La ricerca internazionale è negli ultimi mesi sempre più impegnata a sviluppare un vaccino sicuro ed efficace in grado interrompere, o almeno di rallentare, la trasmissione del Covid-19. Ad oggi numerose sono le proposte di vaccino e le sperimentazioni in corso che hanno raggiunto diverse fasi. È, inoltre, appena iniziata la somministrazione di un vaccino in Inghilterra, mentre in Italia è stato pubblicato un piano strategico della Presidenza del Consiglio, del Ministero della salute, dell’ISS, dell’Aifa e dell’Agenas sulle azioni che sarà necessario implementare per garantire la vaccinazione anti-Covid19, secondo standard uniformi, e per il monitoraggio e la valutazione tempestiva della vaccinazione stessa.
Anche il Comitato nazionale per la Bioetica (CNB) è intervenuto sul tema dei vaccini prima con il documento “La sperimentazione biomedica per la ricerca di nuovi trattamenti terapeutici nell’ambito della pandemia covid-19: aspetti etici” del 22 ottobre scorso e, nelle ultime settimane, con un nuovo documento su “I vaccini e Covid-19: aspetti etici per la ricerca, il costo e la distribuzione”.
Il CNB ha così proposto una riflessione etica sulla ricerca, sulla produzione e sulla distribuzione del vaccino contro il Covid-19, “partendo dalla consapevolezza delle condizioni di incertezza sul piano scientifico ed epidemiologico sul virus”.
Nonostante l’emergenza sanitaria abbia spinto notevolmente la ricerca in tale ambito, con la speranza di arrivare in tempi brevi ad un vaccino sicuro ed efficace, il Comitato ricorda come ciò non deve portare “a ridurre i tempi della sperimentazione, indispensabili sul piano scientifico, bioetico e biogiuridico, per garantire la qualità e la protezione dei partecipanti”.
I tempi medi per immettere un nuovo vaccino sul mercato sono di solito superiori ai 2 anni. La pandemia ha sicuramente portato a una velocizzazione delle procedure per il vaccino: tuttavia, “sebbene sia ovvio che le ricerche per un vaccino scientificamente valido ed efficace debbano avere una corsia preferenziale, al fine di tutelare la salute individuale e pubblica, l’emergenza non deve portare a ridurre i tempi o addirittura ad omettere le fasi della sperimentazione, definite dalla comunità scientifica internazionale requisiti indispensabili sul piano scientifico, bioetico e biogiuridico, per garantire la qualità, la sicurezza e l’efficacia di un farmaco”. Per il Comitato la possibilità di ridurre i tempi del vaccino va ricercata “semplificando le procedure amministrative per la revisione delle ricerche, eliminando le inefficienze amministrative e burocratiche”, ma non a discapito della sicurezza dello stesso.
Il CNB affronta poi il problema dei costi del vaccino, che potrebbero essere molto elevati. Sarà allora necessario “lavorare ad una strategia di contenimento insieme agli altri Paesi”, come quella proposta dall’Unione Europea che sta raccomandando una strategia comune europea con la doppia finalità del contenimento dei costi e dell’equa distribuzione.
Il Comitato raccomanda, infatti, di considerare il vaccino un “bene comune”, e attribuisce “alle politiche il compito di intervenire e controllare una produzione e distribuzione che non siano regolate unicamente dalle leggi di mercato”. Tale raccomandazione non è solamente un mero auspicio, “ma piuttosto un obbligo a cui deve far fronte la politica internazionale degli Stati”.
È, infatti, “eticamente doveroso raccomandare la collaborazione globale, l’apertura scientifica ed economica come unico valido percorso per superare questa crisi, a cui l’umanità è chiamata a fare fronte”. A livello internazionale dovrà essere allora previsto un coordinamento per la distribuzione dei vaccini, “nella consapevolezza che nessun Paese sarà completamente protetto se il mondo non sarà protetto”.
L’attenzione per l’equa distribuzione del vaccino contro il Covid-19 non dovrebbe restare un caso isolato, ma diventare “l’occasione per costruire una solidarietà internazionale che ponga fine alle gravi limitazioni nella tutela della salute che ancora permangono in molti Paesi”. Il tema è, allora, quello delle gravi diseguaglianze in ambito sanitario.
Per evitare nuove discriminazioni, soprattutto a discapito della popolazione più vulnerabile, ogni scelta di distribuzione del possibile vaccino dovrà fondarsi sul “principio morale, deontologico e giuridico generale della uguale dignità di ogni essere umano e di assenza di ogni discriminazione” e sul “principio morale integrativo dell’equità”, così come previsto anche a livello costituzionale dall’art. 3 Cost., che garantisce non soltanto una uguaglianza formale dinnanzi alla legge ma anche una eguaglianza sostanziale nelle condizioni diseguali di partenza, “con la considerazione di vulnerabilità per specifici bisogni”.
Importante sarà dare una informazione chiara, trasparente, adeguata e coerente alla popolazione, anche per quanto riguarda i criteri di priorità nelle vaccinazioni. Questi ultimi sono “stabiliti sulla base dell’identificazione di gruppi ‘più a rischio’ per l’attività lavorativa svolta o per le condizioni di età e di salute: l’esclusivo obiettivo della determinazione delle priorità consiste nell’esigenza etica di proteggere il più possibile ogni persona, nel rispetto dei principi di uguaglianza, alla luce dei doveri di solidarietà sociale (artt. 2 e 3 Cost.)”.
Il CNB auspica, inoltre, che l'attribuzione specifica a singoli gruppi sia definita sulla base di competenze multidisciplinari (medici, bioeticisti, giuristi, rappresentanti di pazienti, sociologi, statistici, ecc.) in modo che sia possibile valutare la situazione concreta al momento, in base “alla dinamica epidemiologica, alla sua incidenza sulle diverse fasce della popolazione, alla qualità e quantità di vaccino disponibile, al bilanciamento rischi/benefici”.
Un tema molto delicato e discusso è quello dell’eventuale previsione dell’obbligatorietà del vaccino. In via generale, il CNB ricorda come sia “sempre auspicabile il rispetto del principio che nessuno subisca un trattamento sanitario contro la sua volontà”, così come previsto anche dal secondo comma dell’art. 32 Cost.: la preferenza è per “l’adesione spontanea rispetto ad un’imposizione autoritativa, ove il diffondersi di un senso di responsabilità individuale e le condizioni complessive della diffusione della pandemia lo consentano”. A tal fine un ruolo centrale per incrementare l’adesione spontanea e la fiducia della popolazione sarà svolto da una trasparente e chiara campagna informativa sul significato individuale e sociale della vaccinazione e sui rischi e benefici del vaccino stesso.
Il Comitato è, però, anche “consapevole che sono riconosciute per legge nel nostro ordinamento ed eticamente legittime forme di obbligatorietà dei trattamenti sanitari, quali appunto il vaccino, in caso di necessità e di pericolo per la salute individuale e collettiva”.
Nel caso specifico della pandemia in atto, “che mette a rischio la vita e la salute individuale e pubblica, tanto più qualora non si disponga di nessuna cura”, il Comitato ritiene “eticamente doveroso che vengano fatti tutti gli sforzi per raggiungere e mantenere una copertura vaccinale ottimale attraverso l’adesione consapevole”. Tuttavia, nel caso in cui la gravità della situazione sanitaria perduri, considerata “l’insostenibilità a lungo termine delle limitazioni alle attività sociali ed economiche”, il Comitato ritiene “che - a fronte di un vaccino validato e approvato dalle autorità competenti - non vada esclusa l'obbligatorietà, soprattutto per gruppi professionali che sono a rischio di infezione e trasmissione di virus”.