Che cos’è l’uomo perchè te ne ricordi? Genetica e natura umana nello sguardo di Jérôme Lejeune

Dal 15/12/2012
al 15/12/2012
Dalle 09:30
alle 12:30
Città Brescia
Luogo Sala Congressi Fondazione Poliambulanza - Via Bissolati 57
Relatori Pierluigi Strippoli, Prof. Associato di Biologia Applicata Università di Bologna
Collaborazione Fondazione Poliambulanza
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Sabato 15 dicembre si terrà un breve convegno per presentare la figura, quanto mai attuale, di un medico-scienziato che seppe coniugare scienza ed etica, a vantaggio dell’uomo nella sua inalienabile dignità. E’ il modello del medico di enorme capacità scientifica, che si pone al servizio del più piccolo ed indifeso dei malati: un feto o un bimbo affetto da sindrome di Down.
Viviamo un tempo di vera “caccia alle streghe” nei confronti di questi nostri disabili: scovarli ancora in utero con la diagnosi prenatale per sopprimerli. Ma ancor prima: isolarli con la diagnosi genetica pre-impianto per eliminarli e se – per colmo di “sfortuna” – dovessero sfuggire al setaccio, perché non estendere il diritto d’aborto al post-nascita? In sintesi: una cultura ed una società “eugenetica” ove non ci deve essere più posto per il Down, cui va negato il “diritto alla vita”.

Jerome Lejeune nasce in Francia nel 1926 e si laurea in medicina nel 1951, a Parigi.
Nel 1958. a soli 32 anni, quando ancora la genetica muoveva i primi passi, scopre l’anomalia cromosomica che provoca la sindrome di Down: trisomia 21. Immediatamente il suo nome si afferma a livello scientifico mondiale, tanto che nel 1962 viene nominato esperto di genetica umana presso l’Organizzazione Mondiale della Sanità e nel 1964 l’Università di Parigi istituisce per lui la prima cattedra di Genetica Fondamentale.
La bufera si abbatte su Lejeune nel 1970, quando la proposta di legge Peyret prevede la soppressione dei nascituri portatori di una embriopatia inguaribile. Lejeune, che prima di ogni altro, con la scoperta della trisomia 21 aveva aperto una concreta porta di speranza per i suoi piccoli malati, deve constatare con dolore che proprio dalla diagnostica prenatale si prende motivo per sopprimere la vita. Decide, quindi, di far sentire alta la sua voce in difesa dei piccoli malati, procurandosi, così, minacce, accuse ed umiliazioni. A Parigi apparvero scritte ingiuriose: “Bisogna uccidere Lejeune e i suoi mostriciattoli” e non mancarono anche aggressioni fisiche.
In quegli anni si reca all’ONU, ove è in corso una Conferenza Internazionale sulla Salute, che pone all’ordine del giorno il tema del “diritto di aborto”. Prende la parola e pronuncia la storica frase: “Ecco una gloriosa Istituzione per la salute che si trasforma in una istituzione di morte”.
La sera stessa, scrivendo alla moglie in Francia, le confida “Oggi pomeriggio mi sono giocato il premio Nobel”.
Nel 1974 la Santa Sede lo nomina membro della Pontificia Accademia delle Scienze e vent’anni più tardi Giovanni Paolo II°, istituendo l’Accademia per la Vita, lo nomina presidente. Accolse la nomina con grande soddisfazione e con un pizzico di ironia, dichiarando: “Il Santo Padre ha compiuto un gesto di speranza, nominando un moribondo…ma Egli sa che muoio in servizio effettivo!”. Due mesi dopo, il giorno di Pasqua, 3 Aprile 1994, Lejeune muore a Parigi.
L’11 aprile 2012 si è chiuso a Parigi il processo diocesano per la dichiarazione delle virtù eroiche.
Questa sua brevissima biografia parla da sola. Un uomo al servizio dell’uomo, con lo strumento della scienza; un medico che ha incarnato quello spirito che Ippocrate, quattro secoli prima di Cristo, aveva voluto sigillare con un giuramento: “Eserciterò la mia arte nell’innocenza e nella purezza; non somministrerò veleno qualsiasi sia la persona che me lo chieda e non darò prodotti abortivi ad una donna”. Pochi anni dopo, quella che potremmo definire la medicina del “politically correct”, per voce del premio nobel Lederberg, esprimeva la sua lugubre sentenza: “Valutando i costi umani e sociali legati alla sopravvivenza di bambini malformati o inguaribilmente malati, l’analisi genetica e l’aborto sono da preferire ad ogni altro approccio di terapia conservativa a lungo termine”.
Visitando la mostra, nel silenzio della propria coscienza, ognuno scelga da che parte stare.

Massimo Gandolfini

 

Per informazioni consultare il dépliant allegato

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