La pandemia da Covid-19 non ha soltanto causato contagi e morte, soprattutto nella fase più acuta dell’emergenza sanitaria: mentre tutto l’ambito sanitario era impegnato nella lotta al virus, con le estreme difficoltà legate alla carenza di dispositivi di protezione individuale e alla poca conoscenza del nuovo coronavirus (in assenza di vaccino), per la tutela della salute collettiva, varie società scientifiche spingevano per facilitare, nell’emergenza, l’accesso all’aborto farmacologico.
Come si legge nel Comunicato stampa della SIGO dell’8 aprile 2020, “un impiego maggiormente estensivo dell’aborto farmacologico, finora relegato ad un ruolo marginale, permetterebbe, in particolare in questa fase di pandemia, di decongestionare gli ospedali, alleggerire l’impegno degli anestesisti e l’occupazione delle sale operatorie”. Nel Comunicato si riportano anche le parole del Presidente AGUI (Associazione Ginecologi Universitari Italiani) in merito al percorso tradizionale dell’aborto chirurgico, “che prevede numerosi accessi ambulatoriali, non solo per certificazione e datazione, ma anche per le indagini pre-operatorie oltre all’accesso per l’esecuzione della procedura” e che “espone la donna a un numero eccessivo di contatti con le strutture sanitarie, che sicuramente non contribuiscono alla riduzione del rischio di contagio”. Per la tutela della salute della donna, veniva, così proposto “di spostare il limite del trattamento da 7 a 9 settimane”; di “eliminare la raccomandazione del ricovero in regime ordinario dal momento della somministrazione del mifepristone a momento dell’espulsione”; di introdurre anche il regime ambulatoriale che prevede un unico passaggio nell’ambulatorio ospedaliero o in consultorio, con l’assunzione del mifepristone, e la somministrazione a domicilio delle prostaglandine, procedura già in uso nella maggior parte dei Paesi europei”; di “prevedere una procedura totalmente da remoto, monitorizzata da servizi di telemedicina”.
Molte delle indicazioni suggerite, come noto, sono state poi effettivamente stabilite con la Circolare del Ministero della Salute del 12 agosto 2020, con la quale sono state aggiornate le “Linee di indirizzo sulla interruzione volontaria di gravidanza con mifepristone e prostaglandine”. Le nuove Linee di indirizzo, che aggiornano le precedenti del giugno 2010, hanno ricevuto il parere favorevole del Consiglio Superiore di Sanità (CSS) il 4 agosto 2020. Anche l'AIFA il 12 agosto, a seguito del parere del CSS ha emanato la Determina n. 865, recante la "Modifica delle modalità di impiego del Medicinale Mifegyne a base di mifepristone (RU486)”.
Il ricorso all’aborto con metodo farmacologico può così oggi avvenire fino a 63 giorni (pari a 9 settimane compiute di età gestazionale), presso strutture ambulatoriali pubbliche adeguatamente attrezzate, funzionalmente collegate all’ospedale ed autorizzate dalla Regione, nonché consultori o day hospital.
Come riporta l’articolo pubblicato sul BMJ Sexual & Reproductive Health[1], il COVID-19 ha avuto effetti sulle politiche e sulla pratica dell'aborto anche in altri Paesi: in Inghilterra e in Scozia, per esempio, è stata consentita la somministrazione domiciliare di mifepristone e misoprostolo con il supporto della telemedicina; in Finlandia è stato, invece, esteso il limite gestazionale da 9 a 10 settimane; in Scozia il limite è arrivato, addirittura, a 12 settimane; in Francia, come in Italia, si è spostato da 7 a 9 settimane.
Nell’interrogazione a risposta immediata in merito alle novità delle Linee di indirizzo italiane, avvenuta in Commissione Affari sociali il 23 settembre scorso, è stato affermato che
“non esistono evidenze scientifiche che sconsiglino la somministrazione di tali farmaci tra la settima e la nona settimana di gestazione, e che giustifichino la limitazione a 7 settimane, introdotta in precedenza in Italia… L'assunzione di prostaglandine senza necessità di un secondo accesso in Ospedale è attualmente permessa in molti Paesi d'Europa..”.
Se questa è la logica che ha mosso la modifica delle Linee guida, e soprattutto il riferimento a ciò che avviene in altri Stati europei, si potrà facilmente spostare sempre più in avanti il limite massimo per l’utilizzo della Ru486. Il diverso “tetto” scelto come limite all’uso dell’aborto farmacologico – da 7 a 9,10 e 12 settimane – rende, inoltre, evidente l’assoluta arbitrarietà della scelta e il totale disinteresse non solo per l’embrione umano ma anche per la salute, anche psicologica, della donna.
Solamente lo scorso anno l’Aifa ricordava, in una nota del novembre 2019, i rischi legati ai contraccettivi ormonali, con una “nuova avvertenza relativa al comportamento suicidario e al suicidio come possibili conseguenze della depressione” legata all’uso dei contraccettivi stessi[2]. Se tale pericolo era avvertito in merito alla contraccezione ormonale, non si capisce come sia possibile tralasciare, anche dal punto di vista scientifico, i rischi legati alla salute psico-fisica della donna che si trova sola dopo la somministrazione della pillola abortiva.
L’aborto diviene, così, sempre più un fatto privato e una scelta personale della donna, esclusa da ogni garanzia ospedaliera a tutela della sua salute, in violazione delle norme previste dalla stessa legge n.194.
Si segnala, infine, lo stravolgimento del ruolo dei consultori, così come previsto dalla legge. La Relazione del ministro della salute sull’attuazione della legge 194, pubblicata nel luglio 2020, riconosceva il valore dei consultori come “risorsa preziosa”: si dava l’indicazione di “rafforzare e potenziare i consultori familiari, servizi di prossimità che grazie all’esperienza nel contesto socio-sanitario e alle competenze multidisciplinari dell’équipe professionale riescono a identificare i determinanti di natura sociale e a sostenere la donna e/o la coppia nella scelta consapevole, nella eventuale riconsiderazione delle motivazioni alla base della sua scelta, aiutarla nel percorso IVG e ad evitare future gravidanze indesiderate ed il ricorso all’IVG”. Il consultorio, invece, da luogo di prezioso sostegno per la donna e per la coppia diventa, con le nuove Linee di indirizzo il luogo della possibile prima somministrazione di mifepristone.
[1] Bateson DJ, Lohr PA, Norman WV, et al., The impact of COVID-19 on contraception and abortion care policy and practice: experiences from selected countries, BMJ Sexual & Reproductive Health Published Online First: 11 August 2020
[2] https://www.aifa.gov.it/documents/20142/847370/2019.11.15_NII_contraccettivi_ormonali.pdf/8304b6f2-c321-a9e1-975c-c186fda4c753