Il CNB ha pubblicato una nuova mozione sul tema dei vaccini anti-Covid-19, dal titolo “Urgenza vaccinale: aspetti bioetici”. Il Comitato era già intervenuto alcuni mesi fa con un documento sugli aspetti etici della vaccinazione (“I vaccini e Covid-19: aspetti etici per la ricerca, il costo e la distribuzione”). Con l’inizio della campagna vaccinale il CNB ricorda che “ogni ritardo nelle vaccinazioni di massa può comportare la perdita di numerose vite umane”.
Nell’attuale contesto emergenziale, caratterizzato dalla diffusione delle varianti del virus, dalla carenza di vaccini per tutti, dall’adozione di misure (più o meno) restrittive – con le “inevitabili conseguenze sul piano economico, sociale, educativo, psicologico” - e dalla mancanza di trattamenti specifici di comprovata efficacia, i vaccini rappresentano ancora oggi “la principale strategia di contrasto alla pandemia di cui disponiamo”.
Il Piano vaccinale prevede la distribuzione dei vaccini mediante fasi, categorie e tipologie. Il CNB condivide la definizione delle fasi e delle categorie che stabiliscono l’ordine “di priorità di accesso ai vaccini, secondo analisi basate sugli studi scientifici a disposizione, valutando la vulnerabilità , in relazione alle patologie, con connotazione più o meno grave, all’età anagrafica, all’esposizione al virus, con riferimento ai luoghi e all’attività a maggior rischio”, così come condivide le integrazioni del Piano (in particolare la vaccinazione dei conviventi e dei caregiver che forniscono assistenza ai disabili gravi e la vaccinazione dei genitori e tutori dei minori estremamente vulnerabili che sono esclusi dalla vaccinazione). Le fasi del Piano nazionale procedono però “con molta lentezza” e il Comitato mette in evidenza “alcune carenze che si augura possano essere sanate”. Le principali criticità riguardano l’equità nell’accesso, le differenze regionali, la produzione dei vaccini, l’organizzazione e la trasparenza.
Per quanto riguarda l’equità dell’accesso, il CNB segnala: il problema della procedura esclusivamente online o con sms della prenotazione del vaccino che crea difficoltà agli anziani con più di 80 anni (che spesso non possiedono competenze per espletare tali procedure); l’applicazione degli stessi principi nell’identificazione della fascia delle “altre categorie prioritarie a prescindere da età e patologia” e dei ‘luoghi di comunità residenziali’ con il rischio di differenti approcci regionali; i problemi legati all’informazione che dovrebbe consentire un’adesione consapevole dei cittadini alla campagna vaccinale.
Il CNB raccomanda un continuo e attento monitoraggio degli effetti collaterali dei vaccini, la condivisione dei dati sul piano internazionale e che anche la sperimentazione continui celermente in considerazione “della mutevolezza del virus” e del fatto “che vi sono gruppi di popolazioni, come le donne in gravidanza e i bambini/adolescenti sotto i 16 anni, che non sono stati soggetti di sperimentazione”: per loro è, ad oggi, escluso il vaccino.
Sotto il profilo dell’uniformità nazionale, il CNB segnala le diseguaglianze territoriali nella distribuzione del vaccino su base regionale e, pertanto, “il grave problema dell’assenza di criteri uniformi e univoci sull’intero territorio nazionale (art. 3 e art. 117, co. 2, lettera m, Cost.)”: un Piano vaccinale efficace dovrebbe “presupporre un’attenta e valida organizzazione e criteri uniformi sull’intero territorio nazionale, per rispettare i criteri di giustizia ed equità , senza significativi margini di discrezionalità a livello locale, a cui deve essere demandata solo l’attuazione operativa”. Per il Comitato le Regioni, in virtù del principio di sussidiarietà e di leale collaborazione, “trattandosi di decisioni che coinvolgono la profilassi internazionale, l’incolumità e la sicurezza pubblica (art. 120, co. 2, Cost.), con un forte impatto sulla vita sociale del Paese e una valenza etica, dovrebbero adeguarsi alle scelte assunte a livello centrale”.
Per quanto riguarda la produzione di vaccini il Comitato ritiene che “sarebbe opportuno che anche l’Italia contribuisse sempre più incisivamente al progetto europeo di gestione comune dell’emergenza vaccinale e del diritto alla salute in una visione etica e giuridica solidaristica” . Il vaccino è, infatti, un ‘bene comune’ e sarebbe opportuno “un incremento nel nostro Paese delle aziende disponibili alla produzione di vaccini anti-Covid”. Per il Comitato è, infatti, da guardare al futuro: le aziende del farmaco dovrebbero riconoscere “la propria responsabilità sociale in questa grave condizione pandemica” ed è auspicabile un processo di sviluppo e adeguamento delle competenze delle nostre imprese in collaborazione con le multinazionali produttrici dei vaccini, in modo da consentire al nostro Paese di avviare una propria attività di produzione. L’Italia non può, per il CNB, “rinunciare alla produzione dei vaccini, considerando l’entità della sua popolazione ed il fatto che non sappiamo quale sarà la durata della protezione vaccinale, non sappiamo se sarà necessaria una vaccinazione annuale, non possiamo ignorare l’obbligazione morale di contribuire alla vaccinazione nei Paesi a basso reddito”.
Per quanto riguarda i ritardi, il CNB raccomanda di migliorare l’organizzazione nella distribuzione dei vaccini, in virtù dei principi etici di giustizia e di equità per l’accesso ai vaccini e per la tutela della salute. Tra le proposte contenute nella mozione si segnala: l’assunzione di personale sanitario, un adeguato approvvigionamento delle dosi, somministrazioni 7 giorni su 7, un maggior numero di siti vaccinali (es. palestre e parcheggi), una maggiore facilità di prenotazione, un più agevole accesso fisico al luogo delle vaccinazioni, soprattutto per le persone anziane.
Infine, il CNB sottolinea l’assoluta “necessità di informazione esauriente, chiara e continua”, anche al fine di ottenere la fiducia dei cittadini. Il Comitato raccomanda di pubblicare, nel rispetto della privacy degli interessati, “”tutti i dati sull’incidenza del Covid-19 che possono rivelarsi utili nel contrasto nella comprensione di quanto accade e nel contrasto alla pandemia”: la correttezza e la completezza dell’informazione è, infatti, “bioeticamente importante per la tutela dell’esercizio dei diritti esigibili, la tutela della vita, della salute individuale e della salute pubblica”.
Al fine di garantire la salute pubblica a livello europeo e agevolare la libera circolazione sicura in Ue durante la pandemia, la Commissione Ue il 17 marzo 2021 ha presentato una proposta legislativa intesa a creare un certificato verde digitale(Digital Green Certificate). Il “passaporto” digitale, secondo la proposta, dovrebbe essere valido in tutti gli Stati membri dell'Ue e riguardare solamente gli spostamenti tra gli Stati (e non anche quelli all’interno dei singoli Stati membri).
Il passaporto sarà una prova digitale attestante l’avvenuta vaccinazione, l’esito negativo di eventuali test o l’avvenuta guarigione da Covid-19. I certificati saranno rilasciati alla persona vaccinata con qualsiasi tipo di vaccino contro il virus. Il passaporto sarà gratuito, dovrà essere previsto da una legislazione specifica e costituirà una deroga alla libertà di circolazione prevista dai Trattati istitutivi dell’Unione.
Ogni certificato digitale dovrà contenere, secondo la proposta della Commissione, un codice QR con una firma digitale per impedirne la falsificazione. I certificati dovranno comprendere una serie limitata di informazioni necessarie, che non potranno essere conservate dai paesi visitati. A fini di verifica, verranno controllate solo la validità e l'autenticità del certificato: tutti i dati sanitari saranno conservati nello Stato membro che ha rilasciato il certificato.
Sull’uso del pass digitale attestante l’avvenuta vaccinazione per l’accesso a determinati locali o per la fruizione di taluni servizi si è espresso in Italia il Garante privacy. I dati relativi allo stato vaccinale sono dati particolarmente delicati e un loro trattamento non corretto può determinare discriminazioni e violazioni: il Garante ritiene, pertanto, che “il trattamento dei dati relativi allo stato vaccinale dei cittadini a fini di accesso a determinati locali o di fruizione di determinati servizi, debba essere oggetto di una norma di legge nazionale, conforme ai principi in materia di protezione dei dati personali (in particolare, quelli di proporzionalità, limitazione delle finalità e di minimizzazione dei dati), in modo da realizzare un equo bilanciamento tra l’interesse pubblico che si intende perseguire e l’interesse individuale alla riservatezza”.
Sarebbe necessaria, pertanto, una specifica norma di legge per il passaporto vaccinale, anche per il rispetto dell’art. 32 Cost. (che pone il divieto di trattamenti sanitari obbligatori senza una espressa previsione di legge) e del principio di uguaglianza, previsto dall’art. 3 Cost.
Un articolo pubblicato su Hastings Bioethics Forum manifesta alcune criticità del passaporto vaccinale, legate alla mancanza di prove scientifiche sul funzionamento dell'immunità da Covid-19 e sulle possibili discriminazioni legate alla distribuzione limitata dei vaccini.
Allo stato attuale, in attesa di una possibile normativa specifica sul pass vaccinale, è importante e preminente, come anche ricordato nella mozione del CNB, lo sforzo per garantire un accesso equo, non discriminatorio e informato ai vaccini, soprattutto per le categorie più vulnerabili.