Il Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB) ha pubblicato un parere in merito alle problematiche bioetiche della “certificazione sanitaria ad uso non solo medico relativa a Covid-19” (Pass Covid-19) in corso di applicazione sia a livello europeo che nazionale. Il Parere, dal titolo “Passaporto, patentino, green pass nell’ambito della pandemia Covid-19: aspetti bioetici”, indica alcune riflessioni bioetiche, evidenziando criticità e vantaggi dello strumento.
Il Comitato, tra le varie denominazioni utilizzate per lo strumento (“passaporto”, “patentino”, “green pass” o “certificazione”), ha scelto di definirlo “certificazione sanitaria” con le specificazioni ‘per uso non solo medico’ e ‘relativa al Covid-19’: come sottolineato nel Parere tali indicazioni “hanno una valenza bioetica” dal momento che “precisano l’applicazione della certificazione ad ambiti diversi da quello sanitario e la non estensibilità automatica ad altri e futuri possibili usi non legati alla pandemia, entrambe questioni bioeticamente critiche”.
Il Pass Covid-19 dovrebbe documentare tre situazioni differenti: l’avvenuta vaccinazione; la presenza di anticorpi sufficienti a contrastare l’infezione (risultate da test sierologico oppure da certificato medico di guarigione dalla malattia); il tampone negativo nelle ore precedenti l’attività (entro le 48 ore).
Sul piano delle criticità il CNB evidenzia prima di tutto la non equivalenza delle tre certificazioni in termini di protezione e durata della protezione dal contagio, oltre che di trasmissibilità.
Viene, poi, sottolineato il rischio, in assenza di un numero di dosi di vaccino sufficiente a trattare tutta la popolazione, di accentuare discriminazioni tra chi ha avuto la possibilità di vaccinarsi e chi, pur volendolo, non lo ha potuto fare. Per il Comitato la richiesta di certificazione dovrà tenere conto di coloro che, pur volendolo, non potranno vaccinarsi per motivi medici o perché il vaccino non è stato sperimentato su di loro (ad esempio, minori).
Un effetto discriminatorio permane anche nel caso del Pass Covid-19 che includa, oltre al certificato relativo ai vaccini, anche il test sierologico o il certificato di guarigione nonché i tamponi, “visto il disallineamento del rischio tra i soggetti vaccinati e i soggetti che non hanno potuto vaccinarsi e per i costi e la necessaria ripetizione periodica del test sierologico e del tampone”. Rispetto a tali discriminazioni il CNB propone di renderli sempre gratuiti, nonché di garantire una comunicazione istituzionale chiara sui rischi.
Un altro problema è legato a possibili discriminazioni in base alla provenienza geografica, nel caso in cui le Regioni o i singoli comuni richiedano certificazioni aggiuntive e non coincidenti.
Nel Parere è poi indicato un altro elemento critico, legato al rischio psicologico di un falso senso di sicurezza: data l’impossibilità di eliminare del tutto il rischio di contagio, il possesso del Pass Covid-19 potrebbe generare comportamenti rischiosi per la salute propria e di altri. Anche in questo caso il CNB propone una “corretta ed estesa informazione sui vantaggi” del Pass Covid-19, “ma anche sui suoi limiti, nonché campagne di comunicazione ad hoc pianificate da esperti”.
Per il Comitato emerge, poi, “il problema bioetico dell’utilizzo di dati sensibili, come quelli relativi alla salute, per fini non strettamente o non necessariamente medici”. La certificazione vaccinale è un documento già esistente all’interno del Servizio Sanitario Nazionale, destinato prevalentemente ad uso medico: un utilizzo diverso mette in pericolo la tutela della riservatezza dei dati e crea problemi relativi all’intrusione nella sfera privata individuale. Saranno, pertanto, da “individuazione dei limiti e delle garanzie a condizione dei quali sia possibile modificare l’uso della certificazione estendendola ad ambiti non medici, con l’obiettivo di esonerare i titolari da alcune restrizioni attualmente in vigore per contenere il contagio”.
L’uso della certificazione potrebbe, inoltre, costituire un precedente per un futuro uso permanente del ‘passaporto biologico’, come sorveglianza biopolitica della popolazione: esso consentirà la “rilevazione di determinate condizioni di salute per garantire la libertà di movimento e l’accesso a determinati luoghi, servizi, attività o beni, in una ‘sanità etica’, che distingue i cittadini a seconda dei comportamenti adottati, reputati più o meno virtuosi in base ai criteri stabiliti dalle autorità statali e/o sanitarie, introducendo possibili forme surrettizie di controllo improprio della popolazione”.
Il pass condizionerà la libertà di movimento alla certificazione sanitaria, “aprendo la strada all'introduzione del ‘passaporto biologico’ non tanto come risultato inevitabile di una sorta di slippery slope, quanto per l’imporsi del principio prioritario di tutela dal danno di insalubrità”.
Passando all’analisi dei vantaggi del Pass Covid-19, il CNB rileva, innanzitutto, “una doverosa premialità per chi, con responsabilità solidale, si è vaccinato assumendosi i rischi: la certificazione è, così, “uno strumento giuridico e un incentivo all’accettazione del vaccino” anche per gli ‘esitanti’.
La certificazione consentirà a molti soggetti una maggiore libertà di movimento e di accesso ad attività, nel rispetto delle misure volte alla tutela della salute pubblica: l’obiettivo è trovare un bilanciamento fra la riduzione della diffusione del contagio e la parziale ripresa delle attività economiche, educative, ricreative, culturali, religiose e di culto.
I vantaggi del Pass Covid-19 vanno, però, “considerati tenendo conto della eccezionalità della situazione pandemica”: lo strumento è una misura straordinaria, legata esclusivamente ed eccezionalmente alla gravità dell’attuale crisi sanitaria, per il tempo strettamente necessario, non essendo accettabili forme di sorveglianza permanente.
Alla luce delle criticità e dei vantaggi esaminate il CNB raccomanda la gratuità dei test sierologici e dei tamponi, la disponibilità concreta ed effettiva dei test su tutto il territorio nazionale e una campagna di informazione capillare, completa e comprensibile che evidenzi le opportunità e i limiti.
Il Comitato ritiene opportuno che tale strumento sia introdotto e regolato da un’apposita legge statale, che ne garantisca omogeneità e coordinamento su tutto il territorio nazionale. Necessarie saranno garanzie per impedire abusi e specificazioni ulteriori dei principi di proporzionalità e temporaneità per l’uso dello strumento.
Il certificato dovrà essere, inoltre, uno strumento gratuito, comprensibile, facile da ottenere e agevole, in forma digitale e cartacea, con misure che ne garantiscano l’autenticità. Per quanto riguarda le indicazioni d’uso, esse devono essere basate su dati scientifici aggiornati. I dati in esso contenuti, in particolare quelli relativi alla salute, dovranno essere tutelati, così come il loro trattamento, in conformità alla normativa sulla protezione dei dati personali.
Le indicazioni d’uso del Pass dovranno essere basate su dati scientifici e aggiornati sull’andamento del contagio, sulle varianti del virus, sul grado e sulla durata dell’immunità.
In alcun caso il pass potrà “costituire la premessa per misure automatiche più ampie e definitive”, come ad esempio il passaporto biologico, “o per altre forme di tracciamento, profilazione o sorveglianza”.
Risultano, pertanto, condizioni necessarie per l’uso del Pass Covid-19: la previsione di una normativa specifica, contenente garanzie e limiti, anche temporali; il potenziamento su tutto il territorio nazionale di tamponi e test gratuiti; la continuazione della campagna vaccinale.
Fondamentale e prioritaria è, in ogni caso, la continuazione della ricerca sui vaccini: il vaccino rappresenta ancora “il più forte strumento di tutela della salute individuale e collettiva” contro il virus ma permangono ancora incertezze dal punto di vista scientifico sull’immunità (potendo, ad esempio, la persona vaccinata essere fonte di contagio) e sulla sua durata, come anche dubbi sull’efficacia dei vaccini nei confronti delle varianti.
Le incertezze scientifiche, il rischio psicologico, evidenziato anche dal CNB, di un senso di sicurezza non reale e i possibili effetti discriminatori rimangono zone d’ombra da considerare.