AVVENIRE | 1 luglio 2025

Fine vita | Nel testo-base della legge c’è la priorità alle cure palliative

di Marco Iasevoli

Sarà questo il punto di partenza per la discussione. Non saranno coinvolte strutture e personale del Sistema sanitario. Il Comitato di valutazione risponderà alle richieste in 60-90 giorni.

Il passo avanti è arrivato: martedì sera il testo sul fine vita, sintesi del confronto di maggioranza, è stato illustrato nel “Comitato ristretto” dei senatori che stanno lavorando al dossier. Da mercoledì dovrebbe iniziare il confronto nelle commissioni Giustizia e Sanità di Palazzo Madama, con l’obiettivo di approdare in Aula il 17 luglio. «È una mediazione non al ribasso», assicura il co-relatore di Forza Italia, Pierantonio Zanettin.

Secondo quanto si apprende, il primo articolo manterrà fermo il principio dell’inviolabilità della vita. «Il diritto alla vita – recita l’ultima bozza – è diritto fondamentale della persona in quanto presupposto di tutti i diritti riconosciuti dall’ordinamento. La Repubblica assicura la tutela della vita di ogni persona senza distinzioni in relazione all’età o alle condizioni di salute o ad ogni altra condizione personale e sociale». Una formulazione che però non contiene più una specifica dicitura presente nelle bozze precedenti, «dal concepimento alla morte naturale». Il primo articolo inoltre considera «nulli gli atti civili ed amministrativi non rientranti nelle tassative disposizioni della presente legge».

Nel secondo articolo si entra nel vivo con le modifiche al Codice penale, secondo le indicazioni della Corte costituzonale. E dunque non sarebbe più punibile per suicidio assistito «chi agevola l’esecuzione del proposito» di togliersi la vita «formatosi in modo libero, autonomo e consapevole, di una persona maggiorenne, inserita nel percorso di cure palliative, tenuta in vita da trattamenti sostitutivi di funzioni vitali e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche intollerabili, ma pienamente capace di intendere e di volere, le cui condizioni siano state accertate dal Comitato nazionale di valutazione».

Per quanto riguarda le cure palliative, pilastro della legge, sono regolate dal terzo articolo del testo che potrebbe diventare la “base” del dibattito in Commissione. Si dispone che le Regioni non solo preparino i già previsti progetti per raggiungere il 90% dei malati che ne potrebbero avere bisogno, ma che utilizzino tutte le somme stanziate. Diversamente, i residui dovranno essere restituiti allo Stato. Agenas – l’Agenzia che coopera con le Sanità regionali – viene inoltre investita del compito di controllare i piani per le cure palliative: nelle Regioni che non avranno un piano arriverebbe un “commissario ad acta”, mentre chi adempie in modo parziale riceverà un “ultimatum”. Ovviamente per le cure resta il tema dei finanziamenti nazionali.

Tornando al Comitato nazionale di valutazione – non si parla più dunque di “Comitato etico” -: l’organismo viene inserito all’interno della legge istitutiva del Servizio sanitario e sarebbe formato da sette componenti: un giurista, un bioeticista, un medico specialista in anestesia e rianimazione, un medico specialista nelle palliative, un medico specialista in psichiatra, uno psicologo e un infermiere. Sia il Comitato sia i suoi vertici – con mandato gratuito di cinque anni rinnovabile due volte – sarebbero nominati, come previsto anche nelle precedenti bozze, con decreto del presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm).

La procedura: il Comitato ha 60 giorni per esprimersi, 90 se si chiedono pareri specifici o per «motivate esigenze». In caso di diniego, la persona malata può ripresentare la richiesta dopo 180 giorni, ma dimostrando che siano sopraggiunti i criteri stabiliti dalla Corte costituzionale. Per il Comitato non varrà il silenzio-assenso.

Per quanto riguarda il dibattuto tema del ruolo del Servizio sanitario nazionale, il testo della maggioranza afferma che «non possono essere impiegati il personale in servizio, le strumentazioni e i farmaci, di cui dispone a qualsiasi titolo il Sistema sanitario nazionale». I medici dunque non potranno essere “obbligati”, la loro disponibilità al suicidio assistito sarebbe a titolo volontario.

Il passo avanti sulla legge arriva nel giorno in cui assume clamore il caso di Martina Oppelli, la professionista triestina di 49 anni, affetta da sclerosi multipla e tetraplegica. L’azienda sanitaria locale Asugi ha bloccato per la terza volta la richiesta di accedere al suicidio assistito per assenza di trattamenti di sostegno vitale, uno dei criteri fissati dalla Corte costituzionale.

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ultimo aggiornamento il 2 Luglio 2025

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