Ai Presidenti di Scienza & Vita
Riceviamo e pubblichiamo una lettera inviata ai Presidenti dell’Associazione Scienza & Vita da Eugenia Roccella, che lanciò dalle colonne di Avvenire la moratoria europea sulla ricerca su embrioni umani.
Cari amici, grazie. In sordina, senza troppi clamori, la raccolta di firme per la moratoria europea sulla distruzione di embrioni umani a fini di ricerca, è approdata a un bel risultato. Alcuni pacchetti di firme mi sono arrivati persino a casa, da piccoli paesi in cui qualche volontario ha dedicato il suo tempo a questo generoso obiettivo. Non è un tema d’impatto, come altri temi eticamente sensibili, e non è nemmeno semplice spiegarlo a chi non se ne occupa e non ne ha mai sentito parlare. Non c’è stata una campagna pubblicitaria, non sono state mobilitate grandi energie, però è arrivata un’adesione silenziosa e spontanea di persone che si rendono conto che è in gioco il senso stesso dell’umano. Quello che fanno i laboratori di ricerca in Europa, per la maggior parte delle persone, è qualcosa di misterioso: eppure si tratta di scelte fondamentali, e di domande semplici. L’embrione può essere materiale da laboratorio? E’ lecito crearlo in provetta, per distruggerlo a fini di ricerca? In sintesi: la ricerca scientifica, deve o no avere limiti etici? Autorevoli medici, scienziati e filosofi assicurano che la ricerca è intrinsecamente etica, perché orientata al bene dell’umanità. A chi ricorda che nessun gesto umano può essere sottratto al giudizio etico, e che il fine non giustifica i mezzi (altrimenti anche il dott. Mengele troverebbe la sua utile collocazione nella storia del progresso medico) rispondono che si tratta di sconfiggere malattie degenerative come l’Alzheimer o il Parkinson.
Con la recente scoperta di Shinya Yamanaka, tutto è cambiato: la giustificazione delle terapie miracolose, non regge più. Il ricercatore giapponese ha trovato il modo per far regredire cellule della pelle a uno stato simile a quello embrionale, senza mai passare per la distruzione di embrioni. Persino Ian Wilmut, il famoso clonatore della pecora Dolly, ha dirottato le sue energie verso il metodo inventato dal giapponese; ma soprattutto Wilmut ha spiegato a tutti che la clonazione terapeutica è un’araba fenice, e che le staminali embrionali potranno servire al più a fare i test tossicologici. Se si tornassero a pubblicare le dichiarazioni rilasciate alla stampa durante il referendum sulla legge 40, molti nomi famosi della scienza sarebbero in grave imbarazzo. Ma noi non vogliano fare polemiche sul passato, bensì rimediare per il futuro. Vogliamo rimediare al gesto del Ministro Mussi, che ha consentito, all’inizio di questa legislatura, a finanziare anche con i fondi italiani una ricerca non etica, che già si poteva considerare fallimentare. Vogliamo fermare la distruzione di embrioni che continua senza nemmeno lo schermo di una (falsa) giustificazione umanitaria. Chiediamo una cosa fattibile, la sospensione della vivisezione di embrioni per qualche anno, per dare il tempo alla ricerca di adeguarsi, usando nel frattempo le linee staminali embrionali che già esistono. E’ un obiettivo che possiamo raggiungere, se uniamo gli sforzi, ciascuno nel suo ambito di responsabilità.
Voglio ringraziare i volontari che hanno raccolto le firme, tutti voi di Scienza & Vita, ogni associazione che abbia dato una mano a questa piccola cosa concreta, finalizzata a ottenere un grande risultato. Andiamo avanti insieme, con i parlamentari europei disponibili, con chi ci sta, per affermare che l’embrione umano non è materiale da laboratorio, ma un figlio degli uomini.
Eugenia Roccella