Il complesso di Achille è la combinazione di genio e disturbo mentale che nascono da una causa comune: una grave frattura nelle relazioni infantili che il soggetto cerca di sublimare con un’attività (comportamento transizionale) che si trascina per anni, che diventa quasi maniacale, e che gli porterà fama insieme a instabilità mentale. Il problema è che al di là dell’immagine di un genio (di un creativo, di un eroe), di solito nessuno vedrà la sofferenza interiore che il paziente si trascina per tutta la vita.
La bioetica è interessata a questo fenomeno, mentre potrebbe sembrare un effetto legato solo alla psicologia o alla psichiatria; ma invece, invia un segnale etico fondamentale: ogni fase della vita deve essere protetta.
Normalmente, questa frase si riferisce al rispetto dovuto alla fine della vita o all’inizio della vita e talora la bioetica parla poco della fragilità della vita che si trova tra i due estremi sopra menzionati e non ha nulla a che vedere con le scelte di vita/morte, ma con la sensibilità negata e la fragilità della vita che non è a rischio di morte o di palesi abusi fisici, ma di abusi morali per la perdita di quella sfera di protezione che è il porto sicuro costituito dalla coppia genitoriale.
Quindi, il primo appello è all’attenzione verso le persone che mostrano genialità, che potrebbero nascondere sotto le ceneri della creatività un forte disagio. Il secondo appello è all’attenzione che scuole e famiglie devono dedicare ai ragazzi con evidente genialità nella prima infanzia. Oggi si parla molto di psicologi nelle scuole, pensando che questa figura abbia senso a partire dai 10 anni; eppure questi tipi di disagi si manifestano e diventano cronici nei primi mesi e nei primissimi anni di vita.
Il disagio mentale può iniziare in età molto precoce ed essere mascherato da comportamenti creativi che fanno passare in secondo piano il disagio. Concentrarsi sulla sindrome di Achille è essenziale per ricordare questo rischio. Il bioeticista deve sempre ricordare che la cura e il rispetto della vita non sono dovuti solo nei momenti tradizionalmente difficili, ma anche nei casi di violenza morale familiare, che indica un comportamento sbagliato, talvolta indotto da esigenze lavorative dei genitori, o da una trascuratezza nei confronti dei figli.
ultimo aggiornamento il 29 Aprile 2025