SCIENZA & VITA: DALLA RELAZIONE AL PARLAMENTO SULLA LEGGE 40 UN ALLARME SOCIALE SULLA MATERNITA’ RINVIATA

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“Il costante crescere dell’età delle donne italiane che ricorrono alle tecniche di Pma, unito alle rilevazioni Istat che certificano la diminuzione dei nati, segnala con forza un allarme sociale da non sottovalutare: rimandare la maternità incrementa biologicamente l’infertilità, diminuisce le possibilità di nascita e alimenta il business delle cliniche private” commentano Paola Ricci Sindoni e Domenico Coviello, presidente e copresidente nazionali dell’Associazione Scienza & Vita.

“Secondo quanto contenuto nella Relazione, l’età media delle donne italiane che si sottopongono a trattamenti di Pma nel 2012 è stata pari a 36,5 anni, ben al di sopra della media europea che, solo nel 2010 si attestava sui 34,7 anni. Queste cifre interpellano con forza la società e la politica, e ripropongono il tema della difficoltà di realizzare un progetto di famiglia in età adeguata, quando il corpo femminile è più ricettivo e pronto a una gravidanza. Ma invece di intervenire sulle cause a monte dell’infertilità, la risposta che viene fornita è rivolta piuttosto a incoraggiare l’uso di altre tecniche invasive, come la fecondazione eterologa o l’utero in affitto”.

“E’ ben noto che le già ridotte probabilità di ottenere una gravidanza in età avanzata risultano gravate anche da un’alta percentuale di esiti negativi della gravidanza stessa, quali aborti, morti intrauterine, gravidanze ectopiche. Quindi, nell’interesse vero della salute delle donne e dei loro figli, è necessario intervenire su due fronti. Da un lato implementare le tutele di educazione sanitaria relative alla cura o difesa della fecondità, alla prevenzione della sterilità, alla corretta conoscenza del proprio corpo. Parallelamente, è indispensabile avviare una seria politica sociale contro il precariato e la mancanza di lavoro, così da permettere ai giovani di dar seguito al loro legittimo desiderio di formare una famiglia, senza aspettare così a lungo ed essere poi costretti a ricorrere alla medicalizzazione forzata della genitorialità. Andando incontro a tutti i dolorosi fallimenti del caso, con costi sociali, personali e sanitari che sono sotto gli occhi di tutti”.

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Pubblicato in Comunicati Stampa