Il 25 marzo 2021 la Conferenza Stato-Regioni ha sancito l’accordo tra Governo, Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano sul documento “Accreditamento della rete di terapia del dolore e cure palliative pediatriche, ai sensi della legge 15 marzo 2010, n. 38”.
La legge n. 38 e i successivi provvedimenti attuativi pongono delle indicazioni specifiche per la cura del paziente pediatrico, stabilendo per i minori affetti da patologie inguaribili o da gravi disabilità il diritto di accedere a servizi di cure palliative e di terapia del dolore sul loro territorio. Per i pazienti pediatrici è, infatti, necessaria una risposta ai bisogni dedicata sia a livello clinico-organizzativo che formativo ed informativo.
Dopo oltre un decennio, in attuazione della legge n. 38, l’accordo del 25 marzo definisce i requisiti per l’accreditamento delle Reti regionali di terapia del dolore e cure palliative pediatriche, integrando i requisiti individuati nell’intesa del 25 luglio 2012, recante "Definizione dei requisiti minimi e delle modalità organizzative necessari per l'accreditamento delle strutture di assistenza ai malati in fase terminale e delle unità di cure palliative e della terapia del dolore".
Il documento ricorda che il “dolore in età pediatrica è un sintomo frequente e trasversale a tutte le età e patologie” ed è “fra tutti, il sintomo che più mina l'integrità fisica e psichica del bambino e più angoscia e preoccupa i suoi familiari, con notevole impatto sulla qualità della vita durante e dopo la malattia”. Nella maggior parte delle situazioni, fino all'80%, il dolore non richiede interventi specialistici e ha come riferimento i professionisti che già hanno in carico il minore, talvolta affiancati da un team competente di riferimento. Un numero limitato di situazioni di dolore in ambito pediatrico (acuto, cronico, procedurale) “richiede invece, per diagnosi e terapia, interventi specialistici da parte di una equipe multiprofessionale che prenda in carico direttamente il minore con la sua famiglia”.
Negli ultimi decenni si è, poi, “assistito ad un lento e continuo cambiamento dei bisogni di assistenza palliativa per neonati, bambini, adolescenti”, con un netto incremento della prevalenza di minori portatori di malattia inguaribile e/o disabilità grave, “che vivono anche per lunghi periodi di tempo grazie al progresso medico e tecnologico”. Si è, così creato un nuovo bisogno di cura che richiede “interventi integrati, altamente specialistici, multidisciplinari ed interistituzionali” per minori con patologie complesse e senza possibilità di guarigione, frequentemente con problemi di tipo cognitivo o neuromotorio. Lo spettro di patologie potenzialmente eleggibili è ampio ed eterogeneo (patologie neurologiche, metaboliche, muscolari, cardiologiche, respiratorie, malformative, cromosomiche, oncologiche per es.) ed impatta su tutte le età pediatriche, compreso il periodo prenatale. I minori che vivono in queste situazioni presentano necessità assistenziali peculiari e complesse, multispecialistiche: l'obiettivo, in questi casi, è “la cura e l'assistenza in grado di garantire la migliore qualità di vita possibile”.
L’accordo del 25 marzo mette in evidenza che la relativa bassa numerosità dei minori eleggibili alle cure palliative ed alla terapia del dolore, così come la complessità e la specializzazione delle competenze richieste determinano la necessità “di una risposta specialistica con riferimento ad ampi bacini d'utenza” e “di una disponibilità di intervento il più vicino possibile al luogo di vita del bambino, preferibilmente il suo domicilio”.
Attraverso i suoi nodi, la Rete accoglie e valuta il bisogno di cure palliative e di terapia del dolore specialistica del minore, definisce il percorso di cura appropriato e individua il setting assistenziale adeguato (domicilio, hospice pediatrico, ospedale) in relazione all’età, alla situazione, alla tipologia e alla fase di malattia, “garantendo la continuità assistenziale sia in termini temporali (reperibilità continuativa), che di obiettivi/programmi di cura e scelte (condivisione continua fra i diversi operatori della Rete del piano di assistenza individuale)”: la Rete fornisce, così, “in maniera congiunta, in continuità e unicità di riferimento, risposte residenziali, ospedaliere e domiciliari, in grado di integrarsi e modularsi nei diversi momenti della malattia” a seconda delle necessità di minore e famiglia.
Il documento definisce i requisiti per l’accreditamento delle Reti regionali integrando i requisiti dell’intesa del 2012 sulle dimensioni strutturali e di processo che caratterizzano la rete di cure palliative e terapia del dolore pediatrica ai fini dell’accreditamento delle struttura: esso esplicita ed integra tali requisiti definendo, per ciascun nodo della rete, l’organizzazione, le articolazioni, le funzioni, il ruolo e i servizi che devono essere garantiti.
Ai sensi dell’intesa del 2012, la Rete è coordinata dal Centro di riferimento regionale di terapia del dolore e cure palliative pediatriche, quale unità funzionale di riferimento clinico, organizzativo, di formazione e ricerca per il funzionamento della Rete. L’intesa individua, inoltre, le dimensioni strutturali e di processo che caratterizzano la Rete, per garantire il diritto del paziente pediatrico al controllo del dolore e alle cure palliative indipendentemente dall’età, dalla patologia e dal luogo di residenza, nell’ottica della salvaguardia del principio di uguaglianza e di non discriminazione. Il minore ha, così, diritto a una cura attiva e globale, tesa alla salvaguardia della sua dignità.
L’intesa indica come necessaria la disponibilità del Centro specialistico di riferimento regionale ma anche la disponibilità di risposte residenziali specifiche per i pazienti pediatrici (hospice pediatrico) e di strutture, servizi e competenze rivolte al minore. È poi da garantire il raccordo della Rete di cure palliative e terapia del dolore con i servizi sociali ed educativi.
Particolare importanza riveste la comunicazione, sia ai genitori ma anche quella al bambino. Va garantito il supporto specifico alla famiglia del minore, con la previsione di programmi anche di supporto al lutto.
Alcune indicazioni riguardano gli operatori: per il paziente pediatrico è, infatti, necessaria una equipe multiprofessionali dedicata, con una formazione continua e sul caso e con un programma specifico di supporto psicologico. Tra i requisiti dell’intesa vi sono, inoltre, i programmi di informazione e di valutazione della qualità delle cure.
Per quanto riguarda i dilemmi etici, l’accordo stabilisce che all'interno della Rete Regionale “sono definite procedure per la discussione e risoluzione dei dilemmi etici, anche per quanto riguarda le procedure di segnalazione al Comitato Etico di riferimento, se possibile ad un Comitato Etico a valenza pediatrica”. È, inoltre, previsto che la Rete abbia canali agevolati di interazione con il Comitato Etico, per assicurare la tempestività della risposta ai quesiti sottoposti.
L’accordo del 25 marzo stabilisce che le Regioni e Province Autonome si dovranno impegnare per l’attivazione di un sistema di monitoraggio coerente e per il recepimento dell’accordo stesso, entro 12 mesi dalla data di approvazione, inserendo e contestualizzando i relativi contenuti di accreditamento della Rete, volti alla qualificazione dei percorsi di terapia del dolore e cure palliative pediatriche, nelle procedure di accreditamento ordinariamente utilizzate.
Il documento ricorda che le cure palliative si differenziano dalle cure rivolte al paziente adulto per le patologie tipiche e, talvolta, esclusive dell'età, ma anche perché “devono modularsi sulle peculiarità biologiche, psico-relazionali, cliniche, sociali, etiche e spirituali del paziente pediatrico”: esse devono “rispondere ad una tipologia e quantità di bisogni del tutto peculiare che innesca e condiziona scelte ed azioni dedicate e specifiche”.
In relazione alla globalità e alla multidimensionalità delle cure palliative, un recente articolo, “L’assistenza spirituale in cure palliative pediatriche” pubblicato sulla Rivista italiana di cure palliative, affronta il tema della cura spirituale dei pazienti pediatrici. L’articolo suggerisce alcune piste per pianificare il piano di cure circa il “coping spirituale”, fornendo spunti sugli strumenti a disposizione per la gestione del distress spirituale.
Affrontare questioni spirituali è rilevante nella pratica pediatrica: anche se la ricerca legata alla spiritualità nei bambini con malattie croniche/inguaribili è scarsa, gli studi suggeriscono che la spiritualità “gioca un ruolo preminente nella risposta dei bambini alla malattia cronica, ospedalizzazione, disabilità, cancro, terminalità e morte”. Le risorse spirituali possono essere un potenziale fattore per sostenere o ostacolare la capacità di coping dei bambini: “capire questo aspetto della loro esperienza di malattia è essenziale per fornire la migliore assistenza possibile ai bambini, agli adolescenti e ai loro familiari”.
Nell’articolo si evidenzia che “occorre attivare un percorso diagnostico e terapeutico in cui i sintomi di distress spirituale saranno rilevati, valutati e gestiti”. Il distress spirituale, se presente, deve essere prima di tutto riconosciuto. La sua genesi va poi ricondotta sia alla dimensione individuale che a quella relazionale. Sono infatti coinvolti diversi fattori (individuali, familiari ed ambientali) da riconoscere, per orientare il piano di cura. È compito dei professionisti sanitari prestare attenzione a questo dominio della sofferenza globale ed è importante avere conoscenza di percorsi di trattamento in un contesto di lavoro di équipe.
L’assistenza spirituale in cure palliative pediatriche deve essere offerta non solo al bambino, ma a tutta la sua famiglia. Nell’articolo si sottolinea che la sofferenza dei membri della famiglia può colpire anche fratelli o sorelle del paziente: comunicare con i membri della famiglia, anche minori, e cercare di soddisfare i loro bisogni spirituali “può ridurre al minimo la sofferenza dei bambini o degli adolescenti che non sono oggetto diretto delle cure mediche”. La famiglia è, così, il “fulcro dell’intervento spirituale”.