l’interrogativo sulla responsabilità. Questo è particolarmente vero proprio per i sistemi robotici chirurgici a causa dei rischi intrinseci alla stessa attività chirurgica.

Uno studio internazionale della London School of Economics ha indagato la problematica: si riporta che nel più alto livello di autonomia robotica chirurgica, è stato più difficile attribuire la colpa al chirurgo (39,5%), al produttore di robot (25,1%) o all’ospedale (21,3%); nel livello inferiore di autonomia robotica, la maggior parte degli intervistati attribuiva la colpa al chirurgo, mentre al livello successivo, in cui il robot eseguiva istruzioni precise dei chirurghi sotto supervisione, la maggior parte attribuiva la colpa al produttore. Inoltre, è interessante notare che coloro che avevano alti livelli di istruzione, quelli di età avanzata o che avevano subito un intervento chirurgico sembravano attribuire la colpa al chirurgo piuttosto che al produttore (il fenomeno è conosciuto come “moral crumple zone”).

Nell’articolo si riporta che tra il 2000 e il 2013 ci sono stati 144 decessi (1,4% di 10.624 segnalazioni), 1391 feriti (13,1%) e 8061 malfunzionamenti dei dispositivi (75,9%) segnalati alla FDA (Food and Drug Administration) relativi alla chirurgia robotica. Un numero significativo di errori è correlato a una formazione chirurgica inadeguata. Un recente studio del 2021 ha invece esaminato 50 studi randomizzati controllati, provando che l’incidenza delle complicanze sia significativamente inferiore con la chirurgia robotica rispetto alla chirurgia laparoscopica. Solo 4 dei 50 studi hanno mostrato modesti benefici con la chirurgia robotica, mentre i restanti 46 non hanno mostrato alcuna differenza significativa. Si afferma, pertanto, che ci sono ancora prove limitate di un reale beneficio a lungo termine per il paziente derivante dall’uso della chirurgia robotica.

Accanto allo sviluppo di robot chirurgici automatizzati che siano affidabili, efficienti ed efficaci è importante non trascurare le questioni etiche, legali e sociali che tale sviluppo comporta. Mentre la ricerca, anche quella legata agli usi in ambito militare, si muove puntando a una maggiore automazione dei robot, sembra mancare un quadro adeguato per l’automazione robotica chirurgica sul piano dei principi di riferimento, della formazione e delle responsabilità.

Per approfondire:

  1. Power, D. Ethical considerations in the era of AI, automation, and surgical robots: there are plenty of lessons from the past. Discov Artif Intell 4, 65 (2024)
  2. Jamjoom AA, Jamjoom AM, Thomas JP, et al. Autonomous surgical robotic systems and the liability dilemma. Front Surg. 2022.
  1. Elish MC. Moral crumple zones cautionary tales in human-robot interaction. Engag Sci Technol Soc. 2019

ultimo aggiornamento il 11 Febbraio 2025

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