9 apr 2020 - errata corrige

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Scienza & Vita: fermo dissenso per il recente appello alla facilitazione dell'aborto farmacologico in tempi di epidemia da COVID-19

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E' di qualche giorno fa la pubblicazione di un appello - a firma di alcune di alcune sigle associative - indirizzato al Presidente del Consiglio, al Ministro della Salute e al Direttore di AIFA, per sollecitare la modifica urgente delle procedure di effettuazione dell'aborto chimico, in senso "facilitativo" e semplificatorio. La ragione della richiesta risiederebbe in presunti rallentamenti e difficoltà registrati - durante l'epidemia in corso - presso alcune strutture sanitarie dove si effettuano interventi abortivi, che finirebbero di fatto per mettere a rischio l'accesso all'interruzione volontaria di gravidanza. Difficoltà che, però,  sembrano solo "presunte", data la netta smentita della loro esistenza  da parte di molti ospedali, da Nord a Sud. Come dire: il fatto, con ogni probabilità, non sussiste.

Entrando, poi, del merito delle richieste specifiche presentate per implementare le pratiche chimiche di aborto - in particolare, l'eliminazione del controllo ospedaliero fino all’espulsione dei resti abortiti e l'allungamento dei tempi da 7 a 9 settimane di gravidanza per somministrare il mifepristone - ci sembra doveroso esprimere un tanto doloroso quanto convinto dissenso.

Ancora una volta, infatti, assistiamo all’invocazione di uno stato di necessità per eliminare i già labili argini ad una ulteriore banalizzazione dell’aborto chimico. In spregio agli elementari doveri deontologici e umani di vicinanza e cura verso chi ha difficoltà e problemi, si suggerisce di sospingere ancor più nel privato e nella solitudine l’atto abortivo, quasi fosse un fastidio di cui liberarsi in fretta e nel segreto.

Proprio in questo drammatico momento, nel quale la solitudine sembra la cifra caratteristica della pandemia in atto, reputiamo sia ingiusto affidare all’automatismo e alla telemedicina un rapporto medico-due pazienti così delicato e bisognoso di vicinanza umana. A meno che non si voglia proseguire nella vecchia prospettiva di invocare urgenze per scavalcare strumentalmente limiti che non si riescono ad abbattere nella ordinaria revisione scientifica ed etica.

L’aborto, a nostro giudizio, è e resta un atto ingiusto e banalizzarlo non aiuta a comprenderne la profonda e dirompente azione disgregatrice del tessuto sociale e umano. Appare francamente crudele sottovalutare, in questo momento drammatico, le possibili conseguenze cliniche (quante complicazioni con mancata espulsione e necessità di revisione uterina saranno necessarie ?) e psicologiche, facilitando proprio quello stato di abbandono delle donne vittime di violenza che si nominano come più bisognose di questa “innovazione”. Così, non avranno neppure più la possibilità di raccontare a qualcuno la loro situazione e, magari, in un auspicabile clima di vero aiuto, ricevere sostegno a non abortire, come previsto da quella legge 194 tanto invocata solo strumentalmente, ma mai nelle parti più consone al suo sottotitolo (“Norme per la tutela sociale della maternità”).

Finiamo esprimendo tutto la nostra solidale vicinanza e comprensione per chi si trova ad affrontare una gravidanza tra pesanti difficoltà e, magari, in angosciante solitudine, ancor più in questo difficile tempo di epidemia. Nella speranza che tanti gesti di aiuto concreto possano accompagnare e sostenere ogni vita nascente.

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