La pandemia in atto ha fatto emergere alcune inadeguatezze e carenze del sistema sanitario nell’assistenza alle persone malate ma ha anche avuto effetti diretti nella vita relazionale dei pazienti: l’isolamento sociale e le misure di contenimento del contagio hanno causato la lontananza dai propri familiari e solitudine. Proprio il tema dell’isolamento dei pazienti nella malattia è trattato nell’ultima mozione recentemente pubblicata dal Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB), dal titolo “La solitudine dei malati nelle strutture sanitarie in tempi di pandemia”.
Il CNB riconosce il peso della pandemia sull’intero Servizio Sanitario Nazionale e le difficoltà organizzative per garantire le migliori cure nel rispetto rigoroso delle misure di contenimento del contagio. Tali misure hanno però limitato - e in molti casi escluso - la possibilità di ricevere visite alle persone malate nelle strutture sanitarie, in particolare nei reparti Covid-19, nelle terapie intensive e subintensive. In tale contesto, è stato indispensabile il lavoro compiuto dal personale sanitario nel tentativo di aiutare i pazienti a superare il senso di abbandono, specie negli ultimi momenti di vita.
Il Comitato ricorda così l’importanza delle relazioni per la persona malata: la dimensione di interdipendenza “può costituire, adottando le dovute attenzioni e precauzioni a tutela dei singoli e della collettività, una risorsa per tornare alla normalità e alla pienezza dei legami esistenziali”.
La vicinanza fisica ai pazienti dei propri cari, nel corso della malattia, è “parte integrante della presa in carico del malato, specie se nella fase terminale,” ed è al tempo stesso un aiuto per l’elaborazione successiva del lutto. È, infatti, indispensabile l’accompagnamento al morente: “il morire in solitudine”, senza un’esplicita scelta in tal senso, è fonte di sofferenza “per chi muore ma anche per chi resta, a maggior ragione se impossibilitato ad accompagnare fino alla fine i propri cari”.
La pandemia ha, allora, reso ancor più evidente la necessità di ripensare l’organizzazione sanitaria per meglio rispondere ai bisogni reali dei pazienti: questi ultimi non dovrebbero essere costretti ad “adeguarsi passivamente alle procedure vigenti nelle strutture sanitarie”. L’organizzazione sanitaria dovrebbe riguardare la realizzazione di nuove strutture architettoniche e l’introduzione di innovazioni tecnologiche; i modelli organizzativi dovrebbero essere flessibili, in funzione dell’emergere dei nuovi bisogni.
Il CNB ricorda che anche nell’emergenza sanitaria l’obiettivo principale deve essere l’umanizzazione e la personalizzazione delle cure e raccomanda, nel rispetto delle regole prudenziali necessarie per far fronte all’emergenza, che sia compiuto ogni sforzo possibile, anche all’interno delle strutture ospedaliere, per assicurare la presenza di almeno un familiare o di una persona di fiducia, in particolare nelle situazioni più gravi.
Importanti indicazioni vengono fornite in tema di consenso informato e di autonomia decisionale del malato: per il Comitato sarebbe opportuno che al momento del ricovero, o anche successivamente, “sia prevista la possibilità di scegliere se ricevere o meno visite da parte di familiari o persone care”. Il paziente dovrebbe poter esprimere la propria preferenza, dal momento che potrebbe anche decidere di non volere ricevere visite (per il timore di contagiare o di essere contagiato, ad esempio). Se richiesta andrebbe, poi, garantita l’assistenza spirituale e favorita la presenza nelle strutture sanitarie del volontariato per l’assistenza ai malati, soprattutto per quelli privi di legami familiari.
Nei casi di effettiva impossibilità di consentire visite al malato, il CNB ritiene che ogni sforzo possibile vada fatto per superare le difficoltà, anche tramite l’uso delle tecnologie.
Il CNB raccomanda, infine, “di perseverare nella ricerca di soluzioni innovative per garantire la sicurezza senza perdere la dimensione relazionale, di vicinanza e prossimità”.
Una vicinanza che anche papa Francesco ricordava, nel suo messaggio in occasione della Giornata mondiale del malato, essere “un balsamo prezioso, che dà sostegno e consolazione a chi soffre nella malattia”. La malattia, infatti, rende vulnerabili ma, al contempo, rende evidente “il bisogno innato dell’altro”.