Thalassemia e dintorni

Realizzato in collaborazione con "Associazione Ligure Thalassemici", con un supplemento scientifico di Lucio Luzzatto.

Prefazione di Giuliano Ferrara: "Loris Brunetta è un uomo discreto con un’anima imponente. Thalassemico, ama la vita e intende risolutamente darle un significato vitale per sé e per gli altri. Che tra la vita e lui, e gli altri malati, ci sia la sofferenza che si mette di mezzo, Brunetta lo sa. Ma sa anche quanto sia prezioso esserci, e lo dice con il suo tono di voce basso, mai iroso, mai rivendicativo: Brunetta c’è, ed è felice di esserci. La storia di Loris venne alla luce per me durante la campagna culturale, poi referendaria, contro la sicurezza di sé con cui il mondo civile moderno, guidato dall’ideologia scienza & medicina, predicava l’inessenzialità dell’eliminazione per via di distruzione genetica degli embrioni, tutti gli embrioni umani sovrannumerari rispetto all’utile, in specie quelli difettosi. Brunetta, con il suo “ci sono anch’io”, con il suo voglio vivere ed essere curato, non voglio pensare all’ipotesi scientifica mirabile che mi esclude retroattivamente dall’esistenza umana, fu oratore appassionato e pacato, tenace e chiarissimo, in favore di una causa giusta. Ora che i riflettori si sono spenti, Loris continua le sue campagne fatte di poco, di scarsi mezzi, di una capacità di interlocuzione e di ascolto alterna da parte delle istituzioni pubbliche. Di queste campagne, sempre ispirate a un concetto basilare di umanità e di pietà, fa parte questo libro molto bello, edificante nel senso più alto e direi sovrano che questa parola può avere: un libro che edifica, costruisce moralmente la persona. Nel corso di un’occasione di incontro pubblico, come Loris racconta, gli si avvicina Silvano Chidda, e gli dice di aver avuto nella vita, e di avere tuttora nel cuore, un fratello thalassemico, Alberto, che muore a ventisette anni dopo una storia di cure, di ricerca, di vita ordinaria e straordinaria in mezzo alla cultura medica corrente, capace di tanto per i malati, ma anche spesso incapace di intercettare il significato profondo della loro sofferenza e della loro speranza. Il libro si apre con la storia di Alberto e di Silvano, di Giulio il fratello lontano e amato oltre ogni incomprensione, di Caterina e di Pietro, che da uomo semplice pensava alla malattia come a un castigo di Dio, e intanto amava come poteva, cioè molto, e sosteneva la lunga e sconfinata avventura nel dolore di Alberto. Silvano Chidda ha trovato la forza di raccontarsi, per dire quel che era suo fratello come persona e come malato, nel momento in cui è entrato con il canto e la poesia in un circuito di volontariato, in cui il coro e l’interiorità la fanno delicatamente da padroni. E la sua storia è tenera, semplice, non banalmente sentimentale, priva di qualunque ricercatezza letteraria ma sempre precisa e piena di una sua aura di incanto e di disincanto in ogni riga. Loris ha raccolto la sfida del poeta innamorato della sua isola, la Sardegna, e della possibilità di trasmettere il suo amore, e ha deciso per il libro, i cui proventi vanno all’associazione ligure dei thalassemici, in vista di nuove campagne e in direzione dell’unico sforzo che conti per l’uomo di tutti i tempi, anche per l’uomo benedetto dai progressi della genetica e tragicamente incerto su cosa farne: lo sforzo di curare la malattia, non di escludere il malato dalla vita. È una storia degli anni Sessanta, anni di turbolenza e di luccicante rivoluzione sociale, durante i quali può sembrare quasi impensabile ai salvati che ci fossero anche i sommersi, così appartati, dei cuori semplici così privati. È una storia che si allunga sul presente, quella di Alberto, intrecciandosi con la voglia di vivere e con i criteri di vita e di ragione corrispondenti, che appartiene al capitolo di Brunetta su Brunetta, Loris su Loris come si racconta nel libro che avete tra le mani. Non solo ci sono, ma vi dico anche chi sono. Annalena Benini, con amore e rara sensibilità, intervistò Loris all’epoca della battaglia sugli embrioni e lo raccontò senza fare propaganda, senza stupide allusività, in un’intervista memorabile al mio giornale. Qui c’è Loris a tutto tondo, come si vede lui, un uomo che con tenacia attraversa il dolore e ne reca coraggiosa e lineare testimonianza senza mai lagnarsi, per conto suo e per conto degli altri. Un uomo che dà un significato al verso del poeta Thomas S. Eliot: and would it have been worth it after all. Ne sarebbe valsa la pena, dopo tutto. Dopo tutto ne è valsa e ne vale la pena di vivere nella dignità della persona. "

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