La popolazione anziana è stata, sotto vari aspetti, quella più colpita dalla pandemia causata dal Covid-19. Il virus nell’anziano si è manifestato, infatti, con sintomi più gravi rispetto alla popolazione più giovane e anche il tasso di letalità è stato più alto tra gli ultraottantenni.
In Italia 8,4 milioni di persone ultra 65enni convivono, poi, con una patologia cronica: pazienti “doppiamente fragili” in ragione dell’età e delle patologie pregresse (v. Min. Salute, Covid-19 Anziani e persone fragili, luglio 2020).
Non solo il virus ha messo in pericolo la loro vita; anche “l’isolamento forzato” ha causato solitudine e sofferenza. Sono state pubblicati, infatti, già studi e ricerche che evidenziano l’aumento di stato di depressione e di disturbi del comportamento a seguito del lockdown, soprattutto negli anziani affetti da demenza. Anche le famiglie e i caregiver hanno subito un forte stress, rimasti soli nella preziosa attività di assistenza all’anziano. Il pericolo per il malato è quello di sentirsi di peso per chi gli è vicino e, allo stesso tempo, abbandonato.
Nella fase post-pandemica è necessario ripristinare le attività “tradizionali” di assistenza sanitaria per la popolazione anziana, garantendo la ripresa dei percorsi di cura rinviati nella fase emergenziale della pandemia. I pazienti più vulnerabili, anziani e cronici, dovrebbero poi mantenere un comportamento prudente per ridurre il rischio di contagio. Ma è, altresì, fondamentale ripensare nuove strade di intervento per riscoprire, in tutte le sue dimensioni, anche psicologiche e spirituali, la cura per l’anziano fragile.
Come si legge nella lettera Samaritanus bonus, “l’esperienza della cura medica muove da quella condizione umana, segnata dalla finitezza e dal limite, che è la vulnerabilità…Tale vulnerabilità dà fondamento all’etica del prendersi cura, in particolar modo nell’ambito della medicina, intesa come sollecitudine, premura, compartecipazione e responsabilità verso le donne e gli uomini che ci sono affidati perché bisognosi di assistenza fisica e spirituale”. Nella complessità degli odierni sistemi sanitari, invece, la relazione tra medico e paziente è sempre più spesso svilita e ricondotta ad un mero rapporto contrattuale, che dimentica l’aspetto comunicativo-relazione della cura e lascia nella solitudine l’anziano.
È, allora, indispensabile per il sistema sanitario l’attività di prevenzione e di contrasto alla diffusione del Covid-19, soprattutto nella popolazione anziana e più a rischio, ma non va, allo stesso tempo, dimenticato il bisogno di cura “globale” del paziente anziano e fragile, spesso multipatologico, che non può essere lasciato “in isolamento” anche nella sua solitudine.