S&V FOCUS | EUTANASIA PEDIATRICA: ALCUNE RIFLESSIONI SULLA SITUAZIONE OLANDESE GLI APPROFONDIMENTI DI SCIENZA & VITA | DI FRANCESCA PIERGENTILI

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Il tema della eutanasia pediatrica è oggi nuovamente sotto i riflettori per la decisione del governo olandese di rendere possibile l’eutanasia per i bambini inguaribili anche sotto i dodici anni.

L’eutanasia, consentita già dal 2002 per i minori con età superiore ai 16 anni, è stata estesa, di fatto, con il Protocollo di Groningen anche ai minori tra i 12 e i 16 anni, con il consenso dei genitori. Tale Protocollo aveva consentito l’eutanasia per il neonato affetto da gravi patologie, fino al compimento del primo anno di età.

Il Protocollo, come anche la normativa del 2002, stabilisce le procedure per i medici da seguire per “liberare dal dolore” i bambini gravemente malati, in presenza di una sofferenza “insopportabile e disperata” e con il consenso informato di entrambi i genitori. La diagnosi e la prognosi devono essere certe e confermate anche da un medico indipendente.

La decisione di estendere a tutti i minori fino ai 12 anni di età l’eutanasia, verrebbe così a colmare, secondo i sostenitori, “un vuoto”, ritenuto non giusto e discriminatorio: perché l’eutanasia pediatrica dovrebbe essere limitata ai neonati e agli adolescenti e non permessa a tutti i minori?

Ammessa la legittimità dell’eutanasia per l’adulto che ne faccia richiesta, velocemente si è passati a estendere tale richiesta di “dolce morte” ai neonati e agli adolescenti: perché escludere i bambini? Lo scivolamento sul piano inclinato dell’eutanasia non si arresta, anzi, sotto le mentite spoglie del “riempimento di vuoti”, è destinata a raggiungere anche altri soggetti che vivono una sofferenza ritenuta “insopportabile”.

Nel caso dei minori, l’eutanasia non avrebbe piú fondamento nella libera scelta e nella autonomia del paziente, baluardo a sostegno della richiesta di morte in tutti gli altri ambiti, ma nella decisione dell’adulto che valuta insopportabili le sofferenze del bambino, soggetto non autonomo.

L’eutanasia nel caso dei bambini, pertanto, prescinde dalla volontà del soggetto ma si fonda sulla decisione di altri (genitori o tutori) e sul giudizio del medico sul valore da dare al dolore e alla sofferenza del paziente.

Non è, allora, il principio di autonomia al centro della richiesta di morte ma la decisione esterna dell’adulto sul minore non autonomo, incapace di valutare e di chiedere la propria morte. L’eutanasia troverebbe giustificazione nella liberazione del minore dal dolore ritenuto “inutile” e dalla sofferenza valutata come “insopportabile” dall’adulto.

Un recente articolo sul tema dal titolo Neonatal euthanasia in the context of palliative and EoL care riconosce come giustificazione etica dell’eutanasia pediatrica non l’autodeterminazione del bambino ma la “determinazione dei genitori” (“parental determination”) definita come “ponte” tra il principio dell’autodeterminazione personale e il principio di beneficenza. Si presume, cioè, che i genitori siano garanti del miglior interesse del figlio rispetto anche alla valutazione dei medici.

Secondo i protocolli olandesi chi valuta la sofferenza del bambino come “insopportabile” è, infatti, il medico ma a decidere saranno in ogni caso i genitori. Si dimentica, tuttavia, che i genitori chiamati a decidere sulla vita o sulla morte del bambino sofferente si troveranno, anch’essi, in una situazione di profonda sofferenza e la decisione potrebbe essere non così semplice e “garantita”.

In tali orizzonti, è da ricordare che quando si parla di “minore” si fa riferimento a tantissimi soggetti e pazienti con bisogni specifici e condizioni molto differenti. Nei bambini, poi, la malattia inguaribile, il suo decorso, il dolore, la sofferenza, come anche la terminalità della malattia sono tutti elementi non valutabili con le categorie utilizzate per l’adulto.

La “specialità” del minore, soprattutto nella malattia e nella fragilità, non consente semplificazioni e generalizzazioni sul dolore e sulla sofferenza dello stesso.

L’articolo precedentemente citato riporta un dato interessante e, cioè l’importanza data negli ultimi anni nei Paesi Bassi ai programmi di cure palliative pediatriche e la contestuale diminuzione della richiesta di eutanasia neonatale.

L’attenzione ai bisogni specifici dei pazienti pediatrici, la cura globale nella dimensione multidisciplinare data dalle equipe locali di cure palliative pediatriche, l’attenzione ai bisogni delle famiglie, la ricerca continua in tale ambito possono effettivamente alleviare il dolore di tanti piccoli pazienti e sostenere anche i genitori.

Anche la malattia inguaribile del bambino, il dolore e la sofferenza possono essere “curabili”: le cure palliative anche per i piccoli pazienti e le loro famiglie possono essere la risposta per garantire l’umanità delle cure e la serenità nella malattia, fino alla fine della vita.

 

Per approfondire:

  1. Verhagen AAE. Neonatal euthanasia in the context of palliative and EoL care. Semin Fetal Neonatal Med. 2023 Apr 20
  2. Verhagen, A., & Buijsen, M. (2023). Should the Dutch Law on Euthanasia Be Expanded to Include Children? Cambridge Quarterly of Healthcare Ethics, 32(1), 5-13.
  3. Pontificia Accademia per la Vita, Riflessioni di S.E. Mons Elio Sgreccia su L’eutanasia in Olanda: anche per i bambini!,

 

 

 

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