S&V FOCUS | TRAPIANTO DI UTERO: I RISCHI PER LA VITA DEL BAMBINO GLI APPROFONDIMENTI DI SCIENZA & VITA | DI FRANCESCA PIERGENTILI

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Il trapianto di utero combina le nuove possibilità aperte dalle tecniche di fecondazione assistita e i progressi della medicina dei trapianti: attraverso il trapianto donne che hanno subito l’asportazione dell’organo o con una infertilità assoluta da fattore uterino possono portare a termine una gravidanza e dare alla luce un figlio.

Nel settembre 2022 è nata all’Ospedale Cannizzaro di Catania una bambina alla donna che ha ricevuto il primo trapianto di utero realizzato in Italia: si tratta, come ha ricordato anche il Centro Nazionale Trapianti (CNT), della prima nascita di questo tipo nel nostro Paese e del sesto caso al mondo di gravidanza portata a termine con successo dopo un trapianto di utero da donatrice deceduta.

Il trapianto era avvenuto nell’agosto 2020 sulla donna con infertilità causata dalla sindrome di Rokitansky. Nel mese di gennaio 2022 è stato effettuato, sempre a Catania, il secondo trapianto di utero; la Regione Sicilia ha dato notizia di un recente terzo trapianto effettuato nel gennaio 2023.

Mentre l’80% dei trapianti di utero eseguiti nel mondo sono stati realizzati grazie a donazioni da vivente, in Italia il protocollo sperimentale, approvato nel 2018 dal CNT, prevede la possibilità di prelevare l’organo da destinare al trapianto solo da donatore deceduto.

Nella materia si ritrovano questioni etiche legate alle tecniche di procreazione artificiale, ma anche quelle proprie della materia dei trapianti; alcune problematiche sono, invece, esclusivamente legate a questo tipo di trapianto.

Le operazioni di trapianto sono ormai, da tempo, consentite, anche in deroga al generale divieto di atti che cagionano una diminuzione permanente all’integrità fisica, nonostante i rischi, per la tutela della salute e della vita del paziente bisognoso dell’organo: il trapianto è generalmente una operazione “salva-vita”. Nel caso di trapianto di utero, però, il bilanciamento rischi/benefici è in realtà profondamente diverso.

Il trapianto di utero non è, a differenza degli altri trapianti, infatti, salva-vita, non riguarda, infatti, un organo vitale: il trapianto avrebbe come finalità quella di “dare la vita” attraverso i progressi in campo biotecnologico. Il trapianto non ha così il fine di ripristinare l’integrità corporea della donna: anche se riguarda sempre una parte del corpo di una donna, la finalità va oltre il donatore e il ricevente l’organo, dal momento che è destinato alla nascita di un bambino.

Nel trapianto di utero sono anche molto alti i rischi per la donna che riceve l’utero e che tenta di porta avanti la gravidanza. La chirurgia che sottende al trapianto è molto complessa e rischiosa, essendo necessari almeno tre interventi sulla ricevente per il successo dell’intervento e per la nascita del figlio: l’impianto dell’utero, a cui segue la terapia immunosoppressiva per evitare il rigetto; il parto cesareo, qualora la gravidanza prosegua con successo; la rimozione dell’utero, necessaria per non continuare la terapia immunosoppressiva anche dopo l’eventuale nascita del figlio.

Oltre al fisiologico problema del rigetto, comune alle altre operazioni di trapianto, nel caso di trapianto si segnalano in sede di intervento lacerazioni dei vasi sanguigni e della parete della vescica, e nel post-intervento infezioni legate a trombosi vascolari.

Si segnalano, inoltre, gli importanti rischi per la vita del bambino durante la gravidanza, per il pericolo legato alla “precarietà” del trapianto stesso.

Un recente articolo pubblicato su Bioethics sul tema, cerca di analizzare la problematica tentando di valutare i rischi e i benefici del trapianto di utero nella prospettiva dell’esperienza soggettiva di sofferenza esistenziale. Il trapianto, infatti, viene eseguito non per ripristinare l’integrità corporea ma per alleviare la sofferenza causata dall’assenza di un utero per la donna che ha il desiderio di portare avanti una gravidanza e avere un bambino.

Nell’articolo si sostiene che la sofferenza è generalmente considerata un importante criterio in medicina, ma la medicina non può alleviare ogni forma di sofferenza.

Si analizzano, così, i rischi e i benefici previsti per i tre soggetti direttamente coinvolti: il bambino, il donatore e il ricevente. In particolare si evidenzia che tutti i bambini nati finora dopo il trapianto di utero sono stati esposti ai rischi legati alle tecniche di procreazione assistita, a quelli della gravidanza sotto terapia immunosoppressiva e a quelli legati al parto prematuro con taglio cesareo.

Queste procedure sono associate alla prematurità e al basso peso alla nascita, che aumentano il rischio di morbilità e mortalità infantile. Si è, inoltre, osservato che i dati a lungo termine sono quasi inesistenti a causa della novità della tecnologia: il rapporto rischio-beneficio per i bambini coinvolti nel trapianto rimane ancora poco chiaro.

Per quanto riguarda la nozione di sofferenza esistenziale gli autori affermano che essa è generalmente valutata dalla prospettiva soggettiva del sofferente ma che nell’ambito dell’intervento medico e nella valutazione del rapporto rischi e benefici tale prospettiva non è sufficiente: la sofferenza esistenziale che tenta di alleviare il trapianto di utero non può di per sé legittimare una procedura molto costosa e ad alto rischio per la vita della donna e del bambino.

Per approfondire:

 

 

 

 

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