S&V FOCUS | 18 luglio 2025

Fine vita | Cure palliative e relazione di cura come fattori di speranza

Gli approfondimenti di Scienza & Vita | di Francesca Piergentili

Elderly people care nurse reviewing files of senior male patient bedridden in geriatric hospital. Female general practitioner listening to older hospitalized man symptoms.

L’approccio palliativo ha rivoluzionato l’assistenza ai pazienti nella malattia inguaribile, a cominciare dalle patologie oncologiche. L’intento era (ed è) quello di ridurre al minimo l’angoscia e la sofferenza umana, sostenendo il paziente sul piano fisico, psicologico, sociale e spirituale, con una attenzione anche alla famiglia. L’origine etimologica del termine “palliativo” – da pallium, il mantello con cui si coprivano in antichità i viaggiatori – dà proprio l’idea della cura avvolgente, che coinvolge tutto l’uomo.  

Nella storia delle cure palliative, l’ispirazione originaria, orientata a tale presa in carico totale del paziente, ha vissuto scostamenti nella pratica sanitaria: si sono, in particolare, identificate le cure palliative con la sola gestione del trapasso. Oggi, invece, sia nella pratica clinica sia in letteratura, si sono riscoperte le necessità di estendere l’offerta di cure palliative alle fasi non terminali della malattia, con interventi precoci, e l’importanza della multidimensionalità dell’offerta di cure per il dolore totale: l’approccio olistico considera i reali bisogni del paziente e della sua famiglia.

In tale orizzonte un ruolo fondamentale è svolto dalle relazioni umane, capaci di contrastare la solitudine e il senso di isolamento che spesso vivono i pazienti. La prossimità umana e la vicinanza sono alla base di ogni relazione autentica di cura.

Il ruolo delle relazioni interpersonali

Oggi, tuttavia, l’elevata articolazione e complessità dei sistemi sanitari contemporanei rappresentano spesso un ostacolo alla relazione tra medico e paziente, ridotta a puro tecnicismo e a mere logiche contrattuali. L’individualismo dilagante impoverisce, così, le relazioni interpersonali, in nome di un astratta rivendicazione di autonomia.

Un recente articolo pubblicato su BMC Palliative Care, dal titolo “The heart of palliative care isrelational: a scoping review of the ethics of care in palliative medicine”, indaga il rapporto tra cure palliative e l’etica della cura, la teoria filosofico-morale che pone al centro della sua indagine la condizione di vulnerabilità e le relazioni interpersonali.

Gli autori hanno condotto una scoping review strutturata, condotta su sei database principali, includendo articoli teorici ed empirici, dal 1982 al 2024. Ne è emersa una selezione finale di 30 articoli, che hanno permesso di identificare tre aree tematiche principali in cui l’etica della cura si manifesta nelle cure palliative: la relazione con pazienti e famiglie, la specificità delle cure palliative pediatriche e la cura degli operatori stessi.

L’essere con il paziente e la famiglia

Il primo tema rilevato dalla ricerca riguarda il “being with”, ovvero l’essere con il paziente e la sua famiglia. In questa prospettiva, la cura non si limita a un intervento tecnico, ma diventa una forma di presenza attenta e responsiva. L’etica della cura promuove una pratica fondata sull’ascolto profondo, sul riconoscimento della vulnerabilità e sulla capacità di rispondere ai bisogni emergenti con flessibilità e rispetto.

Questa attenzione si esprime anche nella gestione della speranza: non come illusione o negazione della realtà, ma come costruzione condivisa di significato, anche di fronte all’imminenza della morte. La speranza, in questo senso, viene continuamente alimentata attraverso un dialogo che permette di integrare le aspirazioni del paziente con la consapevolezza della sua condizione clinica. Inoltre, l’approccio relazionale disinnesca l’isolamento e aiuta a contrastare la solitudine.

Gli autori suggeriscono di valorizzare il concetto di “autonomia relazionale”, in contrapposizione al dogma dell’autonomia individuale: un’autonomia che si esercita dentro reti di relazioni, e che riconosce la necessità di sostegno e di accompagnamento.

L’essere con il bambino e la famiglia nelle cure palliative pediatriche

La seconda area emersa dallo studio riguarda l’ambito delle cure palliative pediatriche, dove la dimensione relazionale è ancora più rilevante. Il bambino è, infatti, inserito totalmente in una “trama” familiare di relazioni, che definiscono anche esperienze e scelte. L’etica della cura in questo ambito consente di valorizzare questa interdipendenza senza negare la soggettività e la voce del minore, che viene considerato capace di partecipare alle decisioni in modo proporzionato alla sua età e maturità.

Gli studi inclusi nella rassegna sottolineano l’importanza di strategie di comunicazione che coinvolgano il bambino e la famiglia, nel rispetto dei loro ritmi emotivi e cognitivi. Anche qui, la gestione della speranza assume un ruolo centrale, nella ricerca di un equilibrio delicato tra il dire la verità e il sostenere una visione di futuro, per quanto incerto.

L’essere con se stessi: la cura degli operatori

Un terzo ambito emerso dalla rassegna riguarda la relazione che i curanti hanno con sé stessi e con i colleghi. Le cure palliative, proprio per la loro intensità relazionale e il contatto costante con la sofferenza e la vulnerabilità umana, espongono gli operatori al rischio di distress morale e burnout. L’etica della cura propone in questo senso un modello di cura che include la dimensione riflessiva e la cura reciproca all’interno dell’equipe. La supervisione clinica, la riflessione etica e la costruzione di spazi di confronto diventano pratiche indispensabili per sostenere la resilienza degli operatori.

Inoltre, la rassegna suggerisce che la formazione dei professionisti sanitari dovrebbe includere non solo competenze tecniche, ma anche strumenti per affrontare le proprie vulnerabilità, riconoscendo che la cura è un processo che coinvolge emotivamente chi la offre tanto quanto chi la riceve.

 Quali prospettive future?

L’etica della cura, lungi dall’essere un approccio solo teorico o astratto, può offrire criteri pratici per la relazione di cura, rendendo le cure palliative un ambito privilegiato per la sua applicazione concreta. Gli autori propongono di rafforzare la ricerca empirica, in particolare nei contesti pediatrici e perinatali, ma anche di sviluppare programmi formativi che integrino l’etica della cura nella preparazione dei professionisti.

A tal proposito la Società italiana di cure palliative, con un comunicato del 25 maggio, ha ricordato l’importanza e l’urgenza di prenderci cura di chi cura: le problematiche organizzative, come la carenza di personale e l’elevato carico di lavoro, sono elementi cruciali che contribuiscono al distress degli operatori nelle cure palliative. Ha espresso, inoltre, preoccupazione per l’assenza, nella maggior parte dei servizi, di psicologi formati e dedicati alla supervisione delle équipe di cura, professionisti essenziali per il benessere degli operatori. Questi fattori possono compromettere la qualità dell’assistenza e incrementare il rischio di burnout tra i professionisti. 

Cure palliative e relazione di cura come fattori di speranza

La scienza medica può mettere in campo le migliori risorse tecniche per trattare il dolore, ma essa non può dare una risposta alla domanda di senso, né rimuovere ogni sofferenza. Simili pretese potrebbero generare false speranze ed essere causa di disperazione. La malattia può generare una sofferenza profonda, che richiede un’attenzione non meramente tecnica.

L’etica relazionale può offrire un contributo importante per contrastare il senso di isolamento che vive il paziente e alimentare la speranza.

L’esperienza della cura inizia, infatti, dallo sguardo rivolto alla fragilità umana: proprio tale vulnerabilità dà fondamento all’etica del prendersi cura. In tale orizzonte le cure palliative sono l’espressione più autentica dell’azione umana del prendersi cura, “il simbolo tangibile del compassionevole ‘stare’ accanto a chi soffre”[1].

 Per approfondire:

  1. Sicp, Comunicato Cure Palliative – Copertura del bisogno in aumento, ma ancora solo il 33% dei malati assistitiA forte rishcio obiettivo copertura 90% entro il 2028
  2. Bertaud, The heart of palliative care is relational: a scoping review of the ethics of care in palliative medicine. BMC Palliat Care, 2025

[1]CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, LETTERASAMARITANUS BONUSsulla cura delle persone nelle fasi critiche e terminali della vita, 2020
 

 

ultimo aggiornamento il 16 Settembre 2025

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