Il 5 maggio è stata approvata (alla quasi unanimità) alla Camera dei Deputati una mozione in tema di cure palliative, che evidenzia il ruolo rivestito dalle Reti di cure palliative nella risposta all’emergenza pandemica.
La mozione sollecita, in particolare, il Governo a potenziare le Reti per rispondere ai crescenti bisogni delle persone malate di ogni età, anche per patologie cronico-degenerative, attraverso: l’implementazione e l'integrazione delle cure palliative tra i servizi sanitari offerti in corso di pandemia e lo sviluppo delle connessioni e delle integrazioni con le branche specialistiche ospedaliere; la disponibilità per le équipe di cure palliative di strumentazioni tecnologiche, cliniche e di telecomunicazione adeguate alla gestione delle situazioni cliniche e relazionali determinate dalla pandemia; l’adozione di provvedimenti attuativi delle disposizioni del decreto-legge Rilancio che prevedono l'istituzione del «corso di cure palliative pediatriche» e della scuola di specializzazione in «medicina e cure palliative»; la programmazione di interventi di formazione in cure palliative rivolti al personale sanitario che opera in ambito ospedaliero, della residenzialità extraospedaliera e territoriale; il consolidamento e lo sviluppo delle unità di cure palliative domiciliari; il sostegno agli enti del terzo settore che svolgono attività di volontariato presso le reti medesime.
La mozione invita, inoltre, a riordinare le circolari ministeriali per la prevenzione delle infezioni da SARS-Cov-2 presso gli hospice, le strutture sociosanitarie e le strutture socioassistenziali e ad adottare un Protocollo uniforme sul territorio nazionale che, nell'ambito della riorganizzazione della rete ospedaliera correlata al Covid-19, assicuri: il mantenimento delle comunicazioni tra operatori e familiari; lo svolgimento delle visite da parte dei familiari, secondo regole prestabilite e consultabili dai familiari ovvero, in subordine o in caso di impossibilità oggettiva di effettuare la visita o come opportunità aggiuntiva, l'adozione di strumenti alternativi alla visita in presenza, come, ad esempio, videochiamate; l'individuazione, quanto meno per i pazienti che non siano affetti da COVID-19, di ambienti dedicati che siano adibiti all'accesso di almeno un familiare; l'individuazione di misure idonee ad assicurare in ogni caso la possibilità per i caregiver familiari di persone con disabilità di assistere i propri congiunti nel rispetto delle necessarie misure di sicurezza sanitarie; di assicurare, all'interno della rete ospedaliera e territoriale, la disponibilità di personale dedicato all'assistenza psicologica, sociale e spirituale con preparazione idonea.
Tali interventi risultano necessari per far fronte ai bisogni dei tanti malati: la cura e il sollievo nelle situazioni di estrema fragilità non può essere messo in secondo piano. Proprio domenica scorsa si è celebrata la XX Giornata Nazionale del Sollievo, istituita nel 2001 per “promuovere e testimoniare, attraverso idonea informazione e tramite iniziative di sensibilizzazione e solidarietà, la cultura del sollievo dalla sofferenza fisica e morale in favore di tutti coloro che stanno ultimando il loro percorso vitale, non potendo giovarsi di cure destinate alla guarigione”.
La Società Italiana di Neonatologia (SIN), in vista di tale occasione, ha ricordato la necessità di un progetto strutturato nell’ambito delle cure palliative dedicato ai neonati con malattie inguaribili che coinvolga le famiglie: con lo sviluppo delle tecnologie è indispensabile la progettazione e l’attuazione di percorsi di cure palliative perinatali, basati sulla multidisciplinarietà e sulla formazione specifica.
I progressi scientifici e tecnologici hanno, infatti, permesso di individuare sempre più precocemente “patologie congenite genetico-malformative e di assistere neonati di età gestazionale ai limiti della vitalità”, aumentando così la sopravvivenza degli stessi a lungo termine, spesso “gravata da comorbidità importanti e non suscettibili di guarigione”. È proprio la possibilità di sottoporre i neonati a trattamenti in grado di prolungarne la sopravvivenza, senza una ragionevole speranza di una guarigione, che “ha condotto il mondo medico-infermieristico a interrogarsi sulle basi etiche del proprio agire e sulla necessità di un’alleanza con le famiglie per la costruzione di un progetto di cura condiviso per i loro figli”.
Le cure palliative perinatali si differenziano dalle cure palliative pediatriche “per la tempistica del loro intervento” (che comprende il periodo prenatale e neonatale) e “per l’assenza di un unico luogo fisico in cui si svolgono e/o si concludono”, dal momento che “seguono la diade madre/bambino durante tutto il percorso diagnostico/assistenziale”: esse devono essere gestite da una équipe multidisciplinare formata da varie figure professionali (ginecologo, ostetrica, neonatologo, genetista, palliativista, bioeticista, psicologo, infermiere e eventualmente consulente spirituale della famiglia), in grado di garantire il supporto alla famiglia durante tutto il periodo perinatale, “attraverso la consulenza prenatale e la pianificazione delle cure che comprendano la gestione della gravidanza, la nascita, il ricovero in TIN, fino all’eventuale decesso o alla dimissione a domicilio o presso l’Hospice Pediatrico
Nell’85,5% delle Terapie Intensive Neonatali (TIN) italiane esistono oggi figure professionali specifiche di supporto per il personale sanitario e i genitori e nel 42% dei centri è previsto un percorso assistenziale con la possibilità di dimissione precoce e la gestione domiciliare della inguaribilità; la SIN evidenzia, tuttavia, che “solo in un terzo è presente un programma strutturato e una persona di riferimento per le Cure Palliative perinatali (dati Survey CPpn SIN)”. È, invece, indispensabile la progettazione e l’attuazione di percorsi di Cure Palliative perinatali “con l’obiettivo della presa in cura olistica della diade madre-bambino e di tutto il nucleo familiare”.
Come ricordato nel messaggio per la Giornata nazionale, il sollievo è possibile non soltanto grazie a nuovi farmaci e nuove terapie, “ma anche attraverso una cura umana fatta di attenzione, tenerezza, vicinanza, sostegno e amore”, che coinvolge anche la famiglia. Sollievo non significa, infatti, solamente “affrancamento dal dolore fisico o da altri sintomi, significa anche rispetto e centralità della persona”.