Ecco la documentazione necessaria per orientarsi
LA NOSTRA POSIZIONE
SULLE QUESTIONI DEL "FINE VITA"
Il Consiglio esecutivo dell’Associazione Scienza & Vita si è riunito nella sede romana il 25 settembre scorso e ha dedicato un’ampia riflessione alle questioni legate al “fine vita”. Ha approvato all’unanimità un testo che, all’insegna del “favor vitae”, vuole costituire un punto di riferimento per la partecipazione dell’Associazione al dibattito pubblico.
Comunicato n° 25 del 25 settembre 2008
Riteniamo utile anche offrirvi la possibilità di consultare le parole dedicate dal cardinale Angelo Bagnasco, presidente dei vescovi italiani, nel corso del recente Consiglio permanente della Cei del 22 settembre scorso, alla vicenda di Eluana Englaro e ai temi ad essa correlati.
Prolusione S.E. card. Angelo Bagnasco
Infine vi riproponiamo il comunicato con il quale si rende nota la decisione del Consiglio di respingere le dimissioni del prof. Adriano Pessina e un testo da lui stesso trasmesso al Consiglio.
Comunicato n° 26 del 25 settembre 2008
Lettera del Prof. Pessina a Scienza & Vita
In attesa del pronunciamento, forse decisivo, della Corte Costituzionale
IL LABIRINTO GIUDIZIARIO
DEL CASO ENGLARO
di Ilaria Nava
La prossima tappa giudiziaria della vicenda di Eluana Englaro, la trentasettenne di Lecco in stato vegetativo dal ‘92, è fissata per mercoledì prossimo, 8 ottobre, cioè quando la Corte Costituzionale si pronuncerà sul conflitto di attribuzione sollevato dai due rami del Parlamento e, contemporaneamente la Corte d’Appello di Milano deciderà sulla richiesta di sospensiva richiesta dalla Procura in sede di impugnazione. Il provvedimento che, sulla base di quanto statuito dalla Cassazione, autorizza l’interruzione dell’alimentazione per Eluana, infatti, tornerà nella aule di piazza Cavour dopo l’impugnazione da parte della procura generale di Milano: “Non vi è certezza sul fatto che il paziente in stato vegetativo permanente sia del tutto privo di consapevolezza – afferma il ricorso – .
Si tratta dell’ennesimo approdo, davanti alla magistratura, di una vicenda che si trascina nelle aule giudiziarie dal 1999. Il primo procedimento, infatti, è instaurato con un ricorso depositato il 19 gennaio di quell’anno dal padre di Eluana, nominato suo tutore. La richiesta è dichiarata inammissibile dal Tribunale di Lecco, perché ritenuta incompatibile con i “diritti inviolabili dell’uomo” e con “l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà” prescritti dall’articolo 2 della Costituzione. Una decisione poi confermata anche in grado di appello.
Tre anni dopo la stessa domanda è nuovamente depositata e respinta dal Tribunale di Lecco con un decreto che ribadisce il principio della necessaria e inderogabile prevalenza della vita umana anche innanzi a qualunque condizione patologica e a qualunque contraria espressione di volontà del malato. La Corte d’Appello conferma la decisione con un decreto datato 17 ottobre 2003, sottolineando l’inopportunità, nel caso di pazienti in stato vegetativo, di un’interpretazione integrativa volta ad attuare il principio di autodeterminazione della persona. Nel 2005 il fascicolo approda per la prima volta anche in Cassazione, perché il decreto del 2003 viene impugnato dal padre di Eluana; il ricorso, tuttavia, è dichiarato inammissibile per un difetto di procedimento.
Nel 2005 per la terza volta la domanda finisce sul tavolo del giudice di Lecco, che la dichiara inammissibile, affermando peraltro che il tutore non sia legittimato a esprimere scelte al posto o nell’interesse dell’incapace in materia di diritti e “atti personalissimi”. La Corte d’Appello davanti alla quale è impugnata la decisione, reputa invece ammissibile il ricorso, ma entrando nel merito giudica insuscettibile di accoglimento l’istanza del tutore: l’attività istruttoria espletata, secondo i giudici, non consente di attribuire alle idee espresse da Eluana all’epoca in cui era ancora pienamente cosciente, un’efficacia tale da renderle idonee anche nell’attualità a valere come “volontà sicura della stessa contraria alla prosecuzione delle cure e dei trattamenti che attualmente la tengono in vita”.
La controversa e dirompente sentenza del 16 ottobre del 2007 è emessa dopo l’impugnazione del padre di Eluana di quest’ultimo provvedimento. La Cassazione rinvia la causa alla Corte d’Appello di Milano, affermando che il giudice avrebbe potuto autorizzare l’interruzione dell’idratazione e dell’alimentazione somministrate per via artificiale in presenza di due condizioni: la prima si verifica quando “la condizione di stato vegetativo sia, in base ad un rigoroso apprezzamento clinico, irreversibile e non vi sia alcun fondamento medico, secondo gli standard scientifici riconosciuti a livello internazionale, che lasci supporre la benché minima possibilità di un qualche, sia pure flebile, recupero della coscienza e di ritorno ad una percezione del mondo esterno”; la seconda quando “tale istanza sia realmente espressiva, in base ad elementi di prova chiari, univoci e convincenti, della voce del paziente medesimo, tratta dalle sue precedenti dichiarazioni ovvero dalla sua personalità, dal suo stile di vita e dai suoi convincimenti, corrispondendo al suo modo di concepire, prima di cadere in stato di incoscienza, l’idea stessa di dignità della persona”.
Secondo la Cassazione, a cui poi la Corte d’Appello si è adeguata autorizzando l’interruzione dell’idratazione e dell’alimentazione, “ove l’uno o l’altro presupposto non sussista, il giudice deve negare l’autorizzazione, dovendo allora essere data incondizionata prevalenza al diritto alla vita, indipendentemente dal grado di salute, di autonomia e di capacità di intendere e di volere del soggetto interessato e dalla percezione, che altri possano avere, della qualità della vita stessa”. Un’inspiegabile differenza di trattamento e di esercizio del diritto di rifiutare le cure – attribuito in modo “assoluto” solo a chi versi in uno stato irreversibile – che rende la decisione della Cassazione non solo criticabile dal punto di vista morale, ma anche profondamente ingiusta e incoerente.
Una serata di successo organizzata da Scienza & Vita Roma 1
RILEGGERE L’ABORTO OGGI
TRA INFORMAZIONE E FORMAZIONE
Parlare di aborto senza puntare il dito contro chi decide di abortire, cercando nuove chiavi di lettura per raccontare una delle più grandi ferite del nostro tempo. Questo il senso dell’incontro dal titolo «Il racconto dell’aborto» organizzato da Scienza & Vita Roma 1 lo scorso 25 settembre presso la parrocchia Santa Francesca Romana all’Ardeatino di Roma. «L’aborto è un dramma per tutti – ha spiegato nella sua introduzione Gianluigi De Palo, il presidente dell’associazione locale nata per volontà di un gruppo di giovani vicini alle Acli di Roma –. Non è nostra intenzione salire sul pulpito, né puntare l’indice contro chi vi ricorre. Quello che ci proponiamo è trovare le parole giuste per raccontare una realtà comunque dolorosa. Per chi decide di abortire e per tutta la comunità. Noi laici cristiani, impegnati nella società, al fianco delle persone, vogliamo coglierne gli aspetti più profondi, lontani da qualunque tipo di pregiudizio ideologico, convinti che tutti siamo chiamati ad impegnarci per promuovere la vita».
Il secondo intervento è stato quello di Stefano Colucci, docente di lettere, che ha spiegato attraverso l’analisi di testi narrativi, di autori quali Orwell, Pavese e Fallaci, come l’interruzione di gravidanza nella letteratura del Novecento «sia una forma di lotta con la propria coscienza, con la vita che nasce, con gli affetti più intimi, con la legge, con la storia che tutto travolge, con la natura che tutto trasforma». Una lotta dove, purtroppo, alla fine soccombe sempre il più debole.
Cercare di combattere la disinformazione sull’aborto e, più in generale sui temi etici, è stato al centro della relazione del Portavoce Nazionale di Scienza & Vita, Mimmo Delle Foglie. «I giornalisti – ha denunciato – hanno una grande responsabilità perché dovrebbero stare attenti a contribuire ai processi di disinformazione di massa e a non assecondare la banalizzazione individuale dell’aborto, anche attraverso la RU486 e la pillola del giorno dopo». Non è solo una questione di dare una controinformazione, ma anche di volontà di approfondire: «Serate come questa – ha aggiunto – mostrano chiaramente che se si vuole trattare simili temi è bene farlo scendendo in profondità, senza fretta».
Nelle conclusioni, don Fabio Rosini, parroco di Santa Francesca Romana ha insistito sul fatto che il problema dell’aborto deve essere preso alla radice, combattendo la mentalità diffusa che porta alla morte e alla disperazione: «Possiamo fare tanto per promuovere una cultura della vita prima che una donna arrivi a prendere la decisione se abortire o meno. Il problema va affrontato a monte e non a valle, quando ormai tutto è compiuto. I cristiani sono chiamati ad educare alla speranza raccontando con la loro vita che in Dio c’è sempre una soluzione».
Il gigante di Internet si accorda con i pro life britannici
GOOGLE, CHIAMATA IN GIUDIZIO,
ACCETTA COMUNICATI SUL TEMA DELL’ABORTO
di Gianfranco Amato
Il gigante di internet Google ha concluso una transazione stragiudiziale con l’organizzazione pro-life britannica “The Christian Institute”, grazie alla quale d’ora in poi verranno autorizzati messaggi e comunicati di gruppi religiosi aventi per oggetto il tema dell’aborto. La nuova decisione avrà efficacia immediata sulla rete mondiale. Lo scorso aprile, infatti, The Christian Institute aveva promosso un’azione legale contro Google a seguito di un rifiuto della pubblicazione su internet di un comunicato il quale riportava testualmente la seguente dizione: «Legge sull’aborto del Regno Unito: opinioni principali e notizie sulla legge da parte del Christian Institute. www.christian.org.uk ». Google rifiutò la pubblicazione sull’assunto che la sua politica editoriale non riteneva opportuna la diffusione nei siti internet di comunicati che «correlassero il tema dell’aborto a considerazioni di natura religiosa».
Del resto lo stesso sito web di Google, che è il primo motore di ricerca nel Regno Unito, Germania, Francia, Italia, Olanda, Spagna, Svizzera e Australia, con oltre 80 milioni di utilizzatori esclusivi al mese, precisa di essere stato «stato creato con una chiara visione: organizzare l’informazione e renderla universalmente accessibile e utilizzabile».
E’ davvero paradossale, secondo Colin Hart, direttore del Christian Institute, che proprio Google, il quale si proclama impegnato nella diffusione degli ideali di libertà di pensiero e di libero scambio di idee, abbia censurato il comunicato in questione definendolo dal «contenuto inaccettabile».
A seguito della bonaria definizione della vertenza tra le parti, The Christian Institute ha pubblicato il 17 settembre 2008 questa dichiarazione: «Abbiamo il piacere di confermare che il procedimento legale da noi intentato contro Google per il blocco del comunicato sull’aborto si è concluso con una transazione». In conseguenza dell’azione giudiziaria promossa nei mesi scorsi, Google ha accettato di rivedere la propria posizione e pertanto ha autorizzato The Christian Institute e ogni altra associazione religiosa di pubblicare comunicati connessi alle proprie finalità associative in tema di aborto. Questa decisione, che ha effetti immediati, rappresenta un significativo punto di svolta nell’ambito della libertà di espressione e del diritto alla professione religiosa. Anche per questo siamo lieti dell’atteggiamento costruttivo assunto da Google nella vicenda».
A 40 anni dall’Humanae Vitae, un libro fatto di testimonianze
FERTILITA’ E INFERTILITA’
CINQUANTA COPPIE SI RACCONTANO
di Emanuela Vinai
Che i metodi naturali siano una valida alternativa alla fecondazione artificiale, come evidenziato recentemente anche da uno studio pubblicato dal prestigioso Journal of the American Board of Family Medicine, è un dato che conoscono bene solo gli addetti ai lavori, visto l’ingiustificato ostracismo che circonda la regolazione naturale della fertilità. Molti, anche tra i credenti, continuano a pensare che i metodi naturali si riducano a quel “contare i giorni”, passato alla storia come un sistema poco efficace sia per ottenere che per ritardare una gravidanza.
A questo fraintendimento cerca di porre rimedio il libro “Testimoni di speranza. Fertilità e infertilità: dai segni ai significati”, edito da Cantagalli.
A quarant’anni dall’Humanae Vitae, enciclica a suo tempo molto discussa e tutt’ora di palpabile attualità, il volume punta a riaffermare l’importanza della procreazione responsabile nel rispetto di tutti i valori in gioco. Così Don Sergio Nicolli nella prefazione: “Questa pubblicazione non si sofferma tanto sulle motivazioni o sulle tecniche dei metodi naturali … ma piuttosto dà voce ai ‘testimoni di speranza’ che, percorrendo la strada indicata da Paolo VI, ne hanno colto la dimensione di un’avventura carica di amore genuino, di gioia e di speranza”.
Le coppie che si raccontano con semplicità in questo libro sono coppie normali, in cui è facile identificarsi: esse testimoniano come sia possibile non essere travolti dal “miraggio” del figlio a tutti i costi. La loro esperienza può incoraggiare altre coppie che si trovino in situazioni simili ad abbracciare il concetto di “fecondità” che può trovare la sua espressione anche non necessariamente nella gravidanza.
In “Goodbye Solo” l’estremo tentativo di salvare una vita
FILM INDIPENDENTE ED ETICO
A VENEZIA E’ POSSIBILE
di Daniela Delle Foglie
Si chiama sezione “Orizzonti” quella che alla mostra del Cinema di Venezia offre al pubblico la possibilità di visionare pellicole che sono spesso delle finestre su mondi e tematiche non sempre accessibili al grande pubblico. Nuovi orizzonti, appunto. Sono film legati a piccole case di produzione di tutto il mondo, che comunemente vengono chiamati “film indipendenti”, che si permettono di raccontare storie non convenzionali allo scopo di far riflettere lo spettatore e riconfermare, se qualcuno se ne fosse dimenticato, il ruolo del cinema come settima arte.
Ecco che alla 65° mostra internazionale d’arte cinematografica il regista Ramin Bahrani iraniano di origine, ma nato e cresciuto negli Stati Uniti, ha presentato un film delicato e particolare: Goodbye Solo.
Il duro e silenzioso settantenne, offre al giovane di origine senegalese una somma di denaro, per farsi accompagnare in due settimane sulla cima di una montagna: lì ha intenzione di suicidarsi, gettandosi nel vuoto. La sofferenza dagli occhi dell’uomo entra dritta nel cuore di Solo che ha negli occhi, invece, tutta l’energia e la volontà di chi si sforza di ottenere di più da una vita che non fa sconti a nessuno. Ecco che il giovane tassista decide di utilizzare tutti i “farmaci” più efficaci per allontanare il suo passeggero speciale dall’idea della morte come soluzione al mal di vivere e alla sofferenza causata da un’esistenza andata in avaria. I farmaci in questione non sono altro che la solidarietà umana, la comprensione, la compagnia e l’affetto. Solo introduce William nella sua realtà, nella sua famiglia, si prepara con lui per il colloquio con una compagnia aerea prestigiosa nella speranza di diventare stewart. Gli fa assaporare, attraverso la propria esistenza, il succo stesso della vita: la speranza, la fiducia che il sole sorga ancora dopo il buio della notte.
Il percorso di recupero si dimostra più difficile del previsto, i due arriveranno allo scontro e William si dimostrerà irremovibile sulla sua decisione iniziale, tanto da ingaggiare un altro tassista con molti meno scrupoli di coscienza. Solo però non riesce a concepire che sia qualcun’altro a dare a William l’ultimo passaggio, l’ultimo saluto, e dopo averle tentate tutte si presenta accompagnato dalla figlia della sua compagna (come sostegno e richiamo alla speranza) all’ultimo appuntamento con l’anziano amico.
In mezzo alla nebbia, risalgono strade isolate, dove le rosse foglie degli alberi portano alla mente il ricordo di un’old america rigogliosa e promettente. La meta è la cima della montagna, dalla quale secondo una leggenda, ogni bastone di legno lanciato, ritorna indietro spinto dal vento. In uno scenario umido e freddo Solo saluta William allontanandosi con la bambina. Nella sequenza finale i due vanno in cima alla montagna, davanti a loro uno sprofondo con alberi mossi dal vento, lanciano un bastone, ma questo non torna indietro, come l’amico lasciato e mai più ritrovato.
Ecco che il cinema attraverso il linguaggio metaforico, coadiuvato da immagini allegoriche riesce a toccare temi delicati, come la volontà di salvare una vita fino all’ultimo battito. E se un certo cinema di nicchia come quello a cui appartiene questa interessante pellicola si può permettere di non garantire un rassicurante happy ending, è possibile ipotizzare che la stessa storia, interpretata da volti noti e magari diretta da un nome importante, potrebbe diventare uno di quei “blockbuster etici” con cui Hollywood ogni tanto si diverte a nutrire le coscienze del pubblico americano. E non solo.