S&V | LA RELAZIONE DEL MINISTERO E IL VUOTO ATTUATIVO DELLA LEGGE SULL’ABORTO | URGENTE IL SOSTEGNO REALE ALLE DONNE E ALLA MATERNITA’ GLI APPROFONDIMENTI DI S&V | FRANCESCA PIERGENTILI

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Il Ministero della Salute ha pubblicato pochi giorni fa la Relazione trasmessa nel luglio scorso al Parlamento sullo stato di attuazione della legge n. 194 del 1978, contenente i dati relativi agli aborti volontari effettuati in Italia nell’anno 2019 e i dati preliminari relativi all’anno 2020. I dati sono stati raccolti dal Sistema di Sorveglianza Epidemiologica attivo in Italia dal 1980.

In totale gli aborti effettuati nel 2019 risultano essere 73.207, in leggera diminuzione (- 4 %) rispetto al 2018. Non sembra ad ogni modo un successo il lieve calo se si considera il numero totale degli aborti effettuati (e dei relativi concepiti non più in vita) e, d’altra parte, l’aumento rilevato dell’uso della c.d. “contraccezione di emergenza”.

I tassi di abortività più elevati restano quelli riguardanti donne di età compresa tra i 25 e i 34 anni: la percentuale più elevata si è osservata, nello specifico, per le donne di età 30-34 (22,3%). Dal documento risulta che il 25 % delle donne che ha abortito nel 2019 aveva una precedente esperienza abortiva, mentre il 60% degli aborti è stato effettuato da donne con almeno un figlio, il 37% da donne con almeno 2 figli. Tali dati non possono non essere sottovalutati, soprattutto nella programmazione di politiche a sostegno della natalità e della maternità.

Per quanto riguarda il periodo temporale nei quali è stato effettuato l’aborto rispetto alle settimane di gestazione, il 53,5% degli interventi è stato effettuato entro le 8 settimane, il 29,6% a 9-10 settimane, l’11,4% a 11-12 settimane e il 5,4% dopo la dodicesima settimana.

Nella Relazione si riporta che nel 2019 ha presentato obiezione di coscienza il 67% dei ginecologi, il 43,5% degli anestesisti e il 37,6% del personale non medico, valori che presentano ampie variazioni regionali per tutte e tre le categorie.

Per quanto riguarda l’aborto farmacologico, nel 2019 il Mifepristone con successiva somministrazione di prostaglandine è stato adoperato nel 24,9% dei casi, (erano il 20,8% nel 2018).

Per quanto riguarda le ragazze minorenni, il tasso di abortività per il 2019 è risultato essere pari a 2,3 per 1.000 donne: i 1.936 interventi effettuati da minorenni sono pari al 2,6% del totale.

L’assenso per l’intervento in caso di ragazze minorenni è stato rilasciato prevalentemente dai genitori (77,8%) con alcune differenze tra Regioni che, secondo il Ministero, “potrebbero anche dipendere dalla diversa entità dei casi con informazione mancante (non rilevati) che sono in aumento nel 2019 e particolarmente elevati in Valle d’Aosta, Basilicata e Toscana”. Nella Relazione si ricorda alle strutture e alle Regioni di raccogliere e riportare tutte le informazioni nel flusso dati, specie quelle che per legge non possono mancare.

Rispetto alla carenza di dati e informazioni nel flusso dati, un recente articolo pubblicato su BMJ Sexual & Reproductive Health si interroga sullo stato dei dati relativi all’aborto nel mondo.  Nell’articolo si raccomanda di migliorare la disponibilità e la qualità dei dati sull’aborto e di investire per potenziare i sistemi informativi sanitari nazionali.

Per quanto riguarda, invece, i dati del 2020 si ricorda che l’anno è stato segnato dalla pandemia. Il Ministero della Salute nelle Linee guida per la rimodulazione dell’attività programmata differibile in corso di emergenza da COVID-19 aveva identificato l’aborto volontario tra le prestazioni indifferibili in ambito ginecologico. Il 12 agosto 2020 aveva, inoltre, pubblicato la Circolare di aggiornamento delle “Linee di indirizzo sulla interruzione volontaria di gravidanza con Mifepristone e prostaglandine” consentendo di effettuare l’aborto con metodo farmacologico fino a nove settimane compiute di età gestazionale in regime di day hospital o presso strutture ambulatoriali pubbliche funzionalmente collegate all’ospedale e autorizzate dalle Regioni, nonché presso i consultori familiari. Già si è evidenziato nei mesi passati come tali novità finiscano per rendere l’aborto una “pratica fai-da te”, lasciando la donna sola in un momento drammatico e stravolgendo il ruolo dei consultori.

Nella relazione si riporta anche l’attività dei consultori nel 2019: “quasi tutti i consultori familiari offrono il counseling prima della procedura e forniscono informazioni sulla tecnica di intervento, senza differenze per area geografica”. Nel documento si legge però che non tutti i consultori riescono ad offrire un counseling psicosociale, specie al Centro-Sud, probabilmente per carenza di personale.

La Relazione, redatta in virtù di quanto disposto dall’art. 16 della legge n. 194, sembra carente di informazioni richieste dalla legge. L’articolo, infatti, stabilisce che entro il mese di febbraio “il Ministro della sanità presenta al Parlamento una relazione sull’attuazione della legge stessa e sui suoi effetti, anche in riferimento al problema della prevenzione”. Gli effetti della legge 194, che dovrebbe nei suoi proclami tutelare anche la vita umana “sin dal suo inizio” e la maternità (e non solo l’aborto), non sono riportati nella Relazione: sicuramente almeno 73.207 vite “interrotte”.

La prevenzione sembra, poi, essere ricondotta al solo problema della contraccezione: anche rispetto al calo drammatico delle nascite e all’inverno demografico sembra fondamentale interrogarsi e proporre azioni concrete in grado di offrire un sostegno reale ed effettivo alla donna e alla maternità.

 

 

 

 

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