Dopo quasi vent’anni di attività, l’Associazione Scienza & Vita cambia forma trasformandosi nel Centro studi “Scienza & Vita” (Cs S&V). Del nuovo progetto – promosso e supportato dalla Conferenza episcopale italiana – parliamo con il presidente Alberto Gambino, secondo il quale “oggi c’è bisogno di pensiero, di una capacità di approfondimento scientifico e valoriale”, ma anche di uno spazio pacato di confronto. Tra gli intenti del neonato CS S&V il potenziamento degli aspetti formativi e la disponibilità ad affiancare i vescovi sul territorio perché, “come abbiamo visto con diverse decisioni regionali sul fine vita, è a livello regionale che oggi si giocano i temi antropologicamente più rilevanti rispetto ai quali le diocesi si trovano in prima linea”
Nata nel 2005 in occasione del referendum sulla legge 40 in materia di procreazione medicalmente assistita, dopo quasi vent’anni di attività l’Associazione Scienza & Vita cambia forma trasformandosi nel Centro studi “Scienza & Vita” (CS S&V). Inizia così un nuovo progetto – promosso e supportato dalla Conferenza episcopale italiana – che, in continuità di valori, finalità e obiettivi intende sviluppare uno spazio di pensiero bioetico approfondito. A guidare Scienza&Vita nella sua nuova veste è ancora il giurista Alberto Gambino, affiancato da un Comitato scientifico potenziato e arricchito con figure professionali autorevoli e diversificate. Con Gambino abbiamo parlato di motivazioni e obiettivi del neonato Centro studi che definisce “una ricchezza per il laicato e per la Chiesa”.
Una nuova stagione. “Il Centro studi ‘Scienza & Vita’ – esordisce Gambino – nasce da una stagione culturale e sociale nuova rispetto al periodo che vide l’origine di quella che fino a ieri è stata l’Associazione storica. Allora ci trovavamo in una fase di forte conflittualità su alcuni principi, valori, normative. Scienza & Vita vide la luce in occasione del referendum sulla legge 40; in quel momento storico c’era bisogno di un gruppo di cittadini, anche militanti, che credessero fino in fondo ad alcuni valori. Vennero costituiti più di 600 comitati locali di S&V che parteciparono in modo attivo alla consultazione, che si concluse con la prevalenza dell’astensione, e quindi con il mantenimento di una norma, che non era certo una legge cattolica ma veniva interpretata come un argine al Far West della provetta”.
In comunione con la Cei. Da quei 600 comitati, prosegue il presidente di S&V, “con il card. Ruini, allora presidente della Cei, si pensò di non disperdere questo patrimonio di persone e di idee”. Di qui la decisione di trasformare i comitati in associazione: “da oltre 600 scesero a 115 e si trasformarono in altrettante associazioni locali che diedero vita a livello centrale a quella che fino a ieri è stata la S&V che abbiamo conosciuto”. Un’ associazione “fatta di militanza, di pensiero e di confronto sui grandi temi dell’attualità legati a bioetica, valori e diritti umani”. Oggi, nel contesto attuale, è maturata la decisione di rilanciare S&V sotto un’altra prospettiva. “In questo momento storico – spiega il presidente –
c’è bisogno soprattutto di pensiero, di una capacità di approfondimento scientifico e valoriale sui temi bioetici
oggetto dell’impegno di Scienza&Vita, non più per confrontarsi a livello pubblico, quasi in uno scontro con altre idee, ma piuttosto per approfondirli in maniera qualificata al fine di offrire alla cittadinanza – in comunione con la Conferenza episcopale, e questo è l’elemento di novità – temi con forte valenza antropologica, ma sempre meno conosciuti dall’opinione pubblica e che stanno drammaticamente diventando scelte sociali”. Il giurista si riferisce, ad esempio, all’ambito del fine vita: “da tema legato alla dignità della persona umana sta ora diventando argomento di dibattito su quale sia la missione del Ssn: curare, portare le persone all’autodeterminazione o, addirittura, interrompere la vita?”. Una deriva, quest’ultima, di cui a pagare il prezzo più alto sarebbero “i cittadini soli, abbandonati, fragili”. Di qui, prosegue Gambino, “in comunione con la Cei si è pensato che S&V possa diventare davvero un Centro studi di confronto e consiglio reciproco con i nostri pastori, incardinato anche fisicamente negli uffici della Conferenza episcopale dove ci stiamo già trasferendo per lavorare fianco a fianco”.
Ulteriore obiettivo del neonato CS S&V è il potenziamento dell’aspetto formativo. Gambino ricorda la tre giorni sulle cure palliative, l’anno scorso a Subiaco, che ha visto la partecipazione di circa 50 di giovani di tutta Italia, una quindicina dei quali allievi di un master universitario in materia. “Vorremmo potenziare molto più la formazione ed esprimere pareri sulle tematiche sensibili della bioetica che attraversano la nostra quotidianità. Per questo, attraverso le figure designate dalla Cei, abbiamo arricchito il Comitato scientifico inserendovi scienziati legati alla realtà concreta della fragilità, della disabilità, della sofferenza, della vita nascente: neonatologi, palliativisti, oncologi, infermieri, persone vicine al letto del paziente”.
Il Centro studi è “un rilancio e per certi versi una maturazione. Aumenta la responsabilità di chi lo guiderà e rafforza il legame tra il laicato e i nostri pastori, che diventa più strutturato”, sottolinea ancora il giurista definendolo
“una ricchezza per il laicato e per la Chiesa”.
Di qui la gratitudine per la fiducia accordata e la disponibilità ad affiancare anche i vescovi sul territorio perché, “come abbiamo visto con diverse decisioni regionali sul fine vita,
è a livello regionale che oggi si giocano i temi antropologicamente più rilevanti rispetto ai quali le diocesi si trovano in prima linea”.
Nello statuto del Centro studi sono previsti anche gli “Amici di S&V”, ossia le vecchie associazioni locali che si ridefiniscono integrando la propria composizione con scienziati e figure del mondo accademico.
Spazio di confronto. “Contro l’ideologia e la strumentalizzazione diffuse – conclude Gambino – vogliamo andare in profondità su questi temi promuovendo un ragionamento pacato, uno spazio in cui anche chi non la pensa come abbia il desiderio di confrontarsi. Riteniamo che anche in un momento di conflitti mondiali, questo possa costituire un passo verso una pacificazione, che ovviamente inizia da una pacificazione culturale e sociale perché
la pace si costruisce dall’interno della cittadinanza”.