7 feb 2019

 

Comunicato conclusivo

Il dibattito politico sulle leggi riguardanti il fine-vita rischia di restare zoppo se non prende in seria considerazione i minori in età pediatrica, soggetti spesso incapaci di esprimersi. In questa prospettiva, il convegno intitolato “Quando il dolore è la voce del bambino”, tenutosi a Roma oggi, 13 febbraio, su iniziativa della Senatrice Paola Binetti, neuropsichiatra infantile, insieme con l'associazione Scienza & Vita, ha provato ad individuare nuovi elementi in grado di contribuire a “dare voce” ai bimbi – ed in particolare ai neonati – che versano in condizioni cliniche caratterizzate da intenso dolore e sofferenza. La condizione di questi soggetti, non in grado comunicare compiutamente, evidenzia infatti quanto sia rischioso nei loro confronti assumere decisioni cliniche affrettate o, talvolta, dettate da un malinteso sentimentalismo, mentre invece la medicina odierna offre validi strumenti per comprendere più oggettivamente cosa il minore in età pediatrica stia effettivamente percependo. Ad esempio, interpretando e traducendo con strumenti tecnici all’avanguardia il suo pianto e le sue espressioni di dolore, per comprendere se e quando il bambino ci sta comunicando di percepire una condizione di forte ed incoercibile stress. Durante i lavori del convegno, è stato Carlo Bellieni, neonatologo (e vice-presidente nazionale di Scienza & Vita) a relazionare sugli ultimi progressi in questo campo della medicina, proponendo al tempo stesso di adottare con neonati e bimbi molto piccoli un principio di valutazione del dolore su basi tecniche, per valutare l’eventuale configurarsi di un reale “accanimento terapeutico” nei loro confronti. E’ toccato poi ad Alberto Villani, primario di pediatria dell’ospedale Bambin Gesù, esemplificare l’applicazione pratica di tale principio nella clinica ospedaliera quotidiana. Infine, Maria Teresa Iannone, responsabile del servizio di bioetica del Fatebenefratelli, si è soffermata sull’analisi etica di questa proposta, mostrando anche come questo si possa inserire nel dibattito legislativo e bioetico attualmente in atto, dibattito che rischia talvolta di essere troppo teorico e poco basato sui fatti e le conoscenze medico-cliniche.

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