MINORI MEDIA E NUOVE DIPENDENZE | SCUOLA DI BIOPOLITICA | S&V ROMA 3 IN SINTESI IL CONTRIBUTO DI ELISA MANNA (AGICOM), ALBERTO SIRACUSANO (Univ. TOR VERGATA), PAOLA BINETTI (Parlamentare - Univ. CAMPUS BIO MEDICO)

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2017-02-02-photo-00000741Roma 2 febbraio 2016 | In sintesi i lavori del primo appuntamento della Scuola di Biopolitica di Scienza & Vita Roma 3.

MEDIA, MINORI E NUOVE DIPENDENZE | di Elisa Manna, già vicepresidente del  Comitato media e minori e del Consiglio nazionale degli utenti (Agcom).

Ho dedicato molti anni  ad approfondire questo tema, perché mi è sempre sembrato di grandissima rilevanza per l’igiene sociale e mentale collettiva; si, è questo il taglio che prediligo, e che mi sembra più fertile, perché relegare la tematica ad una “questione che riguarda i minori” ne fa, nella vulgata comune tra gli  addetti ai lavori di oggi, materia di interesse per pochi genitori e insegnanti allarmistici e ansiosi (cattolici, naturalmente) e per pochi esperti “moralisti”.

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Alla scuola di Biopolitica di Scienza & Vita vorrei dunque  portare oggi  le conoscenze che mi vengono da una lunghissima esperienza (il mio primo libro, “Età evolutiva e televisione”, che nasceva da un efficace incontro con la scuola americana della Columbia University,  gia’ allora all’avanguardia, risale al 1982). Mi preme in tal senso  sottolineare alcuni aspetti:

  1. Gli effetti dei contenuti mediatici nella comunità scientifica internazionale sono acquisiti, come ne è acquisita la severità, come dimostra il primo Libro Bianco dell’Agcom” Media e minori” che ho avuto il piacere di coordinare per quanto riguarda la dimensione sociologica : quanti negano il problema o sono ignoranti o sono in mala fede.
  2. L’avvento dei nuovi media (Internet soprattutto, ma anche videogiochi, smartphone ecc. ) non solo non ha ridimensionato il problema , come purtroppo certe scuole di pensiero negli anni Ottanta/Novanta preconizzavano irresponsabilmente; meno che mai lo ha reso superato dalla pluralità dei mezzi (che sempre secondo  tale scuola di pensiero, avrebbe consentito ai singoli la costruzione autonoma e libera di un personale palinsesto-sic!).  In realtà quello che è veramente accaduto è  tutt’altro:

– alle vecchie dipendenze televisive (attenzione solo apparentemente innocue), si sono assommate dipendenze  di nuovo conio: dipendenze  da pornografia compulsiva, da ludopatia, da” adrenalina mediatizzata”, da social, da Internet stesso.

– Lo stesso Barak Obama nei primi anni della sua presidenza commissionò un’importante review, un bilancio degli studi realizzati sulla correlazione tra violenza nei media e comportamenti aggressivi.

– A proposito dell’azzardo, sono agghiaccianti i recenti risultati dell’Osservatorio Nomisma-Unipol-Università di Bologna: ”Young Millenials Monitor: giovani e gioco d’azzardo. Sono 1 milione e 240mila gli studenti che tentano la fortuna  con il gioco d’azzardo in Italia .

– Senza contare nuovissime patologie sociali registrate ad esempio dai centri d’Ascolto della Caritas di Roma sull’insorgenza di esasperate solitudini sociali connesse all’uso dei social; e  quelle dei  giovani che rinunciano (i NEET), abbandonando tutto, rifiutando sostanzialmente la competizione  sui cui si basa il nostro modello di sviluppo, rifugiandosi in un mondo virtuale, chiusi nella loro cameretta ( gli ”hikikomori”, fenomeno particolarmente emergente in Giappone).

Né si può tralasciare di citare  i tentati suicidi e purtroppo quelli riusciti, e le sindromi ansiose, depressive connesse all’odioso fenomeno del cyberbullismo.

  1. Le politiche che sono state poste in essere (Leggi di sistema, Codice di autoregolamentazione media e minori, parental control, buone pratiche) si sono rivelate sostanzialmente  un bluff ,una sorta di rappresentazione della tutela che niente ha avuto a che fare con l’esercizio reale della tutela. Si potrebbero scrivere “gustosi” pamphlet al riguardo per raccontare la sostanziale irrazionalità (o ipocrisia) di tali apparati protettivi.
  2. Oggi, volendo fare passi avanti sostanziali sul piano delle politiche, bisognerebbe aggregare sensibilità trasversali a livello parlamentare e porre mano a una Legge quadro che riprenda i vari capitoli della tutela dei minori. Restare all’attuale situazione normativa non ha proprio senso .Infatti perfino una pratica semplice come il rinnovo del Comitato media e Minori , che ha coinvolto il Consiglio Nazionale degli Utenti di Agcom per le candidature dei rappresentanti degli utenti presso il suddetto Comitato media e minori è tutt’ora congelata per ignote ragioni. Le ragioni delle priorità della politica (e quelle  del Mercato) sono molto forti. Fuori dalla logica politico-istituzionale  la strada resta quella della formazione e della sensibilizzazione degli utenti, dei ragazzi, degli insegnanti, soprattutto delle famiglie.

Ben sapendo, su questo desidero essere chiara, che si tratta di un percorso nobilissimo, ma di efficacia non risolutiva a livello sociale.

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I MINORI E LE NUOVE DIPENDENZE | di  Alberto Siracusano, Direttore U.O.C. Psichiatria e Psicologia Clinica, Univ. Tor Vergata Roma

La dipendenza da droghe o da alcool è sempre stata riconosciuta dalla nosografia psichiatrica. La psichiatria anglosassone del XIX secolo inquadrava questi comportamenti all’interno delle devianze morali senza però ovviamente essere in grado di fornire delle spiegazioni neurobiologiche. Il gambling, gioco d’azzardo patologico, ha
una 2017-02-02-photo-00000742storia più recente, come testimonia la sua inclusione nel DSM III a partire dal 1980. Oggi la ricerca attuale analizza altre dipendenze, “food addiction”, “sex addiction”, “internet addiction” (Fisher K, Scientific American 2016). Un dato estremamente interessante che sembra emergere è la somiglianza delle alterazioni neurobiologiche osservabili in questi pazienti, al di là di quale sia il contenuto specifico della dipendenza da cui sono affetti. Tra l’altro, molto spesso si tratta di dipendenze multiple: ad esempio, il gambling si associa spesso a comportamenti di food o alcohol addiction. Queste “nuove dipendenze” riguardano molto frequentemente i minori. Dati del 2016 raccolti da “Telefono Azzurro” e Doxakids su 600 ragazzi dai 12 ai 18 anni hanno evidenziato una realtà allarmante: il 17% dei ragazzi intervistati dichiara “di non riuscire a staccarsi da smartphone e social”, 1 su 4 (25%) è sempre online, 1 su 2 (45%) si connette più volte al giorno, 1 su 5 (21%) è afflitto da vamping: si sveglia la notte per controllare i messaggi arrivati sul proprio cellulare. Quasi 4 su 5 (78%) chattano continuamente su WhatsApp. Uno dei principali segnali di allarme sollevati dall’indagine epidemiologica riguarda l’età in cui gli adolescenti italiani accedono alla rete. Uno su 2 (48%) dichiara di essersi iscritto a Facebook prima dei 13 anni, mentre il 71% riceve il primo smartphone mediamente a 11 anni.

La Cattedra di Psichiatria dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata sta conducendo un’indagine nelle scuole: Progetto Scuola e Cultura della Salute Mentale “Adolescenti allo Specchio”. Lo studio ha previsto la partecipazione di diverse scuole del Lazio con circa 1400 ragazzi reclutati. Dati preliminari dello studio mostrano un quadro preoccupante: il 27 % dei ragazzi riferisce una problematica emotivo comportamentale, mentre l’utilizzo di internet correla in modo statisticamente significativo alla presenza di disturbi dell’attenzione. Inoltre, quasi la metà del campione (47 %) si percepisce “solo”, a fronte di un elevato numero di amici “on line”. Dato ancora più drammatico riguarda il fatto che questa percezione di solitudine sia correlata ad un incremento del rischio di condotte autolesive. Le nuove dipendenze rappresentano quindi dei chiari fattori di rischio psicopatologici in una fascia d’età, quella adolescenziale, di grande vulnerabilità e di cambiamenti.

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RUOLO E RESPONSABILITA’ DELLA POLITICA |  di  Paola Binetti, parlamentare, medico psichiatra e psicoterapeuta.

“La società civile si trova oggi all’interno di un complesso processo culturale che mostra la fine di un’epoca e l’incertezza per la nuova che emerge all’orizzonte. Le grandi conquiste di cui si è spettatori provocano a verificare il positivo cammino che l’umanità ha compiuto nel progresso e nell’acquisizione di condizioni di vita più umane… Insieme a questo, comunque, non è possibile sottacere i gravi pericoli a cui alcune tendenze culturali vorrebbero orientare le legislazioni e, di conseguenza, i comportamenti delle future generazioni”[1].

Si nota, ormai da alcuni decenni, un certo relativismo culturale che emerge dalla teorizzazione e difesa del pluralismo etico con cui si sancisce la decadenza della ragione e dei principi della legge morale naturale. Per alcuni tale pluralismo etico è la condizione per la democrazia, per cui c’è chi rivendica per le proprie scelte morali la più completa autonomia; mentre tra i legislatori c’è chi ritiene di dover rispettare questa libertà formulando leggi che prescindono dai principi dell’etica naturale, come se tutte le possibili concezioni della vita avessero uguale valore. Alcuni casi recenti pongono seri problemi in tal senso, ad esempio, il ddl sulle unioni civili con le implicazioni sulla maternità surrogata, quello sulle DAT, o sulla liberalizzazione della Cannabis, ecc. Ed è sempre la fragilità nelle sue diverse forme ad essere posta lungo la linea rossa del rischio etico ed esistenziale.

Spesso in base al principio di tolleranza, si chiede ai cattolici di rinunciare a contribuire alla vita sociale e politica del proprio Paese secondo la concezione di persona e di bene comune che ritengono più giusta. In realtà un pluralismo relativista non ha niente a che vedere con la legittima libertà dei cattolici di scegliere le opinioni politiche che secondo il proprio criterio meglio si adeguano alle esigenze del bene comune. La libertà politica non è, né può essere fondata sull’idea relativista che tutte le concezioni sul bene dell’uomo hanno la stessa verità e lo stesso valore, ma sul fatto che le attività politiche mirano volta per volta alla realizzazione concreta del vero bene umano e sociale in un contesto storico, geografico, economico, tecnologico e culturale ben determinato. Dalla concretezza della realizzazione e dalla diversità delle circostanze scaturisce la pluralità di orientamenti e di soluzioni che debbono essere moralmente accettabili.

Sul piano politico concreto, il carattere contingente di alcune scelte in materia sociale e il fatto che possano essere moralmente possibili diverse strategie per realizzare o garantire uno stesso valore di fondo, la possibilità di interpretare in maniera diversa alcuni principi basilari della teoria politica, nonché la complessità tecnica di buona parte dei problemi politici, spiegano che ci possa essere una pluralità di partiti all’interno dei quali i cattolici possono scegliere di esercitare il loro diritto-dovere nella costruzione della vita civile del loro Paese.

Bibliografia

  1. Binetti, ETICA E DEMOCRAZIA, ed. Lindau, Torino, 2012

[1]NOTA DOTTRINALE circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica. J. Ratzinger, Prefetto della Sacra congregazione per la dottrina della fede, 24 novembre 2002.

 

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