
I progressi biotecnologici hanno reso possibile modificare la sequenza del DNA delle nostre cellule. In particolare, le tecnologie di editing genetico, sfruttando bisturi molecolari, come quelli derivati da CRISPR per operare sul DNA, possono inattivare o correggere la sequenza di un gene. L’editing genetico, e in particolare la tecnologia CRISPR, ha dimostrato enormi potenzialità terapeutiche (ad es. trattamenti contro anemia falciforme, talassemie).
Tuttavia, sono ancora presenti ancora rischi non trascurabili, rappresentati dalle modifiche non intenzionali (off-target)e dal c.d. mosaicismo. Rimane, inoltre, la questione cruciale circa l’intervento sull’embrione umano. La terapia germinale comporta, infatti, l’alterazione del genoma di embrioni: le modifiche sono trasmesse alla generazione successiva, con il rischio di modificazioni permanenti della specie umana. Gli interrogativi di natura tecnica e scientifica, etica e giuridica sugli interventi di editing genetico aumentano laddove gli interventi hanno a oggetto non individui già formati, ma embrioni.
I primi interventi di editing genetico sugli embrioni umani
Le prime ricerche sugli embrioni risalgono all’aprile 2015, quando un gruppo di scienziati della Sun Yat sen University di Guangzhou ha annunciato l’utilizzo di CRISPR-Cas9 al fine di modificare il genoma di 86 embrioni affetti da beta-talassemia[1]. Degli 86 embrioni iniziali ne sopravvissero 71, di cui solo 7 contenevano il gene corretto. Si scoprì, inoltre, un numero elevato di mutazioni off-target.
È noto, poi, il caso della nascita in Cina, a fine 2018, delle gemelle Lulu e Nana, geneticamente modificate per disattivare la proteina CCR5, nel tentativo di conferire resistenza al HIV, con l’intervento di editing genetico operato dallo scienziato He Jiankui.
In seguito, è stata richiesta una moratoria da parte di un gruppo di accademici a livello internazionale che hanno deciso di valutare, con il tempo opportuno, le possibili applicazioni di queste tecnologie. La comunità scientifica ha considerato tali ricerche off-limits, almeno fino al raggiungimento di standard di sicurezza e responsabilità oggi ancora lontani.
I bambini CRISP: la proposta di una chirurgia genetica preventiva sugli embrioni
In un recente articolo pubblicato da Nature, una giovane imprenditrice, soprannominata “Biotech Barbie”, fondatrice della start-up Manhattan Genomics, sostiene che è arrivato “il momento giusto” per iniziare a considerare seriamente la possibilità di bambini concepiti attraverso editing genetico ereditabile, i “CRISPR babies”.
Secondo Biotech Barbie oggi la tecnologia CRISPR avrebbe raggiunto un livello di maturità e sicurezza tale da rendere ingiustificabile la continua attesa: l’obiettivo non sarebbe potenziare caratteristiche estetiche o cognitive, ma di correggere mutazioni responsabili di gravi malattie monogeniche, permettendo a coppie portatrici di avere figli geneticamente sani, senza dover rinunciare al proprio patrimonio genetico o ricorrere a donatori. Una sorta di chirurgia genetica preventiva, in cui l’obiettivo non è creare esseri umani “potenziati”, ma impedire la trasmissione di malattie devastanti.
La start-up citata non potrebbe, in ogni caso, operare negli Stati Uniti, dove l’editing germinale a fini riproduttivi è vietato, e sta valutando Paesi con normative meno rigide. Tuttavia, questo solleva la preoccupazione della comunità scientifica: la possibilità che la biotecnologia riproduttiva si sposti verso contesti con controlli insufficienti, replicando ciò che accadde con He Jiankui, che realizzò il suo esperimento in Cina eludendo i meccanismi internazionali di supervisione.
Nell’articolo pubblicato su Nature genetisti, bioeticisti e ricercatori, pur riconoscendo i progressi straordinari compiuti da CRISPR negli ultimi anni, ritengono irresponsabile pensare a una sua applicazione clinica sugli embrioni. La sicurezza, infatti, non è ancora garantita: il rischio di effetti imprevedibili sulle generazioni future è elevato.
CRISPR babies e limiti etici
La questione, a ben vedere, non è solo tecnica: gli interessi commerciali, sottesi alle sperimentazioni, potrebbero spingere ed accelerare i tempi di una ricerca altamente discutibile sul piano etico. Gli interventi sui CRISPR babies potrebbero aumentare le disuguaglianze e creare addirittura un “mercato” per bambini “geneticamente modificati”.
Le questioni rilevanti sembrano essere anche altre. Le sperimentazioni per sviluppare un essere umano “esente” da malattie non si conducono intervenendo su un soggetto che ha già generato una certa patologia, bensì sull’embrione rispetto a patologie potenziali. Le sperimentazioni comporterebbero l’utilizzo di un numero elevato di embrioni, con la conseguente loro manipolazione e/o distruzione. Vi è, poi, il rischio che la linea di confine venga progressivamente erosa, aprendo la strada a scelte motivate da preferenze sociali più che da necessità mediche: vi è il rischio della diffusione di logiche eugenetiche ed utilitaristiche.
L’editing genetico sull’embrione potrebbe, infine, ledere il diritto delle nuove generazioni alla propria identità genetica, che risulterebbe condizionata da alterazioni artificiali, prodotte senza il consenso del soggetto interessato, generando nuove disuguaglianze e violazioni alla dignità umana.
[1] P. LIANG, Y. ZU, X. ZHANG et al., CRISPR/Cas9 mediated gene editing in human tripronuclear zygotes, in Protein & Cell, 2015, 363 ss.
Per approfondire:
- Biotech Barbie’ says the time has come to consider CRISPR babies. Do scientists agree?, Nature, ottobre 2025
- S&V, Editing genetico. Saremo davvero tutti perfetti?, 5 luglio 2020
- CNB, L’editing genetico e la tecnica CRISPR-CAS9: considerazioni etiche, 2017
ultimo aggiornamento il 12 Novembre 2025

