S&V FOCUS | LA “SVOLTA” DIGITALE NELLA BIOETICA. PRO E CONTRO GLI APPROFONDIMENTI DI SCIENZA & VITA | DI FRANCESCA PIERGENTILI

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L’innovazione digitale ha un ruolo sempre più importante nelle attività e nelle decisioni prese dall’uomo, arrivando a influenzare persino il modo di pensare e di agire della persona.

Tale innovazione si è, infatti, inserita in moltissimi aspetti della vita umana, sia nell’ambito sociale che personale: è entrata nell’economia, nel mondo del lavoro, nella scuola, nella formazione, nella sanità, nelle relazioni umane.

La digitalizzazione ha consentito non solo la riduzione delle distanze, la velocizzazione delle operazioni e lo scambio di informazioni e di dati ma ha anche cambiato il modo della persona di percepire lo spazio, il tempo e il limite.

Le tantissime “tracce digitali”, lasciate in rete sono conservate e analizzate da algoritmi: azioni e intenzioni sono, così, conoscibili e prevedibili; scelte e comportamenti futuri diventano influenzabili.

L’innovazione digitale non poteva, allora, non interessare anche la Bioetica, incidendo nel suo ambito di ricerca: gli strumenti digitali consentono, infatti, di espandere le capacità di indagine della disciplina, facendo divenire anche lo spazio digitale oggetto di ricerca empirica.

La Bioetica è, così, oggi chiamata ad interrogarsi sia sui limiti e sull’eticità della trasformazione digitale nella società attuale, ma anche sui propri strumenti di ricerca e di indagine.

Un recente articolo pubblicato sulla rivista Bioethics, dal titolo “The birth of the “digital turn” in bioethics?” prova a ricostruire il tema della c.d “bioetica digitale”, esaminando i confini della disciplina, le nuove possibilità, le sfide e i pericoli nel campo di ricerca.

Gli autori ricordano come, in passato, la Bioetica ha già vissuto una “svolta” importante con la bioetica empirica: intorno agli anni 2000 si è, infatti, passati da una disciplina dominata per lo più dalla filosofia, dal diritto e dalla teologia a una crescente attenzione per i metodi empirici delle scienze sociali. La ricerca bioetica è stata, in seguito, condotta sempre più attraverso discipline empiriche, come la sociologia, l’antropologia e la psicologia.

Le motivazioni della “svolta” riportate nello studio sono state: l’esigenza di una analisi sensibile e attenta al contesto specifico delle questioni in campo, considerato come punto di partenza dell’indagine stessa, la maggior influenza della medicina basata sulle prove e l’interesse crescente per il punto di vista dei soggetti direttamente coinvolti nel campo di indagine (come pazienti, parenti, personale sanitario).

Oggi non si può non notare il fenomeno nuovo e, in un certo senso, rivoluzionario, legato proprio alla “svolta” digitale, per quanto riguarda gli strumenti e i metodi di ricerca. Dalla analisi dei volumi delle principali riviste in materia degli ultimi anni (in particolare dell’anno 2020, del 2021 e del 2022), è emerso l’uso e l’applicazione nelle ricerche non solo dei metodi socio-empirici, ma anche degli strumenti propri della scienza dei dati.

Alcuni autori hanno, ad esempio, evidenziato come la bioetica può trarre benefici dai metodi di ricerca digitale per indagare fenomeni eticamente rilevanti, utilizzando tecniche computazionali che trattano i contenuti online e le tracce digitali come fonti di conoscenza; altri autori hanno utilizzato un approccio chiamato “bioetica del design” e cioè la progettazione e l’uso di strumenti appositamente costruiti e ingegnerizzati per la ricerca, l’educazione e l’azione in campo bioetico; altri ancora hanno ricostruito un processo decisionale basato su algoritmi per supportare le consultazioni di etica clinica.

I metodi applicati all’interno della cd. bioetica digitale sono, pertanto, molteplici e di diversa natura, ma possono essere classificati in due sottogruppi: vi sono, infatti, metodi digitali che aumentano o sostituiscono i metodi empirici della ricerca bioetica (e si parla in tal caso di bioetica digitale empirica) e metodi digitali che, invece, supportano le analisi teoriche e concettuali (bioetica digitale argomentativa). In questo secondo gruppo rientrano le tecniche di recupero automatico delle informazioni e la generazione automatica di testi. Il vantaggio principale, in questo caso, è che gli strumenti digitali elaborano una enorme quantità di testi. Questi metodi potrebbero, allora arricchire la procedura metodologica delle revisioni sistematiche di argomenti e delle questioni etiche, ma anche aiutare nella preparazione di analisi concettuali guidate sulle questioni bioetiche emergenti.

La digitalizzazione è, così, entrata nella bioetica, in particolare nell’etica clinica, nell’etica della ricerca e nel campo dell’etica della salute pubblica, attraverso soprattutto l’elaborazione di dati, informazioni e conoscenze. Le tecnologie avanzate sono sempre più utilizzate per supportare le analisi bioetiche ma è necessario anche interrogarsi sui limiti.

Le analisi etiche “semi-automatizzate” richiedono, infatti, una valutazione continua e rigorosa dal punto di vista etico. Nell’articolo si riporta, ad esempio, il rischio di discriminazioni ingiuste causate dall’addestramento degli algoritmi e il problema dell’adeguata divisione del lavoro e della responsabilità tra eticisti e programmatori (umani e non umani) considerando i potenziali effetti a lungo termine.

Si ritiene necessaria, inoltre, una definizione rigorosa degli standard metodologici. Tali strumenti non dovrebbero, poi, sostituire i metodi già utilizzati nell’indagine bioetica, ma andrebbero utilizzati a complemento e a integrazione.

Si ricorda, in aggiunta ai pericoli già riportati, il rischio dell’automatismo tecnico e dell’impoverimento della percezione del reale, che non è mai pienamente riducibile al dato formale e alla sola analisi dei dati, soprattutto nel campo delle questioni bioetiche.

A tal proposito si ricordano le recenti parole del Papa rivolte all’udienza dei membri della pontificia Accademia per la Vita, in occasione della 28ª Assemblea generale, sul tema Converging on the person. Emerging Technologies for the Common Good: “… la tecnologia non può soppiantare il contatto umano, il virtuale non può sostituire il reale e nemmeno i social l’ambito sociale”… “nelle distinzioni tra naturale e artificiale, biologico e tecnologico, i criteri con cui discernere il proprio dell’umano e della tecnica diventano sempre più difficili. Perciò è importante una seria riflessione sul valore stesso dell’uomo”.

Il vero pericolo è, in fondo, che anche la ricerca bioetica venga influenzata da aspetti meramente quantitativi e funzionali a discapito degli aspetti qualitativi e valutativi, parte necessaria dell’indagine bioetica.

  1. Salloch, S., & Ursin, F. (2023). The birth of the “digital turn” in bioethics? Bioethics, 37, 285– 291.

 

  1. Schneider, E. Vayena, A. Blasimme, Digital bioethics: introducing new methods for the study of bioethical issues, Journal of Medical Ethics, 6.5.20022
  1. García-Vigil JL. Reflections around ethics, human intelligence and artificial intelligence. Gac Med Mex. 2021;157(3):298-301

 

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